<!DOCTYPE html PUBLIC "-//W3C//DTD XHTML 1.0 Transitional//EN">
<html><body>
<p>Sono d'accordo con l'ultima tua mail.</p>
<p>Una linea di discrimine potrebbe anche essere: tutti i files gestiti dalla PA devono poter essere aperti, letti, modificati e salvati in formati nativi di software liberi già esistenti. Non vale il viceversa cioè non deve essere concesso di salvare in formato privativo un file che sia già in formato libero.</p>
<p>Mi vien già da ridere pensando al formato .DWG che gira impunemente ed obbligatoriamente negli uffici tecnici dei Comuni.</p>
<p>Il 06.03.2014 19:00 loredana ha scritto:</p>
<blockquote type="cite" style="padding-left:5px; border-left:#1010ff 2px solid; margin-left:5px; width:100%"><!-- html ignored --><!-- head ignored --><!-- meta ignored -->
<pre>On Thu, 2014-03-06 at 13:02 +0100, Francesco Potortì wrote:</pre>
<blockquote type="cite" style="padding-left:5px; border-left:#1010ff 2px solid; margin-left:5px; width:100%">Non mi pare una buona idea suggerire licenze specifiche in un testo legislativo. E se fosse, semmai bisognerebbe menzionare licenze ampiamente diffuse e testate sul campo: GPL, Mozilla, LGPL, Eclipse, Apache, MIT X. EUPL è troppo giovane e benché l'idea della multilingualità sia attraente in linea di principio, in pratica mi sa di soluzione a un problema inesistente, con l'aggravante di contribuire alla proliferazione di licenze, questo sì un problema serio.</blockquote>
<pre>Aggiungerei all'elenco la licenza AGPL per l'enorme importanza che ha
nel momento in cui tutto o quasi si trasferisce dal desktop in rete. Non
sono cosi' sicura del fatto che sia meglio non avere nulla di troppo
specifico, in una legge. Personalmente, io mi aspetto per deformazione
professionale una definizione di tutti i termini e se si parla, ad
esempio, di software libero, la definizione migliore sta in un paragrafo
che descrive succintamente quello che e' e nella licenza relativa, che
va nel dettaglio. Stesso vale per il software open. Stesso vale per il
software proprietario. Se anche la legge non dovesse servire ad altro,
almeno insegnerebbe qualcosa a chi la scrive, a chi ne discute, a chi
legge. Partendo dal glossario.
Nella legge devono comparire i requisiti che si intende adottare come
vincolanti. Altrimenti quella legge non serve al cittadino generico.
Ognuno la interpretera' come vuole. Piuttosto, occorre specificare cosa
succede se i requisiti non sono rispettati, per evitare che l'elenco
esplicito escluda casi non prevedibili o non previsti che poi capitano
nella pratica (come si chiama? chiusura?)
Nel caso specifico, io toglierei definitivamente tutti i riferimenti a
linguaggi e ambienti di sviluppo (java, mono etc) introducendo al loro
posto il vincolo che le applicazioni devono essere compatibili con tutti
(? quali?) i sistemi. Si poteva fare 30 anni fa, si puo' fare ancora
adesso, se non ci si occupa del paese dei balocchi ma delle funzioni
della PA.
Occorre che qualcuno spieghi e qualcuno ascolti cosa sia java e perche'
non sia solo una questione di licenze. Android, per esempio, ha una sua
macchina virtuale java, e chi scrive applicazioni in java per android
non puo' riusarle per altri sistemi. Di mono neanche parlo. Invece
consiglierei di cercare di capire cosa sia e quale sara' il ruolo di
html5 nel prossimo futuro. Questo e' un lavoro che va fatto, se si
parla di tecnologie. Non si puo' ignorare la storia recente, quello che
ha prodotto, nel bene e nel male, e non aver una visione realistica del
futuro prossimo venturo.
Quello che a me pare che manchi nelle varie proposte, che ho letto
velocemente, e' una coerenza interna rispetto ad obiettivi che non sono
ben definiti. Non sono neanche sicura di capire perche' una legge
regionale sia necessaria, visto che c'e' una legge nazionale
sull'argomento, ma questo e' certamente un limite mio.
L'esempio che ho del Piemonte deove vivo e' la legge del 2009, in cui si
stanziavano, tra l'altro, 500000 euro (l'equivalente, in termini
monetari, del progetto fuss di Bolzano). Quello che mi era parso di
capire allora, era che la legge regionale, rispetto a quella nazionale,
servisse come contesto ai finanziamenti ma, al contrario di fuss, devo
dire, certo per limiti miei, non so cosa si sia fatto di quei soldi.
Questo mi fa suggerire che qualcosa di analogo alla documentazione in
rete prodotta da fuss, che includa le cifre relative e cosa se ne e'
fatto, nonche' come si sia sviluppato il progetto nelle sue varie fasi e
i risultati prodotti, potrebbe essere una richiesta interessante per
qualsiasi legge regionale e non, sul software libero o meno. Non vedo
perche' una PA non dovrebbe fornire al cittadino questo tipo di
informazione in maniera altrettanto chiara e documentata di quella
fornita dal progetto fuss di Bolzano o altri analoghi, che tutti possono
capire. Se lo studiano un po' e poi copiano.
Magari un giorno provo a scrivere una pagina su quello che una legge sul
software libero, l'interoperabilita' e gli open data potrebbe essere per
una semplice cittadina che un po' ne mastica e che vuol pagare la sua
PA, ma una volta sola e solo quello che e' strettamente necessario per
raggiungere il fine specifico e avere in cambio di denaro che non cresce
sugli alberi qualcosa che magari funzioni e che non sia un tormento. La
legge richiede poco spazio, invece il progetto vero e proprio per
soddisfarla no. Dovrebbe essere dettagliato, includendo un'analisi
seria, con costi reali e benefici verificabili, in modo operativo.
In lista, pero', lasciatemi usare un tono discorsivo, che tutti possano
capire, provate a capire (io cerco di spiegare, ma magari non ci
riesco).
Loredana
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