[Discussioni] Per un generale ripensamento sul supporto a *questa* anti-pirateria

exedre a tin.it exedre a tin.it
Gio 24 Maggio 2001 09:52:20 CEST


Per un generale ripensamento sul supporto a *questa*  anti-pirateria

Intervento sulla mailing-list dell'Associazione Software Libero
Roma, 24 Maggio 2001

Penso di dover dire una cosa sull'argomento. Proprio la prima cosa che
mi lascio sfuggire dopo la nota vicenda de ``l'umiliazione inflitta dal
Garante della Pubblicità alla BSA, imponendole il ritiro del mendace
spot pubblicitario voluto dalla stessa a sostegno di una vera e propria
campagna intimidatoria'' (come dice Stefano ``Barninga'' Barni su ZEUS
News Numero 206 del 21 Aprile 2001 ``Note sul copyright - Parte I'' 
http://www.zeusnews.com/index.php3?ar=stampa&cod=509&ar2=stampa&numer
o=206
).

Scusandomi della lunghezza di questo messaggio e ringraziando per
l'ospitalità l'associazione di cui non faccio parte, mi permetto di
intervenire, non invitato, su questa lista per due motivi. Il primo è
l'imbeccata di Daniele Giacomini (
http://lists.softwarelibero.org/pipermail/discussioni/2001-May/000766.html
) e il secondo è una lettera, che ho ricevuto nella casella postale di
Linux Magazine, di un lettore della rivista, che nel contempo sembrava
essere (o essere stato?) un lettore di questa area di discussione.  [
Col quale mi scuso per non avergli mai risposto in privato. Avendo
peraltro perso il suo indirizzo, spero che possa trovare in questa
lettera un'esauriente risposta. ]

Nella mail di Giacomini si sostiene, nella sostanza, che bisogna essere
acquiescenti con il ``terrorismo'' psicologico delle pubblicità pro
software proprietario. Non particolarmente coraggiosa, la sua è però
una
opinione moderata, legittima e peraltro ben diffusa nella
Comunità. Posizione espressa tanto per fare qualche esempio già da
Paolo
Attivissimo sulla continuazione di un articolo scritto per la Gazzetta
dello Sport (che si può leggere su
http://ada2.unipv.it/mailing-lists/tilug/0266.html ) e che è stata per
un po' di tempo all'ordine del giorno sui commenti di un articolo di
Esko Woudenberg su OsOpinion
( http://www.osopinion.com/Opinions/EskoWoudenberg/EskoWoudenberg6.html
). Una posizione chiara, definita e ragionevole: ``E' importante aiutare
(o almeno non contrastare) la Microsoft e la BSA nell'operazione di
difendere i produttori di software proprietario dalla pirateria''. Una
posizione da cui discende, tra l'altro, lo scetticismo della reazione di
Daniele quando lo informai dell'azione contro la BSA. Una posizione
peraltro che sembra mettere al sicuro dall'inevitabile attribuzione
delle peggiori nefandezze dei pirati. Se non siamo contro
l'anti-pirateria --credo che sia il riflesso di pensiero-- nessuno ci
potrà dare dei pirati. Invece chi mette in dubbio questa cosa, già
parte
dalla posizione di svantaggio di dover giustificare la propria
``condivisione'' con i ``pericoli malviventi'' che sono i pirati.

Di altro tenore invece le parole del lettore che invece si lamentava con
me che ben pochi avessero compreso quanto fosse importante, per il
``free software'' porsi su un altro piano e distanziarsi tanto dalla
pirateria quanto dall'anti-pirateria. Dalla prima perché evidentemente
fa il gioco dei produttori di software proprietario, dalla seconda
perché pure, ma tanto di più perché, diceva con toni molto rigidi:
``Io
con questi non ci voglio fare affari!''. Una lettera arrivata in un
periodo particolare e quindi degna di una mia particolare attenzione.

Il tutto girava anche attorno ad una risposta che il lettore aveva
ottenuto non so da chi all'interno di ASSOLI (persona importante, forse
il presidente, poiché lui lo identificava con l'Associazione). Risposta
che avrebbe dovuto suonare piu' o meno cosi': ``Non ci interessa
proteggere chi si usa o traffica con software pirata''. Sembra una
posizione ``logica'' e giusta, ma...

La questione che ha valenza generica si riferiva -- incidentalmente --
alla bufala svelata in questi giorni (
http://punto-informatico.it/p.asp?i=36192&p=1 ) su quel fantomatico
prodotto Microsoft che avrebbe, attraverso un software spia, spedito
automaticamente alla casa madre l'elenco delle installazioni e, non
trovando rispondenza con una licenza, attivato una procedura legale di
infrazione facendo eventualmente scattare una denuncia penale. Una
bufala, peraltro non così evidente perché basata su una esplicita
ammissione da parte della casa di Redmond sull'uso di programmi spia su
Internet per acquisire proprio questo tipo di dati, che ha certo dato
modo (ovviamente a chi se ne e' interessato) di porre in risalto, anche
nelle apposite sedi istituzionali, di alcuni ``problemi di sicurezza''
del software proprietario. In particolare in tema di privacy.

Quello che non suonava strano al lettore, ma certamente a me sì, è che
proprio chi è in prima fila nello stigmatizzare quella violazione che
sembra a molti inaccettabile della privacy che è lo spam tanto da
invocare a gran voce, oltre qualche pena divina, l'intervento censorio
del Garante della Privacy, invece poi, di fronte a queste, piu' evidenti
e subdole minacce dice: ``No grazie non ci interessa, facciano pure
quello che vogliono''. Nella specifica questione del software pirata,
però, quella assunta (io non so se e' *veramente* cosi' riporto solo una
cosa che mi e' stata detta, ma e' verosimile che il Presidente di ASSOLI
abbia preso questa posizione, peraltro assolutamente giustificabile) da
questa associazione è una posizione che sembra essere la diretta
conseguenza della precedente considerazione di Giacomini (o Attivissimo
e gli altri) sul buon occhio con il quale si dovrebbe guardare a queste
attività, qualunque cosa facciano perché, tanto, ``farebbero il gioco
del Free Software''.

Nulla di male in questo, ovviamente. Ma lo si dica chiaramente: ``Siamo
dalla parte di *questa* anti-pirateria, di *questi* metodi e di *questi*
protagonisti: e quindi viva la BSA e i suoi spot!''. Non si viva
nell'equivoco del non-visto/non-sentito/non-detto.

Non è mio interesse giudicare o commentare la strategia di 
associazioni importanti come ASSOLI o ILS, le loro tattiche d'azione e i
propri "budget" d'attività, come quindi intendono utilizzare le risorse
-poche o tante- di cui hanno a disposizione. Qualunque cosa fatta è
buona -purche' qualcosa sia fatta. E ogni discussione generata è
altrettanto buona se poi serve a qualcuno per "fare qualcosa". Da
esterno non sono nella posizione ne' di poter esprimere giudizi
sull'operato di quanti si stanno attivamente dando da fare ne' di poter
pensare di orientarne l'opera.

Non è neppure mio interesse trascinare in un battibecco su questi temi
persone come Daniele Giacomini o, per esempio Alessandro Rubini che,
invece a me sembra, stia in una sponda radicalmente opposta. Con i quali
sarò ben contento di discutere questa cosa pacatamente in margine ai
lavori di revisione del libro sull'argomento.

Quello che solo intendo sottolineare, pubblicamente, è che questo
approccio se può essere superficialmente interessante apre una gran
quantità di problemi ed interrogativi che soverchiano la semplice
contrapposizione Microsoft/Linux - software proprietario/libero, e
portano in gioco elementi che costituiranno una evidente barriera
proprio contro l'open-source/free-software quand'anche e se si dovesse
vincere la guerra (non-nostra) contro la pirateria. Primo tra tutti
quello della proprietà intellettuale ``allargata''. Ostacoli che
inoltre, una volta presenti, saranno tanto più difficili da sorpassare
proprio perché la Comunità del Free-Software dovrà mostrare un
generale
ripensamento, e dei distinguo tardivi e difficili da motivare. Sia
Daniele che Alessandro a questo punto dovrebbero essere ben avvertiti
della argomentazione completa avendo avuto modo di leggere i primi
capitoli del libro.

Se ci sono queste distinzioni con *questa* anti-pirateria, con *questi*
suoi metodi e si *questi* personaggi è importante, ed è questa la mia
opinione, che vengano tutte fuori subito e che le ``forze in campo''
-come le associazioni o i singoli la cui ``statura morale'' abbia un
peso rilevante nella comunità, come Giacomini o Rubini- si pronuncino, e
subito. Siamo *adesso* ad un punto di svolta. E, lavorando a questa
ipotesi con un certo rigore, ho la sensazione che l'Italia sia, su
questo, una vera e propria frontiera. Esiste uno ``specifico italiano''
molto interessante...

La Microsoft, nello smentire il proprio coinvolgimento nella questione
``bufala spia'' afferma che ``l'utilizzo di questi strumenti [...] non
contribuisce a far emergere sulla Rete una "cultura della legalità"
ponendo invece sul campo elementi di confusione e di
preoccupazione''. Una ``cultura della legalità'' che sta molto a cuore
all'asse Microsoft/BSA perché sarà l'essenza del proprio nuovo business
creato da .NET: lo sfruttamento della proprietà intellettuale tramite
l'intermediazione dei contenuti. Una ``cultura della legalità'' che
forse si sostanzia in quella propugnata negli spot BSA ovvero una
``cultura della legalità'' che, parafransando la SIIA (Software &
Information Industry Association un'altra importante società di tutela
dei produttori informatici), ``può avvenire solo a discrezione e sotto
la direzione della Microsoft'' ( vedi
http://punto-informatico.it/p.asp?i=36039 ). E cosa dire a quel richiamo
sugli ``elementi di confusione e preoccupazione'', che tradotto nel
nostro linguaggio sarebbe ``FUD'' Paura, Incertezza e Dubbio, pratica
commerciale principe di molti produttori commerciali di software
proprietari, si veda ad esempio l'ultima campagna pubblicitaria della
stessa Microsoft: unica certezza in questo mare di problemi.

L'azione di *questa* anti-pirateria tende *essenzialmente* a rendere
impraticabile le soluzioni Free-Software criminalizzando
indiscriminatamente la copia ``as is'' come forse si erano già accorti
nel 1997 gli autori di ``Spaghetti Hacker'' quando dicevano ``Fatto sta
che associare la duplicazione al furto consentirebbe di creare una sorta
di colpevolizzazione diffusa che induce nella gente --specie fra i non
addetti ai lavori-- la relazione duplicazione-furto-reato-delinquente,
che diventerebbe subito dopo duplicazione-delinquente'' (Sefano
Chiccarelli - Andrea Monti). Che questo possa discendere *solo* da un
generale dissenso contro il software libero è legittimo da parte di
Microsoft e BSA. Ma la congregazione d'affari che vede unita Microsoft
ai produttori ``Multimediali'' Hollywoodiani, alle major discografiche e
i pochi grandi editori del broadcasting televisivo e satellitare e della
carta stampata, e che vede la propria prima linea nelle varie RIAA,
MPAA, SIIA, SPA, BSA ed in Italia SIAE e Ordine dei Giornalisti, forse
dovrebbe lasciar intravedere ben altri interessi per cui la presenza di
una ``informazione libera'' (perché il software è ben ``informazione in
atto'') è una nota decisamente dissonante e soprattutto un esempio molto
pericoloso.

Non vale invocare la ``colpa del legislatore e non di queste
congregazioni'' (come mi è stato contrapposto in mail privata da un
revisore del libro) che farebbero solo il proprio ``mestiere''. Non vale
proprio. Il legislatore è ``frutto'' di questi mestieri che, quand'anche
fossero evidenti e palesi -- e non sempre lo sono -- creano le
condizioni per cui il legislatore agisca. Senza un confronto, anche
polemico, con questo modo di vedere ed agire, noi (che, in fondo vale la
pena ricordarlo, siamo ``i veri legislatori'') accettiamo quelle tesi e
quelle prospettive. Quindi se è vero che non ho nulla in contrario
contro il ``mestiere di BSA o Microsoft o compagnia bella'', pretendo
che venga conosciuto e riconosciuto che io ho un ``mestiere diverso'',
in totale contrapposizione e disaccordo. E il legislatore che deve
prendere una decisione *dovrà* tener conto anche del mio radicale
antagonismo rispetto a quella visione, per quanto poco o tanto possa
valere.

Pretendere che questo sia solo un confronto tra due pezzi di software,
tra Linux vs. Windows, non è solo riduttivo.

Sbaglieremmo a credere che la criminalizzazione della ``copia'' del
software, che significa una criminalizzazione anche di tutto il
``software liberamente copiabile'' e per estensione di tutta
l'informazione ``libera'', ovvero di tutto ciò che non sia ``posseduto''
dagli ``intermediatori di saperi'' che da sempre hanno avuto, e vogliono
mantenere, il potere di ``orientare'' le masse (se non altro), serva
solo a deprimere i primi timidi esperimenti di realizzazione di un nuovo
assetto dell'informazione basato su una più onesta e democratica
condivisione dell'informazione fondata a sua volta sull'apertura e la
libertà dei contenuti. E che questo venga fatto solo per la
``pericolosità'' commerciale di questi esperimenti.  

Il tentativo, con un investimento peraltro pagato anche con denaro
pubblico, è quello di estirpare violentemente anche solo l'idea di una
``indipendenza'' dei cittadini per evitare il formarsi di una coscienza
collettiva della libertà individuale che i moderni mezzi tecnologici
stanno attribuendo agli individui. Si vuole estirpare così l'idea della
possibilità di intessere relazioni da pari a pari (peer-to-peer P2P) che
spezzano ``le logiche che le grandi società del settore cercano di
imporre ai singoli e anche ai governi'' parafrasando l'opinione di
S. Rodotà espressa in una recente intervista, stimolando quello che in
tutto e per tutto sta divenendo una indebita pressione realizzata
attraverso lo stimolo di sentimenti irrazionali. 

Si vuole imporre il ``tabù della pirateria'', per evitare di dover
discutere dei problemi, non banali, che comporta la ``proprietà
intellettuale allargata''.

In definitiva, la ``pirateria'' che ``i Padroni dei Bit'' stanno
tentando di far sparire dalla società sono tutte ``le possibilità
individuali aperte dalle nuove tecnologie, che permettono alle Persone
di essere tanto liberamente Consumatori quanto sarebbero liberamente
Produttori'', di guadagnare oltreché spendere nel mercato
dell'informazione. Una cosa tanto pericolosa e terrorizzante in quanto
percepita come massimamente incontrollabile (si vedano a questo le
considerazioni del commissario straordinario della SIAE Masi e del
Presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia che, pur
polemizzando aspramente tra di loro, su questo hanno le idee
incredibilmente chiare e in perfetta consonanza: ``il _vero_problema_ è
che non è controllabile'' dice Masi riferendosi alle nuove tecnologie
P2P. Il _vero_problema_ è questo! Non sarà che il resto, tanto per
usare
le stesse parole che il Prof. Masi ha riservato al Dott. Abruzzo, siano
forse "puttanate di dimensioni mitiche"?).

Io dico che ``Proteggere chi usa o traffica con software pirata'' è
invece oggi proprio il compito principale di chi vuole fare una scelta
di libertà, nel software come nell'informazione. Proteggerlo
innanzitutto dalle conseguenze dei propri stessi atti, tra le quali lo
spauracchio della galera agitato dalla BSA è proprio la meno
grave. Proteggerlo dal pericoloso inquinamento della vita civile che sta
realizzando sia che si trovi nella posizione di anello della catena di
distribuzione del software pirata sia trovi nella parte teminale come
utente, trattenuto dal collare di software proprietario e pirata.
Proteggere lui proteggendo noi stessi e la nostra società.

Soldati (volontari?) della stesso esercito di schiavitù individuale,
pirati ed utenti di software proprietario, hanno una sola via di
salvezza: la diserzione! E non sarebbe la prima volta nella mia vita che
parteggio o aiuto i per i disertori.

Proprio non capisco la gioia di alcuni altri ``uomini liberi'' quando
vedono che quell'esercito inasprisce l'arbitrarietà delle pene per i
propri soldati. Un puro piacere sadico che non condivido affatto. Anzi
per uno spirito democratico (invero un po' demode` in questi periodi)
preferirei che i carnefici rispettassero almeno le regole della
*propria* legalità, che non ne distorcessero le garanzie che dicono di
voler sostenere. Questo il senso dell'azione contro la BSA che,
ricordiamolo, l'Antitrust non ha voluto prendere in considerazione
(almeno per adesso) pur in presenza della condanna del Giuri' e quindi
non è stato possibile, pur con l'evidente ingannevolezza, imporre
all'Alleanza, ad esempio, il ``risarcimento'' informativo realizzanto
con l'acquisto di una pagina a pagamento sul Sole 24 Ore riportante le
ragioni della condanna.

Una prospettiva, di svariati ordini di grandezza più interessante, per
la visibilità che poteva generare, di tante altre per cui si sono spese
molte più energie e risorse e che hanno portato risultati modesti e
controversi, mi permetto di dirlo solo perché per l'estrema solitudine
con cui è stata condotta questa operazione non c'è il rischio di far
torto a qualcuno in particolare, ma solo a tutti e quindi a nessuno.

Io forse sbaglio, come mi è stato più volte fatto notare
``stategicamente'' ci farebbe maggior comodo non contrastarli. Ma io di
strategie e tattiche non mi sono mai fidato: solo di azione. Non mi
sembra sia mai capitato nella storia che ``non facendo'' si sono
cambiate le cose.

Emmanuele Somma
esomma a ieee.org











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