[Discussioni] Nuovelicenze scolastische di una nota azienda di software proprietario

Paolo Redaelli paolo.redaelli a libero.it
Gio 23 Maggio 2002 11:42:29 CEST


Da
http://zeusnews.it/index.php3?ar=stampa&cod=1231&ar2=stampa&numero=999

ecco qua il testo. Per una università come il Politecnico di Milano
credo che la cosa si risolverebbe nell'aumento delle spese per licenze e
con la trasformazione in "tassa" delle spese di acquisto di licenze.
Trovo particolarmente prevaricante e vessatorio conteggiare anche
macchine su cui gira solo software libero che verrebbero conteggiate
comunque.....

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Si fa presto a dire pirata
Facile, per i Signori del Software, definire pirata chi ha l'ardire di
copiare un programma. Ma quale potrebbe essere il giusto appellativo per
chi costringe i clienti a pagare una licenza anche per il software che
non possono usare e per i computer che non hanno?
[ZEUS News - www.zeusnews.it - Numero 999 del 18-5-2002]

Azzardati a duplicare un dischetto e sei bollato come losco individuo
che vive di rapina e fa della violenza la propria legge: si fa presto, a
dire pirata.

Ma se un produttore di software richiedesse agli onesti acquirenti dei
suoi programmi di pagare una quota, insomma un pezzetto di licenza,
anche per i computer sui quali non potranno mai utilizzarli, o
addirittura per i computer che non possiedono, come lo si potrebbe
definire?

Qui entra in scena Microsoft: cominciamo dal Microsoft School Agreement
3.0 , una forma di licenza offerta alle istituzioni scolastiche. Per
poterla sottoscrivere e' necessario che il prodotto del numero tra i
pacchetti software acquistati e il numero di computer presenti nella
scuola sia pari o superiore a 300. L'Agreement offre sconti speciali
qualora siano ordinate particolari combinazioni di pacchetti, ma il
punto della questione e': bisogna includere nell'Agreement (e quindi
pagare la licenza per) tutti i computer dell'istituzione scolastica ,
compresi quelli su cui non si intende installare i programmi licenziati
e compresi pure quelli su cui essi non possono proprio essere
installati, come i Macintosh e le macchine Unix (queste ultime contano
meta', per gentile concessione). Ora, se e' vero che alcuni pacchetti,
come Office, sono rilasciati anche per la piattaforma Macintosh, per
altri, come Windows stesso, non ha neppure senso parlare di "altra
piattaforma". In due parole, ecco il trucco con cui Microsoft riuscira'
a far pagare la licenza di Windows anche agli utenti Linux: per lo meno
(e per adesso) in ambito accademico.

I docenti possono utilizzare a casa propria i programmi coperti
dall'Agreement, su computer di loro proprieta', ma solo per finalita'
professionali. Dobbiamo concludere che per scrivere all'amministratore
di condominio devono utilizzare un'altra copia di Office, anch'essa
installata e licenziata sulla loro macchina?

Ma al peggio non c'e' limite: veniamo alla seconda offerta dedicata al
settore dell'istruzione, in particolare agli istituti universitari ed
affini. Con il Campus Agreement 3.0 , che per la maggior parte degli
aspetti e' assai simile allo School Agreement, non si contano i
computer, ma le persone che lavorano nell'istituto scolastico o in
singoli dipartimenti dello stesso. Ovviamente, includendo nel totale
anche i dipendenti che il computer non lo usano affatto o lo usano in
condivisione con i colleghi. Generosamente, e' data la possibilita' di
escludere dal conto i dipendenti la cui mansione non ha nulla a che fare
con i computer, come gli addetti alle cucine. E buon appetito.

Entrambi gli Agreement hanno la durata di un anno, terminato il quale e'
necessario pagare nuovamente. E' cosi' confermata, tra l'altro, la
volonta' di Microsoft di "spingere" il modello del software in affitto,
gia' evidenziata dal programma di evoluzione delle licenze Select per
grandi utenti; tuttavia, l'impopolarita' guadagnata dall'Enterprise
Agreement al momento del lancio, lo scorso ottobre, ne ha suggerito la
sospensione fino al prossimo primo agosto: data strategica, perche' il
periodo delle ferie aiutera' a distrarre l'attenzione del pubblico dalla
faccenda.

Si badi bene che, nonostante tali forme di licenza possano risultare in
alcuni casi piu' convenienti rispetto all'acquisizione delle licenze
singole per ogni programma, l'impianto concettuale in se' appare,
comunque, assolutamente fallace. Se vale il principio che chi vende
software puo' chiedere il pagamento di una quota indipendentemente dal
fatto che il suo prodotto sia o meno installato (o addirittura
installabile) su un computer, il concetto stesso di licenza si
confondera' pericolosamente con quello di tassa.

D'altra parte, e' palese il tentativo di scoraggiare l'uso di software
non-Microsoft: se si paga la licenza anche per i computer sui quali non
si installano prodotti "made in Redmond", tanto vale, alla fine,
utilizzarli anche su quelli. E' una tattica perfettamente complementare,
ad esempio, all'integrazione di applicazioni (come il browser) nel
sistema operativo e agli accordi, conclusi con i produttori di computer,
per ottenere la preinstallazione di Windows su tutte le macchine offerte
al pubblico. Una opportunita' di controllo del mercato alla quale
Microsoft tiene in modo particolare: tanto da diffondere informazioni
volte a insinuare il dubbio che la permanenza sulla macchina della copia
di Windows preinstallata sia obbligatoria per legge. Ma, in realta', il
solo vincolo il cui mancato rispetto potrebbe dare luogo a conseguenze
legali e' il divieto di installare il software su macchine diverse da
quella "originale", ancorche' sia stato da questa rimosso. The Register
pubblica alcuni interessanti articoli che raccontano come, recentemente,
Microsoft abbia ammorbidito , ma solo in parte, le proprie dichiarazioni
al riguardo, generando tuttavia ambiguita' di interpretazione che
possono indurre i clienti a seguire comunque le indicazioni piu'
restrittive, per timore di incorrere in sanzioni.

E non basta ancora. Recita la licenza di Windows XP Professional
(traduzione dall'inglese): "Con l'esclusione di quanto consentito da
NetMeeting, Remote Assistance e Remote Desktop, descritti di seguito,
[...] non e' consentito utilizzare, visualizzare o eseguire il Prodotto
[Windows XP Pro, ndr] o l'interfaccia utente del Prodotto su un'altra
macchina, a meno che questa possieda una ulteriore licenza per il
Prodotto. ". Cio significa, in pratica, che e' espressamente vietato
utilizzare strumenti di gestione remota diversi da quelli approvati
dalla stessa Microsoft, salvo che cio' avvenga attraverso altre macchine
con Windows XP Professional a bordo. Cosi', sono tagliati fuori, ad
esempio, noti prodotti quali VNC, che consente di controllare la console
di un computer Windows da uno Linux o viceversa, e PcAnywhere , uno dei
piu' diffusi della categoria. Quest'ultimo e' un programma commerciale,
e i suoi produttori potrebbero essere interessati a pagare una royalty a
Microsoft per vederlo incluso tra i software "D.O.C."; il primo, invece,
e' gratuito ed open source: tanto basta perche' sia considerato un
nemico da combattere con ogni mezzo.

Non tutti gli utenti sono soliti servirsi di tali strumenti, percio' la
limitazione potrebbe sembrare di poco conto, ma non e' affatto cosi':
cosa accadrebbe se si diffondesse la consuetudine di specificare nelle
licenze quali programmi e' consentito o vietato usare insieme al
software che esse coprono? Sarebbe molto facile, a suon di divieti,
obbligare di fatto gli utenti ad acquistare prodotti ben determinati:
gli unici a trarne vantaggio sarebbero, ancora una volta, i Signori del
Software. E non bisogna dimenticare che le violazioni della licenza
comportano automaticamente l'accusa di pirateria, con conseguenze penali
rilevanti.

Gia', si fa davvero presto a dire pirata. 
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