[Discussioni]Folena scriva un articolo sul software libero.
Adriano Sponzilli
adriano.sponzilli a virgilio.it
Ven 1 Nov 2002 22:55:00 CET
Sull'Unità di oggi è uscito un articolo dell'On. Pietro Folena dei
Democratici di Sinistra, relativo al s.l.
Democrazia e libertà via computer
di Pietro Folena
Se ci fosse stato il copyright la Bibbia non sarebbe mai stata scritta e
non sarebbe il libro più venduto del mondo. Può sembrare (e in fondo lo
è) una provocazione quella apparsa sull'Unità del 12 ottobre, ma
sicuramente contiene un ragionamento più che veritiero: la condivisione
dei saperi, la libera trasmissione delle conoscenze, il lavoro
collettivo di tante menti hanno costruito nei secoli quello che è oggi
il nostro patrimonio culturale.
Un patrimonio che negli ultimi 50 anni si è arricchito di un altro
capitolo: le scienze informatiche e le nuove tecnologie con le quali
produciamo e riproduciamo le informazioni, vale a dire il petrolio con
il quale gira tutta l'industria culturale e oramai ogni settore
dell'attività umana.
Se questo è vero, allora si apre di fronte a noi una sfida grande e
inedita: quella di lavorare per una maggiore libertà di costruire,
diffondere, moltiplicare la conoscenza.
Il monopolio o comunque la concentrazione dei saperi (e dei mezzi di
riproduzione dei saperi) in poche mani vuol dire mettere a repentaglio i
progressi fin qui raggiunti, almeno per due ordini di motivi:
1) il monopolio e l'oligopolio frenano l'innovazione, impedendo il pieno
dispiegarsi delle risorse disponibili, oggi costrette dalla presenza sul
mercato di un soggetto di gran lunga prevalente sugli altri; anche nel
campo del sapere la libera concorrenza è un prerequisito per
l'espansione del mercato e la creazione di ricchezza;
2) in questa situazione non c'è stimolo sufficiente all'innalzamento
della qualità, le intelligenze vengono mortificate, le innovazioni più
significative trovano difficoltà a collocarsi sul mercato.
Come è già accaduto in passato, anche oggi c'è chi tenta di contrastare
i monopoli nella logica di liberare energie e risorse, cercando di
affermare modelli alternativi e multipolari.
Le cose sono in movimento: da alcuni anni è nato il software open
source, categoria che raccoglie quei programmi informatici dei quali
viene distribuito anche il codice sorgente (vale a dire che ognuno può
vedere come il programma è fatto dentro, un pò come se al ristorante
allegassero al menu la ricetta dei piatti).
Grazie alla diffusione di Linux (il più importante dei software open
source) le aziende tradizionali sentono il fiato sul collo di un
possibile agguerrito concorrente, e sono costrette a cambiare e a
migliorare. Ne è sintomo l'attenzione sempre crescente alla stabilità e
alla sicurezza e la volontà di trovare una terza via tra software
proprietario e open source da parte di Microsoft.
Linux, il sistema operativo nato grazie all'intelligenza di migliaia di
programmatori sparsi in tutto il mondo, che hanno lavorato e lavorano
insieme continuamente, migliorandolo e aggiornandolo, è (mi si perdoni
l'accostamento) un opera collettiva come la Bibbia, nata per
stratificazioni successive.
Sotto Linux è poi fiorita una miriade di altri programmi, anch'essi
liberamente distribuibili e modificabili da ogni utente, che hanno
creato una realtà talmente forte, non solo nell'immaginario, tanto che
oggi anche molte realtà imprenditoriali sono costrette a confrontarsi
con questa sfida, da IBM che ha sposato in tutto e per tutto il nuovo
sistema a Apple che basa le sue nuove piattaforme su Linux.
.oOo.
Liberare la conoscenza, quindi. Ma anche battersi per l'autonomia del
sistema produttivo e di quello statale dal monopolio. E' per questo che
nasce la proposta del Forum delle opposizioni sull'innovazione, anche su
sollecitazione dei gruppi di utenti Linux e della autonomia tematica
netWork dei DS, di indicare alle pubbliche amministrazioni l'utilizzo
prioritario del software libero.
La nostra idea è che non può esistere autonomia (cioè la capacità di
autodeterminazione) se non si ha il pieno controllo sui mezzi con i
quali si opera, a partire dal possesso del codice sorgente dei programmi
informatici con i quali funziona la macchina dello Stato e delle
amministrazioni locali.
Basti pensare ai problemi legati alla sicurezza dei dati di un ufficio
pubblico, o ancora alla necessità di interloquire con il cittadino
attraverso formati aperti in grado di essere utilizzati da chiunque, o
infine alla necessità del continuo e costoso rinnovo del parco
hardware/software per rimanere al passo con le nuove versioni dei
programmi, per rendersi conto che il software proprietario è perlomeno
controindicato nel settore pubblico.
Ma c'è un altro aspetto che va preso in considerazione. La spesa
pubblica per il software è un importante volano per la crescita delle
piccole imprese del settore. Centinaia di aziende, a volte costituite da
pochi giovani programmatori che si sono messi in proprio, sono oggi
costrette, per lavorare con le pubbliche amministrazioni, a pagare
costose licenze alle software house (americane).
La scelta dell'open source e del free software è quindi una scelta di
autonomia dal monopolio, scelta che può rimettere in circolo importanti
risorse oggi drenate in gran parte dalle multinazionali extraeuropee.
Una scelta di democrazia - possedere, trasmettere, modificare le
informazioni- e una scelta di giustizia -garantire a tutti l'accesso
alla cultura-: sono due grandi valori del riformismo e della sinistra, e
sono valori che hanno senso immediato da un lato nella vita quotidiana
di milioni di giovani e dall'altro per il nostro sistema produttivo,
che ha bisogno di un volano per innovarsi. Ma è soprattutto una scelta
in favore, dopo i decenni del dominio della TV commerciale,
dell'intelligenza , dello spirito critico e di un sapere più libero e
condiviso.
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