[Discussioni]Open Source: nuove frontiere del sw e problematiche legali

Andrea Glorioso sama a perchetopi.org
Mer 10 Dic 2003 11:07:02 CET


>>>>> "dds" == Diego De Stefani <diegodestefani a libero.it> writes:

    dds> un articolo un po' "controcorrente"
    dds> http://www.consulentelegaleinformatico.it/approfondimentidett.asp?id=51

    dds> qualche commento?

  "Penso  che un effetto collaterale   del  movimento open source  sia
  stato di avere riesumato lo spirito originario di internet, regno di
  libertà e di valorizzazione dell'individuo  e della diffusione della
  conoscenza".

Ho  sempre  qualche dubbio nell'attribuire  dei  "valori" o un qualche
tipo di "spirito" ad una tecnologia.  Comunque questa e` una minuzia.

  Tutto  cominciò nel 1984,  quando  Richard  Stallman, con  la  "Free
  Software Fundation", propose   la rivoluzionaria idea  di rendere il
  codice  per  programmi per elaboratori   "libero" nel senso che ogni
  utente doveva avere la possibilità  di  utilizzarlo e modificarlo  -
  con la facoltà  di    veicolare  le modificazioni -     senza  dover
  sopportare alcuna spesa.

Questo e` impreciso, il Software Libero in se` e per se` non prevede
la gratuita` di tutte le transazioni.  

 Tale proposta non rimase inascoltata, e nel 1997 un gruppo di persone
 realizzò il manifesto della   "Open  Source Definition" in  cui  sono
 analiticamente  delineati   i capisaldi  di   un  sistema di software
 libero, fra  cui   sono   senz'altro  fondamentali la    libertà   di
 redistribuzione, la fruibilità - senza aggravi - del codice sorgente,
 la   possibilità di  modifica  e  creazione  di   opere derivate (poi
 distribuite con connotati di originalità), la salvaguardia del codice
 sorgente e  la  perpetuazione delle licenze (in  tal  modo gli utenti
 finali  non devono accettare un   nuovo  accordo quando ricevono   il
 software da soggetto diverso dall' autore).

Comprendo la necessita` di essere sintetici, ma questa "ricostruzione"
e` gravemente carente - praticamente taglia tutto il lavoro svolto tra
il 1984  e   il 1997   da  FSF,   dal  progetto  GNU e  dalle    altre
associazioni/singoli.  Lavoro su cui poi OSI  ha capitalizzato (non e`
un giudizio di merito ne` una critica particolare ad OSI).

Andrebbe poi precisato  che OSI non parla mai  di Software  Libero per
una  precisa  scelta strategica  e  di  immagine.  E   la delineazione
analitica dei  "capisaldi un sistema  di software  libero" e` di molto
antecedente - in pratica comincia proprio nel  1984, con il "Manifesto
GNU" di Richard Stallman.

  Se riteniamo  applicabile  la legge  sul  diritto d'autore  anche al
  software  libero  allora,   per  effetto   delle  recenti  modifiche
  introdotte    dalla   L.   248/00,   dobbiamo   ritenere operante il
  correlativo obbligo  di apposizione del  "bollino blu" attestante il
  pagamento della SIAE.  

Oppure  dobbiamo modificare quella  legge,  dato che l'apposizione del
"bollino blu"  e` una pratica  speciosa e  discriminatoria (discrimina
quelle  pratiche   sociali  che  si   discostano,   rimanendo comunque
all'interno    dell'impianto  generale   della normativa sul   diritto
d'autore, da   cio` che il legislatore   pensa sia la  totalita` della
produzione culturale).

  Nel caso del software libero - tale in quanto l'utente ha il diritto
  di effettuare il  numero di  copie  che preferisce  - non  ha  molta
  logica distinguere tra "originale" e "riproduzione".  

Non ha   senso  nemmeno  per  il  software  proprietario.    Si tratta
puramente e semplicemente  di  definizioni che rispondono ad  esigenze
economiche e politiche specifiche.

  Alla base dell'open source vi è la convinzione che la possibilità di
  lavorare liberamente su software  (ed in particolare sul suo  codice
  sorgente)   abbia come   effetto  principale il    miglioramento del
  programma  medesimo  poiché  dalla  cooperazione  possono  scaturire
  accorgimenti  per la risoluzione  di problemi, per l'eliminazione di
  errori e   per  l'adattamento a  piattaforme  hardware   differenti.

E  alla base del  Software Libero c'e`  *anche*  la convinzione che la
diffusione di conoscenza sia un bene per la  societa` nel suo insieme,
a  prescindere   dalla  qualita`  tecnica  risultante  del  "prodotto"
(tant'e`   che Stallman ha  sempre   sostenuto  che tra  un  programma
proprietario   e un  programma  libero lui  avrebbe  sempre  scelto un
programma libero,    anche se quest'ultimo  fosse   stato peggiore del
primo).

Anche    per   questa  ragione,  il   legislatore  dovrebbe promuovere
l'utilizzo  di Software Libero (il   che non significa obbligare tutti
all'utilizzo di Software Libero, per quello ci pensiamo noi).

  Così  argomentando non pare   errato  sostenere che  questo  diritto
  d'autore precostituito  e calato dall'  alto sulla  realtà dell'open
  source   vada  all'open  source irrimediabilmente  stretto:  infatti
  emerge la tendenza  a ridurre tutte le  creazioni umane esistenti  a
  mera proprietà   così limitando non   solo  la creatività  umana  ma
  altresì inaridendo la libertà di  espressione.  

E` bello leggere un giurista che dice queste cose.  Lo contattero` per
chiedergli di discuterne anche su copywhat a .

  In   conclusione l'istituto normativo   che  meglio si adatterebbe a
  contemperare   la   necessità   di un     supporto  di regole   alle
  caratteristiche del prodotto  open source è probabilmente  lo schema
  brevettuale.  

Mi sfugge la logica che porta a questa conclusione.  Se il problema e`
quello di  avere  accesso  al  codice  sorgente mi  pare  piu`  adatto
l'istituto del copyright, una delle cui "ratio" e` proprio quello che,
essendo l'opera  visibile a tutti, occorre  in qualche modo tutelarla.
Con   il brevetto -  mi  corregga chi ne   sa  di piu`  - e` possibile
"nascondere" in toto l'opera brevettata.

Personalmente  credo che il  copyright, con tutti  i suoi difetti, sia
l'istituto "meno peggiore" tra   i  tanti esistenti per   tutelare  il
software (e anche altre forme di conoscenza).  

Il   problema  - e  dispiace vedere    in un   articolo tutto  sommato
interessante, soprattutto considerando l'ambiente da cui proviene, una
classica forma di  "non-discussione delle fondamenta" che  spesso noto
negli  ambienti giuridici - e`  tutto  politico: il copyright oggi sta
diventando sempre piu` una forma di  sfruttamento economico nelle mani
dei grossi interessi aziendali e sempre meno  la formalizzazione di un
patto tra  individuo e societa`,  patto  in  cui i vantaggi  sarebbero
dovuti essere bidirezionali.

La  mia  opinione e` che se  non  partiamo da  questo punto, qualsiasi
discussione su  quale sia il  "miglior modo"  per tutelare il software
(nonche` altre   opere dell'ingegno) sia   inevitabilmente destinata a
soccombere agli interessi economici degli attori in gioco.

P.S.: qualcuno ha l'e-mail di Nicolo` Ghibellini?

ciao,

andrea
--
Ci illudiamo sempre                               andrea glorioso
Per mille motivi
Illudersi di essere felici                        www.acidlife.com
Non e` la peggiore delle illusioni             sama a perchetopi.org



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