[Discussioni] EUCD e DS.
Adriano Sponzilli
adriano.sponzilli a virgilio.it
Ven 28 Feb 2003 03:16:03 CET
Ciao.
Quella che segue è una prima bozza del documento critico rispetto al
parere favorevole espresso dai DS in Commissione Cultura.
L'ho buttata giù velocemente, e non l'ho neppure riletto (è tardi e ho
tanto sonno). Tenete conto che è una bozza e quindi suscettibile di
ampie modifiche.
Mi è venuto abbastanza duro: ho il dente piuttosto avvelenato (e poi è
tardi e ho tanto tanto sonno).
Pregherei tutti quelli che hanno interesse a sottoscriverlo (ho già
cinque adesioni, ma ne attendo altre) di darmi un feedback in tempi
rapidissimi.
L'idea sarebbe di mandarlo sabato mattina, eventualmente per ottenere
una pubblicazione domenica.
A.
***
Fra pochi giorni, il diritto d'autore italiano cambierà ancora una
volta. E ancora una volta lo farà nel senso dell'allargamento delle
prerogative dei produttori, editori, distributori e della perdita di
facoltà da parte dei fruitori.
Dopo le già pesanti modifiche avutesi tre anni fa con la legge 18 agosto
2000, n. 248, ora si profila all'orizzonte il recepimento della
direttiva comunitaria 2001/29/CE, nota come EUCD.
I contenuti dello schema di decreto legislativo varato dal Governo sono
assolutamente allarmanti. Già la direttiva in sé nasce sotto una cattiva
stella, essendo il recepimento di quei trattati internazionali OMPI del
1996, tristemente noti per aver dato vita negli Stati Uniti ad una legge
gravemente repressiva, che va sotto il nome di DMCA.
In sede di recepimento, si sarebbe voluta la creazione di contrappesi,
dilimitazioni. Invece lo schema presentato è, se possibile, peggiorativo
di quanto già previsto in direttiva.
La notizia di questi giorni è che martedì 25 febbraio, la Commissine
Cultura della Camera è stata chiamata ad esprimersi su questo schema, ed
è reso parere favorevole.
Di questa vicenda, quello che più scandalizza, è il fatto che i
Democratici di Sinistra, in Commissione, abbiano votato a loro volta per
il parere favorevole.
La deputata Franca Chiaromonte, addirittura, nell'annunciare il voto
favorevole del suo gruppo, ha lodato lo schema di decreto legislativo,
affermando che questo "tiene conto della necessità di un aggiornamento
quotidiano del diritto d'autore alla luce dei continui progressi
tecnologici che si registrano in tale settore".
Siamo indignati, dalla linea di questo partito, già gravemente
responsabile nel 2000, quando era al governo, di politiche miopi in
materia di diritto d'autore (la legge 248/2000 appunto). Ora, mentre da
un lato si inviano segnali di attenzione nei confronti del software
libero e della libera condivisione di saperi, dall'altro, alla prova dei
fatti, si persevera nell'errorae, riuscendo nell'impresa non facile di
dire si ad una abberrazione giuridica e sociale come lo schema di
decreto legislativo in questione.
Eppure i rischi sono stati denunciati da tempo, e da più parti.
Offrire pieno riconoscimento legale all'autotutela tecnologica, con
protezione anche penale, significa mettere una pietra tombale sulla
ricerca in materia di sicurezza. Stabilire che qualunque prodotto idoneo
a eludere efficaci misure tecnologiche, senza possibli esclusioni, è
fuori legge, che ne è vietatà la fabbrica, importazione, distribuzione,
vendita, noleggio, etc. significa stabilire che gli strumenti di lavoro
quotidiano di coloro che si occupano di sicurezza sono materiale al
bando, trattato alla stregua di sostenze stupefacenti. E' una norma
oscurantista, che proibisce di fatto la ricerca scientifica legata alla
sicurezza.
La creazione della nuova formula di "messa a disposizione del pubblico
dell'opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel
momento scelti individualmente", fa scomparire ogni bilanciamento di
facoltà e possibilità di scelta fra il titolare dei diritti e il
fruitore. Si arriva ad uno squilibrio totale di forze a favore del
primo, caratterizzato dalla assoluta assenza di un contenuto legale
minimo delle facoltà del fruitore.
Cosa comportano questi istituti in concreto?
Se in questo momento acquisto un libro, un disco, un film posso
conservarlo per sempre, prestarlo, rivenderlo. Non posso ovviamente
farne copie da dare a terzi, ma al di fuori di questo ho piene facoltà
sulla mia copia. Con la nuova disciplina potrei ricevere una vendita
individualmente delimitata nel tempo e nel luogo. Vedremo nascere il
libro (megio se in formato elettronico) che può essere letto solo dal
suo titolare, il disco che può essere ascoltato trenta volte e non di
più. Il film che può essere visto solo su un certo videoregistratore e
non su altri apparecchi, solo in una certa casa e non altrove e che
richiede l'identificazione biometrica di tutti gli spettatori presenti
(massimo tre, altrimenti non gira).
La nuova normativa da ai produttori il diritto di vendere contenuti in
questo modo. Le misure di autotutela tecnologica gli permettono di
imporlo con strumenti informatici e elettronici. E chi tenta di
sottrarsi a queste limitazioni, diventa un criminale punito penalmente.
Pensiamo solo a quanto abberrante è il concetto dei contenuti a
scadenza. Se oggi acquisto un libro questo rimarrà mio per sempre. I
miei nipoti potranno tramandarselo fino a quando non si ridirrà a
polvere di carta. E il diritto riconosciuto dalle norme sul diritto
d'autore a effettuare copie di sicurezza darà ai miei pronipoti il
diritto a farne magari una copia in microfilm per allora. Il mercato del
domani potrebbe essere fatto di libri che si comprano per tre anni e poi
"scadono" o canzoni che si ascoltano un certo numero di volte e poi si
"autodistruggono" Che effetto può avere questo sulla memoria collettiva?
E' logica del consumo e dell'evanescenza applicata all'arte. La perdita
continua della conoscenza, il buco della memoria fatto istituzione.
Non è fantascienza. Sono possibilità concrete. Prospettive orwelliane,
alle quali i DS hanno appena dato parere favorevole.
La nuova normativa diventerà un facile strumento per mettere in atto
ogni sorta di pratica anticoncorrenziale. Protezioni tecnologiche
blinderanno sistemi di limitazioni regionali, barriere tecnologiche
contro la inteoperabilità fra sistemi informatici, formati di
interscambio di dati resi artatamente incompatibili. Formalmente lo
schema di decreto legislativo fa salva la decompilazione a fini di
interoperabilità, ma quando ogni singolo strumento sarà messo fuori
legge, che ne sarà di questo principio?
Si profila un futuro in cui i contenuti non saranno mai venduti, ma solo
affittati, a tempo. Le case di produzione non perderanno mai il contatto
con ciò che distribuiranno e saranno pressantemente presenti nella vita
di tutti noi, nelle nostre case, a controllare quello che leggiamo,
ascoltiamo, vediamo. Dove, quando, per quanto tempo. La modalità unica
di fruizione, sarà sul nuovo diritto esclusivo di "comunicazione" e
null'altro. Gli utenti vivranno in una specie di contatto continuo con
gli apparati di distribuzione, perdendo ogni fair use, vincolati
strettamente alle modalità di volta in volta stabilite. Le espressioni
artistiche non entreranno mai nel patrimonio né individuale, né comune.
Ci piace questo futuro? E' questa la fruizione dell'arte, della cultura,
della scienza che ci prefiguriamo?
Ma forse tutto questo per l'On. Chiaramonte è un naturale portato dei
"continui progressi tecnologici".
Noi crediamo che i progressi tecnologici vadano governati e non subiti.
Crediamo che la politica debba offrire risposte ai nuovi problemi che il
progresso e la modernità pongono e non limitarsi a fotografare il nuovo.
Non fermarsi a riconoscere chi è che le nuove tecnologie rendolo "il più
forte", per poi tributargli tutti i diritti. A volte bisogna fare delle
scelte di principio e di equità, a costo di non apparire "rassicuranti".
A tutto questo, va aggiunto che qualche tempo fa, il 6 febbraio, proprio
l'area Cultura dei Democratici di Sinistra ha organizzato un convegno in
Roma, relativo al recepimento della EUCD. Emersero in quella occasione
posizioni problematiche, stimoli critici, pensieri altri. Le stesse
posizioni assunte dai parlamentari DS in quella occasione, lasciavano
ben sperare.
Modelli di pensiero alternativi non mancano. E' di questi giorni la
nascita di un progetto internazionale denominato "IP Justice" (giustizia
nella proprietà intellettuale), che pone una serie di principi relativi
ai diritti degli utenti rispetto alle opere dell'ingegno. Nuovi diritti,
indispensabili per una moderna visione delle libertà civili. Forse alla
Sinistra competerebbe fare proprie queste istanze, portare avanti una
idea democratica del diritto d'autore. Siamo spaventati da una Sinistra
che, di fronte ai dettami dell'OMPI ispirati dal peggiore lobbysmo delle
grandi case di produzione, non riesce a dire altro che "per noi va
bene".
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