[Discussioni] Il Nuovo.

Adriano Sponzilli adriano.sponzilli a virgilio.it
Sab 11 Gen 2003 16:37:00 CET


Ciao.

Ho mandato anche io la mia letterina di protesta (in cataceo e in mail)
a Il Nuovo.
Vediamo se a forza di sollecitazioni si rendono conto.

Vi posto di seguito il testo della lettera.

Se qualcuno volesse scriverne una a sua volta i riferimenti sono:

redazione a ilnuovo.it

Il Nuovo
Via Stilicone 16
20154 MILANO

%%%%%%%%%%%%%%%%%%%


Spettabile Redazione,
sono a scriverVi in relazione all'articolo in oggetto, apparso sul
Vostro giornale a firma di Giancarlo Castelli.

Ritengo che il pezzo in questione contenga varie inesattezze, ma
soprattutto che per l'impostazione generale della sua redazione possa
instillare molte false convinzioni nei lettori meno informati. 

Tutto l'articolo, a partire dal titolo, parla delle reazioni che il
movimento "promotore del free software e dell'open source", allegramente
identificato con il movimento "no-global", starebbe preparando rispetto
alla conferenza di Bill Gates in Senato del prossimo 31 gennaio. Si
citano interventi su differenti mailing-list, un sondaggio on-line, un
certo numero di siti. Tutti promossi e etichettati sul campo come
"anti-global".

Così, nel vostro articolo, diventano tutti antagonisti. Lo diventa un
portale informativo sulla distribuzione Debian (une delle più diffuse
distribuzioni del sistema operativo GNU/Linux), lo diventa una testata
giornalistica on-line di Milano, lo diventa un sito informativo dedicato
a Linux. Diventa antiglobalizzatrice l'Associazione Software Libero, che
è invece la principale associazione italiana che si occupa di diffondere
la filosofia del software libero. E lo diventa anche l'associazione
milanese OpenLabs, che invece la propria apartiticità e equidistanza
rispetto ai vari interlocutori politici, nel perseguimento del valore
della libertà nell'informatica, l'ha scritta a caratteri cubitali nello
statuto.
Secondo il tenore dell'articolo, sono tutti quanti "siti anti-global che
promuovono l'uso dell'Oss". 

L'articolo si chiude dicendo che il movimento "si prepara ad accogliere
il nemico" e che comunque si vuole "mantenere la tensione alta",
espressione che ricorda molto la terminologia anni '70 del "mantenere
alto il livello della tensione e dello scontro". Si chiosa, infine, con
una citazione biblica del vecchio testamento che parla di abbattere
altari, colonne, pali e dare alle fiamme immagini. 

Attribuire appartenenze politiche è operazione molto delicata, che va
fatta con estrema attenzione. Quello che si è scritto è quanto meno non
politically correct, anche a non voler considerare gli sforzi enormi
fatti da questo movimento del software libero per affermare che questo
non ha coloritura politica e non può essere ricondotto a questa o a
quella parte. 

Rispetto alle due associazioni nominate, sarebbe stato poi giusto
puntualizzare che le mailing-list presenti sui loro siti, dalle quali si
è attinto nella redazione del pezzo, non esprimono posizioni ufficiali
delle associazioni, ma sono forum di discussione liberi e aperti a
tutti, anche a non iscritti. Lo stesso deve dirsi del sondaggio on-line,
nel quale tutti possono votare solamente collegandosi al sito.

Più in generale, si crea un danno immenso e si rende un pessimo servizio
all'informazione, se si fa passare nell'opinione pubblica l'equazione
per la quale i sistemi di software libero, sono i sistemi operativi
usati dalla gente di sinistra. L'idea che GNU/Linux abbia una coloritura
politica e lo si debba scegliere o rifiutare in base alla propria
identità politica è sbagliata e pericolosa.
Questo tipo di semplice rappresentazione è stata suggerita più volte
dalla stampa, non sempre in buona fede temo. Il sillogismo è banale:
GNU/Linux è un sistema operativo gratuito, quindi piace a coloro che
credono nella collettivizzazione delle proprietà, quindi è nemico del
mondo dell'economia e degli affari.
Bisognerebbe invece fermarsi a spiegare che ci sono imprese che nel
software libero vivono e lavorano, e producono fatturati ingenti.
Spiegare che ci sono fior di studi economici che spiegano come mai la
società americana Red Hat da anni vanta bilanci positivi, nonostante il
proprio prodotto software possa essere liberamente copiato e
ridistribuito dai propri utenti. Spiegare che anche in Italia c'è una
imprenditoria emergente che ha scelto il software libero come modello
produttivo, creando realtà economiche valide e competitive.

Non è chiaro il concetto di "OSS, Open source system" che l'articolista
definisce "accesso gratuito al sistema". E' una nozione del tutto
inedita, ed errata. Il software libero non è software al quale si accede
gratuitamente. La gran parte dei programmi appartenenti a questa
tipologia sono anche gratuiti, ma esistono programmi di software libero
che sono a pagamento, la libertà di distribuzione, poi, fa si che in
concreto sia possibile accedervi in maniera gratuita in maniera
perfettamente lecita. Ma le libertà che caratterizzano il software
libero sono altre: è la possibilità di accedere al sorgente, di
studiarlo, di sapere come funzionano i programmi che usiamo sulle nostre
macchine, la libertà di modificarli ad uso personale. E infine la
libertà di creare programmi derivati da programmi già esistenti.
Non è una questione di gratuità o di pagamento. E' una questione di
libertà personali degli utenti ed è una questione di diverso modello
economico.

Non è un mistero che alcuni concetti di condivisione dell'informazione e
di sviluppo cooperativo dei prodotti, che sono propugnati dal movimento
del software libero, trovano interesse da parte del movimento dei social
forum. Ma è un errore madornale attribuire per questo una etichettatura.
D'altra parte, esiste anche un pensiero di destra che trova di un certo
interesse il software libero, visto che la possibilità data alle aziende
di porsi in concorrenza fra di loro riducendo, attraverso l'esistenza di
un patrimonio condiviso di software già sviluppato e riutilizzabile da
tutti, il gap dato delle rendite di posizione acquisite, realizza una
condizione di mercato concorrenziale, caro al pensiero liberale
smithiano. 

Il signor Bill Gates, peraltro, non è, come si è scritto, "il nemico", e
non è neppure un "odiato personaggio". E' solamente il massimo esponente
mondiale di un certo modello si sviluppo, che noi riteniamo sbagliato e
al quale ne contrapponiamo un altro, più virtuoso economicamente e
socialmente.
Nessuno ha intenzione di fare chi sa quali azioni per "tenere alta le
tensione", o per alzare il livello del conflitto. Assolutamente nessuno
lo "caccerebbe volentieri a pedate". Queste sono affermazioni
giornalistiche offensive per chi si occupa di software libero.
Semplicemente, come cittadini ci domandiamo se una istituzione pubblica
di grandissimo prestigio come il Senato della Repubblica e il suo
Presidente, la seconda carica dello Stato, non dovrebbero, dato atto che
esiste un dibattito aperto su quale sia il modello di sviluppo in ambito
tecnologico e informatico da preferirsi, mantenere una doverosa
equidistanza fra le diverse idee, dando voce a entrambe. Il signor Gates
è sicuramente un esperto di altissimo livello in globalizzazione e
tecnologie, ma è prima di tutto un imprenditore, anzi uno dei principali
fornitori della nostra Pubblica Amministrazione, che ogni anno guadagna
milioni di euro, provenienti dal bilancio dello Stato, con la vendita di
licenze alle varie amministrazioni. Non si tratta proprio di un esperto
indipendente e disinteressato. Si aggiunga anche che si tratta di un
imprenditore straniero, neanche comunitario, che opera in un mercato che
fa uscire ogni anno ingenti capitali dal nostro paese, pesando in
negativo sulla bilancia commerciale, senza creare né know-how, né
ricchezza in Italia.

In tutta l'Unione Europea e in molti altri paesi del mondo governi e
amministrazioni mostrano grande attenzione alle possibilità di miglior
realizzazione degli interessi pubblici che il software libero potrebbe
offrirgli, non solo sotto il profilo dei possibili risparmi economici,
ma soprattutto per la maggiore indipendenza rispetto ai produttori di
software (solitamente stranieri), per il maggior controllo sulla
sicurezza, per la possibilità di creare competenze e infrastrutture
economiche sul proprio territorio e non limitarsi a pagare quelle di
altri paesi.
Con un comunicato stampa dell'8 luglio 2002 la Commissione Europea ha
pubblicato i risultati di uno studio intitolato "Pooling Open Source
Software" e finanziato dalla IDA (Interchange of Data between
Administrations, secondo questo studio sarebbe necessario che tutte le
nazioni aderenti all'Unione condividessero il software sviluppato
internamente mediante licenze Open Source. Il motivo principale è quello
di tagliare i costi dell'e-Government, che solo in quest'anno salirà del
28% fino a raggiungere 6,6 miliardi di euro.
Anche in Italia è stata di recente istituita una Commissione di studio
relativa all'uso di software libero nella Pubblica Amministrazione
presso il Ministero per l'innovazione tecnologica, presieduta dal Prof.
Meo. Inoltre, sono depositate in parlamento proposte di legge su questa
tematica, la prima delle quali avanzata proprio dal Sen. Cortiana citato
nell'articolo.

Di fronte a tutti questi segnali è naturale che la Microsoft, il cui
modello imprenditoriale è, ad oggi, antitetico a quello del software
libero, mostri inquietudine. In tempi recenti Bill Gates ha fatto visite
in Perù e in India, a tutela dei propri interessi. Si è affrettato ad
andare in paesi che sembravano particolarmente propensi a far passare le
proprie amministrazioni a modelli di software libero.
E' naturale che un imprenditore si muova a difesa dei propri interessi
ed è perfino naturale che tenti di fare lobbying. Meno naturale è che le
condotte lobbistiche vengano accolte con entusiastica deferenza dalla
presidenza di un ramo del parlamento.
Ma chi tenta di osservare questo, come abbiamo visto, secondo la stampa
è per forza un "anti-global".

Esprimo delusione per come la notizia è stata trattata dal Vostro
giornale e auspico che vogliate pubblicare doverose precisazioni,
eventualmente premurandoVi, questa volta, di interpellare soggetti
rappresentativi.

Cordiali saluti.

Adriano Sponzilli





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