[Discussioni] MicroFott e l'open Source
Marco Trotta
marco.trotta a inwind.it
Mer 15 Gen 2003 16:41:02 CET
Salve a tutt*,
Matilde Ferraro, Mercoledì, 15 gennaio 2003 ore 14:11:10 +0100
ha scritto a tutt* in "Microsoft e codici sorgente"
>Ciao a tutte e tutti, innanzitutto poichè non l'ho fatto finora: auguri di
>un felice e libero 2003!
>
>Volevo segnalarvi questo articolo sulla home page di repubblica...la
>Microsoft ha deciso di rendere "noti" a governi ed agenzie internazionali i
>codici sorgente dei suoi programmi...che ne pensate? Poichè sono convinta
>che alla notizia sarà data grande enfasi sui mass-media (anche perchè la
>Microsoft avrà investito parecchio in questa operazione "pubblicitaria"),
>sarebbe utile scrivere da qualche parte quello che ne pensiamo e poi
>diffonderlo il più possibile...altrimenti i meno addentro alla materia
>potrebbero pensare che Bill Gates è tanto buono e generoso...
>
>
>http://www.repubblica.it/online/scienza_e_tecnologia/microsoft/codici/codici
>.html
>
>Matilde
Adriano Sponzilli, Mercoledì, 15 gennaio 2003 ore 14:00:29 +0100
ha scritto a tutt* in "[BFSF] M
- programma per la sicurezza governativa."
>La notizia è di questa mattina. E' appena uscito l'articolo su
>repubblica.it:
>http://www.repubblica.it/online/scienza_e_tecnologia/microsoft/codici/codici
>.html
>e poco fa ne parlavano anche a RadioTre.
>
>Pare che la M$ estenda il progetto "shared source". Ora potranno
>accedere al codice sorgente, oltre alle università e ai partner
>commerciali, anche i governi nazionali. Il nome delll'iniziativaè
>"Programma per la sicurezza governativa", proprio perché lo scopo
>dell'apertura ai governi del codice è offrire garanzie rispetto alla
>sicurezza dei sistemi.
>Avrebbero già aderito al programma la NATO e la Russia.
Visto che tanto Adriano, quanto Matilde, su liste diverse e a distanza di
11 minuti hanno rilanciato lo stesso dibattito provo a dare una risposta in
crossposting :-)
In questi giorni stavo scrivendo un articolo di due pagine per il prossimo
numero di Carta che uscirà il giorno prima della visita di monsignor Bill
Gates al senato del Belpase (31/01).
Appena verrà pubblicato lo spedisco a tutt*, tanto (occorre ribadirlo?) è
sotto copyleft. L'unica cosa che mi sembra giusto fare è non dimenticarsi
che leggerselo sulla rivista significa finanziare un progetto di
informazione indipendente :-)
Ad ogni modo: mi sono letto numerosi interventi sulla questione open source
e pubblica amministrazione.
Intanto: a giugno 2002 nel memoriale di Microsoft
(http://www.interlex.it/pa/msoft.htm) inviato alla VII commissione del
senato che si stava occupando dell'emendamento Cortiana per introdurre
l'utilizzo dell'open source all'interno della riforma Moratti (emendamento
ritirato a novembre), per scongiurare l'approvazione di quel paragrafo, si
leggeva nella conclusione:
"Il dibattito sull'open source rimane aperto. Sempre più persone si
interessano ai codici sorgenti, e sempre più produttori ne permettono
l'accesso a determinate condizioni.
Microsoft considera i codici sorgenti e le relative licenze una parte
del software commerciale. Per diversi anni ne ha consentito l'accesso
a istituzioni accademiche e a diversi produttori. Ha ascoltato le
richieste dei clienti, analizzato il modello Open Source mettendone in
evidenza i lati positivi e negativi. Un'ulteriore soluzione che Microsoft
prospetta è costituita dallo shared source.
Si tratta di un approccio bilanciato che permette di condividere i codici
sorgenti dei prodotti Microsoft con i clienti mantenendo nel contempo i
diritti di proprietà intellettuale necessari ad alimentare il business
del software. Due gli obiettivi così raggiunti: creare valore aggiunto al
business e sostenere le innovazioni tecniche."
Ora: sul fatto che Micro$oft faccia felice i suoi clienti ho i mi
sacrosantissimi dubbi. Sul fatto che abbia istituito questo sistema della
Shared Source per venire incontro alle esigenze dell'università, anche.
Perché? Secondo Franco Carlini, sul Manifesto del 6/10/02, in un articolo
"Microsoft prova di terza via" sostiene che dopo tanto demonizzare (ricordo
che hanno definito la GPL come una specie di "cancro") si sono resi conto
che stavano facendo un favore al nemico orami diventato concorrente
economico, e in più non si rendeva conto che poteva sfruttarne almeno un
punto strategico:
[Ballmer, ceo Microsoft, dixit]: il problema posto da Linux «non è tanto di
free software, quanto di una comunità». Ballmer in questo caso dimostra
di avere capito che la forza del movimento Open Source sta soprattutto
nel fatto che attorno ai singoli progetti si aggregano centinaia o anche
migliaia di appassionati che collaudano i prodotti e li migliorano, una
vera intelligenza collettiva e sparpagliata, unificata dall'uso dello
strumento Internet e da una comune passione. Così la terza via tentata
da Microsoft cerca di reclutare un'analoga passione ed entusiasmo tra le
molte migliaia di programmatori che già ora lavorano con le piattaforme
Microsoft. Il progetto viene chiamato «Source Code Sharing», e cioè
condivisione (sharing) dei programmi sorgente della Microsoft stessa.
Chi partecipa a questa «filosofia» ottiene dalla stessa Microsoft la
possibilità di avere accesso al «codice sorgente» (quello scritto in
linguaggio di programmazione chiaro) dei suoi prodotti. In questo modo,
potendoci mettere le mani sopra, i programmatori indipendenti e anche
quelli aziendali potranno fare un po' come i ragazzi di Linux: adattare
i prodotti Microsoft alle loro esigenze, correggerli, migliorarli,
personalizzarli.
ricordo che la storia di Microsoft è intessuta di intuizioni cooptate da
altre aziende e poi imposte con la forza del monopolio fino ad assorbire
anche l'impresa da cui aveva copiato l'idee.
Il punto è che qui ci troviamo di fronte ad una modalità organizzativa che
va oltre la semplice tecnologia applicata che fa innovazione tecnologica
(qualcosa che ha rivoluzionato l'intero assetto di IBM, tanto per
intenderci). Ed infatti non è detto che ci riesca se la strategia è solo un
accorta manovra commerciale e di facciata. In più l'accordo con il
ministero della Giustizia "targato Bush" per dirimere l'annosa questione
del procedimento per monopolio prevedeva già che, ad esempio, venissero
rese pubbliche a terze parti le API, ovvero quelle specifiche interne a
Windows che servono a fare dialogare tra loro le applicazione. Se vogliamo,
tralasciando una valutazione rigorosa, è già una sorta di "open source" (a
proposito, l'ultima è che, per lo stesso motivo, ai californiani la M$ darà
1,1 miliardi di dollari per evitare guai giudiziari... peccato che saranno
buoni da spendere sempre in prodotti microsoft ! -
http://www.apogeonline.com/webzine/2003/01/14/01/200301140101)
La novità sui governi, invece è un salto di qualità. Per due motivi: il
primo è perché il mercato privato ristagna e Windows XP non vende quanto
dovrebbe. il secondo è sequenziale: il business trainante anche per il
mercato privato sarà il processo di ammodernamento delle strutture
burocratiche amministrative degli stati che c'è dietro una magica parolina
"e-government" e che significherà per monsignor Gates l'opportunità di
mantenere le posizioni di mercato grazie ai soldi pubblici delle enormi
commesse previste. Peccato che gli stati nazione hanno budget sempre più
risicati (è il neoliberismo, baby) e in più le nuove urgenze di sicurezza
per l'occidente armato poste dall'11 settembre, rendono questo un settore
molto delicato. Già Cina e Germania avevano deciso di passare all'open
source per questo stesso motivo (Windows è accusato di favorire lo
spionaggio made in USA con alcune backdoor) e molti stati stavano facendo
la stessa cosa. E allora Microsoft che fa? Dice a stati e istituzioni:
bene, il codice ve lo rendo pubblico, ma solo a voi e non per poterlo
modificare (ne da conto Attivissimo il 7/01 citando una visita, guarda
caso, di Gates all'India -
http://www.apogeonline.com/webzine/2003/01/07/01/200301070101).
D'altra parte noi tutti stiamo aspettando le conclusioni della commissione
Di Meo per "l'open source nella PA"
(http://www.interlex.it/pa/commissione.htm), della quale non sappiano nulla
benché sia stata istituta quasi tre mesi fa e che, guarda caso, a fine
gennaio doveva portare dei risultati. Ed è anche probabile che uno dei
primi obiettivi di questa commissione sia definire quale licenza, nel
variegato mondo open source, sia la più adatta alle esigenze della PA.
Considerando che uno come Manlio Cammarata, che non è certo un libertario
scrive ("L'open source è una scelta politica" -
http://www.interlex.it/pa/libero.htm)
Se la scelta tra il software proprietario (quasi sempre Microsoft o in
ambiente Microsoft) e il software libero si deve basare esclusivamente
su considerazioni tecnico economiche, la discussione può andare avanti
all'infinito, perché è arduo prevedere in anticipo quali saranno le
politiche dei produttori, soprattutto in materia di prezzi e assistenza,
e le linee che essi seguiranno nello sviluppo tecnologico.
Ma quella in gioco non è solo una scelta economica, è una scelta
politica. Si tratta di decidere in primo luogo se la pubblica
amministrazione deve dipendere da un solo fornitore, per di più in
posizione di quasi monopolio sul mercato mondiale, o se deve essere
libera di scegliere i prodotti di volta in volta più convenienti.
Prodotti che devono presentare alcune caratteristiche irrinunciabili:
prima di tutto la disponibilità dei sorgenti (anche ai fini della
sicurezza) e la loro modificabilità e riusabilità. Perché non si
dovrebbe poter usare un software prodotto da Microsoft o da un'altra
grande casa, se esso presentasse questi requisiti?
alla fine di un ragionamento sui criteri che dovrebbero essere scelti dalle
istituzione nella scelta del sofware e considerando che l'avvocato Guido
Scorza, altra persona di sicura fede non libertaria, aggiunge
(http://www.interlex.it/pa/scorza3.htm):
Attraverso un laconico comunicato stampa del Dipartimento per
l'innovazione e le tecnologie del 9 novembre scorso abbiamo appreso che
con decreto del 31 ottobre, il ministro Lucio Stanca, ha istituito la
"Commissione per l'open source nella PA", come si riferisce
nell'intestazione di detto comunicato o, piuttosto, quella "per il
software a codice sorgente aperto nella pubblica amministrazione" come
riportato nel corpo del testo.
Sul bisticcio definitorio non voglio soffermarmi in questa sede per non
distrarre i lettori dal vero problema e, quindi, mi limito solo a
rilevare che, non sempre, le questioni definitorie sono di importanza
trascurabileŠe che se "codice sorgente aperto" vuol dire semplicemente
"trasparente" - interpretazione che condividerei ma non ritengo sia
quella voluta dagli estensori del decreto - allora la neo istituita
commissione dovrà occuparsi anche di tutti quei software "proprietari" i
cui titolari dei relativi diritti d'autore, si sono già dichiarati
disponibili a consegnare i codici sorgenti alla pubblica amministrazione
al solo scopo di consentirne un esame attento ed approfondito.
Tra questi, tanto per non fare nomi maŠ solo cognomiŠ dovremmo includere
anche Microsoft che con il suo Government Security Program riconosce
alla pubblica amministrazione proprio tali diritti.
vuol dire che il problema non esiste. Perché? Perché Microsoft continuerà
le sue politiche commerciali avviate fino a questo punto. Nei confronti
delle istituzioni, o al massimo di alcuni altri soggetti selezionati, userà
la politica del "guardare e non toccare" sui codici (cosa possibile se si
farà una definizione di "open sorce" che accetti una licenza nelle PA di
questo tipo). Intascherà le commesse sui progetti dell'e-government
assicurando che per usare i suoi software non serviranno nuova formazione e
che c'è compatibilità rispetto al software vecchio (ricordo che nella PA
già *c'è* software proprietario della M$) e tutti vivremo felici come
primi. Certo: felici nello scenario di assoluta delegittimazione di governi
e parlamenti rispetto alla situazione odierna dove gran parte dell'attuale
classe politica sembra incapace di qualsiasi progetto di largo respiro e
assolutamente impermeabile ai nuovi bisogni sociali nati tra le società
globalizzate che cercano forme inedite di partecipazione politica e di
autorganizzazione economica. Affidereste al governo Berlusconi simili
valutazioni sul software da comprare ed usare nell'interesse di tutt*?
D'altra parte a Bill Gates, in questo scenario, è rimasto solo un compito.
Mettersi d'accordo con chi deciderà. E con questo avete anche la risposta
al legittimo dubbio (o sospetto) con quale vi siete domandati: che cavolo
verrà a fare Bill Gates i Italia il 31/01?
Marco Trotta.
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