RIF: [Discussioni]Cara commissione Meo...
Alfonso Fuggetta
Alfonso.Fuggetta a polimi.it
Mar 24 Giu 2003 18:17:02 CEST
Arrivo ora da 8 ore di esami di stato e sono esausto. Conto di rispondere con calma.
Solo un punto.
Ho visto che si chiede quale sia la differenza tra software custom e pacchetti. La cosa è talmente ovvia che mi sorge un dubbio. Vogliamo parlare di cose concrete o fare filosofia?
Se volete, come diceva uno di voi un paio di giorni fa, fare un discorso filosofico, politico o sociale, io mi ritiro e vi lascio alle vostre questioni. Se vogliamo discutere di cose tecnico-economiche rispondo e chiarisco.
Non voglio fare lo spocchioso. Semplimente non voglio perdere il mio e vostro tempo in discussioni inutili e già in partenza inconcludenti.
Alfonso
-----Messaggio originale-----
Da: Renzo Davoli [mailto:renzo a cs.unibo.it]
Inviato: lun 23/06/2003 19.11
A: discussioni a softwarelibero.it; freeware a ulisse.polito.it
Cc:
Oggetto: [Discussioni]Cara commissione Meo...
Cara commissione,
ho letto il documento conclusivo e prendo spunto da alcuni messaggi girati
in varie mailing list per indirizzarti una lettera aperta.
Da piu' parti si manifesta la soddisfazione per il documento e col solito
modo politico di trattare le cose sono tutti contenti.
Io quando vedo tutti contenti mi preoccupo.
Infatti devo dire il documento contiene molti spunti positivi ma mi ha
sostanzialmente deluso.
Abituato a leggere documenti scientifici e politici la prima cosa che si
avverte e' una immensa fatica e un documento frutto di limature e
compromessi.
Vengo al dunque.
1- Pacchetti vs Software Custom.
Cosi' si dividono i produttori di software in produttori di serie A e
produttori di serie B.
Da cosa si evince se un software e' un pacchetto o no? Dalla presenza di
un imballaggio?
Anticipo la risposta: da chi ha scritto le specifiche.
Se la PA trova la risposta alle sue esigenze in un prodotto fornito da una
specifica casa (o sperabilmente due o tre) allora e' pacchetto se no
se e' la PA a dettare le specifiche e' software custom.
E se il pacchetto viene adattato alle esigenze specifiche cos'e'?
Pacchetto? Custom?
E se di fronte ad un capitolato per un software custom una azienda afferma
di avere pronto pronto un pacchetto proprio con le caratteristiche
richieste che si fa? Si esclude il fornitore? Lo si ammette pero' siccome
e' un "pacchetto" la PA non richiede piu' il sorgente?
E quanti clienti occorrono perche' un pacchetto di possa dire tale?
50? o forse bastano 45, 40, 30, 20, 10 (come i giusti in Sodoma - cfr
Genesi 18)? E se quel pacchetto fosse stato creato ad arte per la PA
richiedente?
E' inutile, la distinzione e' forzosa. Qualsiasi tentativo di definizione
formale mi porta ad assurdo.
Diventa la differenziazione fra il programma di sartoria e quello
pret-a-porter.
Sarebbe come se in un appalto per divise della pubblica amministrazione
(diciamo per esempio divise militari) si chiedessero oneri diversi a una
industria che produce divise per molteplici eserciti o al sarto che decide
di partecipare alla gara.
Non si possono chiedere garanzie diverse, sia l'industria
sia il sarto devono dirci di quale tessuto e' fatto l'indumento per
evitare allergie o anche solo per rammendarlo correttamente qualora fosse
necessario.
2- Value for money.
Bellissimo concetto. Quale e' il money e' relativamente facile da definire,
piu' difficile e' il value.
Per una pubblica amministrazione il valore piu' alto deve essere la tutela
del cittadino.
Piu' volte ho affermato che in un regime totalitario il costo relativo alle
scelte e' effettivamente minore, magari il capitolo di bilancio "propaganda"
e' piu' alto che in una democrazia.
Costa moltissimo indire una elezione politica o un referendum, chi pensasse
solamente all'efficienza e al costo troverebbe molto vantaggioso abolire
tutti questi strumenti di consultazione popolare.
E' una iperbole per mostrare come occorresse partire dalle garanzie per il
cittadino e non da una astratta concezione di risparmio o efficienza.
Mi sarebbe piaciuto vedere nero su bianco i campi nei quali e' obbligatorio
l'uso del software a sorgente aperto.
* Partiamo proprio dal codice di automatizzazione delle elezioni (politiche,
amministrative, europee, referendum o altro). In questo caso penso che la
tutela del cittadino obblighi a mostrare come venga elaborato il voto.
E' improponibile che un cittadino debba fidarsi di pochi che potrebbero in
ultima analisi aver interesse a fare brogli, il cittadino deve poter
controllare o far controllare il procedimento autonomamente.
* Il software per l'analisi forense. Un cittadino che si trovi accusato in
base a evidenze trovate in supporti informatici ha diritto per la sua
difesa di sapere fino nel minimo dettaglio come si sia venuta a formare la
prova, cioe' quali elaborazioni sono state effettuate sul dato grezzo.
L'accusato e la sua difesa devono poter vedere i sorgenti dei programmi
utilizzati.
* Tutto il software che richiede fiducia illimitata al cittadino.
E' il caso per esempio della firma elettronica. Se e' vero che non conosco
quale codice mi consenta di fare la transazione bancaria col bancomat e'
altrettanto vero che quell'accessorio consente un rischio limitato.
Non si puo' chiedere di avere fiducia illimitata al buio verso uno strumento
che consente di poter vendere casa, macchina, tutto con un PIN.
Se non fosse un atto illecito la firma sarebbe valida anche per vendere coniugi
e figli.
L'attuale sistema e' stato recentemente provato essere inaffidabile (il gruppo
dei colleghi Bruschi e Rosti della Statale di Milano hanno mostrato come
per ogni documento vero se ne possa far firmare al sistema uno fittizio,
sono in attesa della documentazione tecnica in proposito).
Avrei molto da dire su questa firma elettronica che fornisce tutti gli elementi
per firmare (accesso alla carta e il PIN) a moltissimi strati di software,
sistema operativo, browser, in molti casi java virtual machine etc.
Anche qui l'intento nella scelta delle regole non e' stato di protezione
del cittadino obbligando i fornitori al massimo della chiarezza ma al
contrario protezionistico dei fornitori stessi richiedendo una assurda
certificazione del driver che non fornisce alcuna sicurezza ulteriore ma
innalza il livello economico per l'ingresso nel mercato, null'altro.
* E come il software per le elezioni e' altrettanto critico il software che
e' in grado di elaborare nostri dati personali sensibili. Chi ci garantisce
che non vi siano elaborazioni, memorizzazioni o divulgazioni "occulte"?
3- Memorizzazione o divulgazione dei dati in formato "anche" aperto.
Perche' anche? perche' non solo aperto? e in caso di difformita' quale dei
due fa testo?
Se il formato e' aperto e' fruibile da ogni cittadino liberamente.
Se le amministrazioni intendevano fornire o memorizzare le informazioni in
anche in altri formati proprietari nessuno vincolava la loro liberta' anche
senza una dicitura specifica.
Questo articolo fornisce il carisma dell'ufficialita' alla forma
proprietaria e questo non mi va. Occorre emendare l'articolo con la
dicitura almeno "in caso i documenti risultino differenti fa testo quello
in formato aperto".
Questo tra l'altro evita casi anomali di pubblici amministratori che
pensano di soddisfare il dettato di una futura norma che recepisca il
documento della commissione semplicemente tenendo una copia "ASCII text" di
tutti i documenti anche complessi (perdendo immagini, formule e
quant'altro).
Avrei ancora mille cose da dire, ne metto qui alcune per punti:
* Occorreva indicare che verso le pubbliche amministrazioni vige il divieto
di vendita combinata hardware/sistema operativo o software in genere.
Il sistema operativo deve essere una voce indicata a parte nel prezzo di
vendita e deve essere sempre possibile acquistare l'hardware da un fornitore
e il sistema operativo da un altro. A dire il vero questo dovrebbe
essere vero per tutti, ma siccome cosi' non e', e' bene che le pubbliche
amministrazioni si tutelino.
L'hardware deve essere sempre dotato di apposita scheda descrittiva
che indichi la struttura interna al livello di dettaglio sufficiente per il
reperimento e l'installazione dei driver opportuni.
* La scuola deve sempre essere super partes e mai fare pubblicita' a
prodotti di singole case produttrici. Occorre mostrare piu' tipi di
strumento per ogni funzionalita'.
Conludo dicendo che e' sotto gli occhi di tutti che il mercato
dell'informatica oggi non e' realmente concorrenziale. Ci sono regimi
di semi-monopolio e questo non riguarda solo la famosa software
house di Redmond.
Il mercato dei router professionali e' dominato da Cisco, in altri campi
Adobe la fa da padrone e ci sono tanti altri esempi.
Dovunque ci sia un monopolio la storia, l'economia ma anche la biologia
(preservazione della diversita' delle specie) ci insegnano che l'evoluzione
rallenta o si ferma. Non c'e' alcun interesse economico o biologico per il
monopolista di evolvere.
Anche se questa rivoluzione informatica sembra velocissima in realta'
stiamo perdendo tappe evolutive in molteplici settori proprio a causa di
questi monopoli.
Ogni novita' perde la sua spinta non appena diventa un prodotto
proprietario.
C'erano i tempi in cui i word processor erano veramente rinnovati ad ogni
nuova release ora non riesco a riconoscere il WP di oggi da quello di sei
anni fa. Ci sono variazioni ma sono del tutto marginali.
Pensate al web dell'epoca del NCSA-Mosaic o agli albori di Java.
C'era concorrenza e voglia di evoluzione. Provate oggi a nominare sette
word processor proprietari o sette programmi di editing grafico.
Oggi questa spinta evoluzionistica si trova solo in sourceforge, freshmeat
o in savannah.
Se desideriamo veramente che esista e si rafforzi un mercato e una
innovazione tecnologica di tipo informatico in Italia dobbiamo avvicinarci
a queste realta' a partire dalla scuola, dalle Universita' e dalle
richieste delle Pubbliche Amministrazioni.
renzo davoli
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