[Discussioni] EUCD e DS.
adriano.sponzilli a virgilio.it
adriano.sponzilli a virgilio.it
Dom 2 Mar 2003 15:46:03 CET
>Mi associo, ma prima di sottoscriverla voglio leggerla ;-)
Fra pochi giorni, il diritto d'autore italiano cambierà ancora una volta.
E ancora una volta lo farà nel senso dell'allargamento delle prerogative
dei produttori, editori, distributori e della perdita di facoltà da parte
dei fruitori.
Dopo le già pesanti modifiche avutesi tre anni fa con la legge 18 agosto
2000, n. 248, ora si profila all'orizzonte il recepimento della direttiva
comunitaria 2001/29/CE, nota come EUCD.
I contenuti dello schema di decreto legislativo varato dal Governo sono
assolutamente allarmanti. Già la direttiva in sé nasce sotto una cattiva
stella, essendo il recepimento di quei trattati internazionali OMPI del
1996, tristemente noti per aver dato vita negli Stati Uniti ad una legge
gravemente repressiva, che va sotto il nome di DMCA.
In sede di recepimento, si sarebbe voluta la creazione di contrappesi, dilimitazione.
Invece lo schema presentato è, se possibile, peggiorativo di quanto già
previsto in direttiva.
La notizia di questi giorni è che martedì 25 febbraio, la Commissione Cultura
della Camera è stata chiamata ad esprimersi su questo schema, ed è reso
parere favorevole.
Di questa vicenda, quello che più scandalizza, è il fatto che i Democratici
di Sinistra, in Commissione, abbiano votato a loro volta per il parere favorevole.
La deputata Franca Chiaromonte, addirittura, nell'annunciare il voto favorevole
del suo gruppo, ha lodato lo schema di decreto legislativo, affermando che
questo ?tiene conto della necessità di un aggiornamento quotidiano del diritto
d'autore alla luce dei continui progressi tecnologici che si registrano
in tale settore?.
Siamo indignati, dalla linea di questo partito, già gravemente responsabile
nel 2000, quando era al governo, di politiche miopi in materia di diritto
d'autore (la legge 248/2000 appunto). Ora, mentre da un lato si inviano
segnali di attenzione nei confronti del software libero e della libera condivisione
di saperi, dall'altro, alla prova dei fatti, si persevera nell'errore, riuscendo
nell'impresa non facile di dire si ad una aberrazione giuridica e sociale
come lo schema di decreto legislativo in questione.
Eppure i rischi sono stati denunciati da tempo, e da più parti.
Offrire pieno riconoscimento legale all'autotutela tecnologica, con protezione
anche penale, significa mettere una pietra tombale sulla ricerca in materia
di sicurezza. Stabilire che qualunque prodotto idoneo a eludere efficaci
misure tecnologiche, senza possibili esclusioni, è fuori legge, che ne è
vietata la fabbrica, importazione, distribuzione, vendita, noleggio, etc.
significa stabilire che gli strumenti di lavoro quotidiano di coloro che
si occupano di sicurezza sono materiale al bando, trattato alla stregua
di sostanze stupefacenti. E? una norma oscurantista, che proibisce di fatto
la ricerca scientifica legata alla sicurezza.
La creazione della nuova formula di ?messa a disposizione del pubblico dell'opera
in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti
individualmente?, fa scomparire ogni bilanciamento di facoltà e possibilità
di scelta fra il titolare dei diritti e il fruitore. Si arriva ad uno squilibrio
totale di forze a favore del primo, caratterizzato dalla assoluta assenza
di un contenuto legale minimo delle facoltà del fruitore.
Cosa comportano questi istituti in concreto?
Se in questo momento acquisto un libro, un disco, un film posso conservarlo
per sempre, prestarlo, rivenderlo. Non posso ovviamente farne copie da dare
a terzi, ma al di fuori di questo ho piene facoltà sulla mia copia. Con
la nuova disciplina potrei ricevere una vendita individualmente delimitata
nel tempo e nel luogo. Vedremo nascere il libro (meglio se in formato elettronico)
che può essere letto solo dal suo titolare, il disco che può essere ascoltato
trenta volte e non di più. Il film che può essere visto solo su un certo
videoregistratore e non su altri apparecchi, solo in una certa casa e non
altrove e che richiede l'identificazione biometrica di tutti gli spettatori
presenti (massimo tre, altrimenti non gira).
La nuova normativa dà ai produttori il diritto di vendere contenuti in questo
modo. Le misure di autotutela tecnologica gli permettono di imporlo con
strumenti informatici e elettronici. E chi tenta di sottrarsi a queste limitazioni,
diventa un criminale punito penalmente.
Pensiamo solo a quanto aberrante è il concetto dei contenuti a scadenza.
Se oggi acquisto un libro questo rimarrà mio per sempre. I miei nipoti potranno
tramandarselo fino a quando non si ridurrà a polvere di carta. E il diritto
riconosciuto dalle norme sul diritto d'autore a effettuare copie di sicurezza
darà ai miei pronipoti il diritto a farne magari una copia in microfilm
per allora. Il mercato del domani potrebbe essere fatto di libri che si
comprano per tre anni e poi "scadono" o canzoni che si ascoltano un certo
numero di volte e poi si ?autodistruggono?
Che effetto può avere questo sulla memoria collettiva? E' logica del consumo
e dell'evanescenza applicata all'arte. La perdita continua della conoscenza,
il buco della memoria fatto istituzione.
Non è fantascienza. Sono possibilità concrete. Prospettive orwelliane, alle
quali i DS hanno appena dato parere favorevole.
La nuova normativa diventerà un facile strumento per mettere in atto ogni
sorta di pratica anticoncorrenziale. Protezioni tecnologiche blinderanno
sistemi di limitazioni regionali, barriere tecnologiche contro la inteoperabilità
fra sistemi informatici, formati di interscambio di dati resi artatamente
incompatibili. Formalmente lo schema di decreto legislativo fa salva la
decompilazione a fini di interoperabilità, ma quando ogni singolo strumento
sarà messo fuori legge, che ne sarà di questo principio?
Si profila un futuro in cui i contenuti non saranno mai venduti, ma solo
affittati, a tempo. Le case di produzione non perderanno mai il contatto
con ciò che distribuiranno e saranno pressantemente presenti nella vita
di tutti noi, nelle nostre case, a controllare quello che leggiamo, ascoltiamo,
vediamo. Dove, quando, per quanto tempo. La modalità unica di fruizione,
sarà il nuovo diritto esclusivo di ?comunicazione? e null'altro. Gli utenti
vivranno in una specie di contatto continuo con gli apparati di distribuzione,
perdendo ogni fair use, vincolati strettamente alle modalità di volta in
volta stabilite. Le espressioni artistiche non entreranno mai nel patrimonio
né individuale, né comune. Ci piace questo futuro? E' questa la fruizione
dell'arte, della cultura, della scienza che ci prefiguriamo?
Ma forse tutto questo per l'On. Chiaramonte è un naturale portato dei ?continui
progressi tecnologici?? Noi crediamo che i progressi tecnologici vadano
governati e non subiti. Crediamo che la politica debba offrire risposte
ai nuovi problemi che il progresso e la modernità pongono e non limitarsi
a fotografare il nuovo. Non fermarsi a riconoscere chi è che le nuove tecnologie
rendolo ?il più forte?, per poi tributargli tutti i diritti. A volte bisogna
fare delle scelte di principio e di equità, a costo di non apparire ?rassicuranti?.
A tutto questo, va aggiunto che qualche tempo fa, il 6 febbraio, proprio
l?area Cultura dei Democratici di Sinistra ha organizzato un convegno in
Roma, relativo al recepimento della EUCD. Emersero in quella occasione posizioni
problematiche, stimoli critici, pensieri altri. Le stesse posizioni assunte
dai parlamentari DS in quella occasione, lasciavano ben sperare. Che ne
è stato di quella elaborazione?
Modelli di pensiero alternativi non mancano. E' di questi giorni la nascita
di un progetto internazionale denominato ?IP Justice? (giustizia nella proprietà
intellettuale), che pone una serie di principi relativi ai diritti degli
utenti rispetto alle opere dell'ingegno. Nuovi diritti, indispensabili per
una moderna visione delle libertà civili. Forse alla Sinistra competerebbe
fare proprie queste istanze, portare avanti una idea democratica del diritto
d'autore. Siamo spaventati da una Sinistra che, di fronte ai dettami dell?OMPI
ispirati dal peggiore lobbysmo delle grandi case di produzione, non riesce
a dire altro che ?per noi va bene?.
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