[Discussioni] EUCD e DS.
adriano.sponzilli a virgilio.it
adriano.sponzilli a virgilio.it
Dom 2 Mar 2003 20:28:04 CET
Ciao a tutti,
versione aggiornata della lettera da sottoscriversi da parte di
singoli, espressamente rivolta ai DS.
Le adesioni che ho attuamente sarebbero queste, chiedo di
essere corretto se ho dimenticato qualcuno o aggiunto
qualcun'altro.
Enrico Zini
Giacomo Magisano
Renzo Davoli
Luca Didonè
Massimo Dal Zotto
Domenico Andreoli
Alessio Bragadini
Adriano
*****************
Fra pochi giorni, il diritto d'autore italiano cambierà ancora una volta.
E ancora una volta lo farà nel senso dell'allargamento delle prerogative
dei produttori, editori, distributori e della perdita di facoltà da parte
dei fruitori.
Dopo le già pesanti modifiche di tre anni fa con la legge 18 agosto 2000,
n. 248, è ora in arrivo il recepimento della direttiva comunitaria 2001/29/CE,
nota come EUCD.
I contenuti dello schema di decreto legislativo varato dal Governo sono
assolutamente allarmanti. Già la direttiva in sé nasce sotto una cattiva
stella, essendo il recepimento di quei trattati internazionali OMPI (WIPO)
del 1996, tristemente noti per aver dato vita negli Stati Uniti alla legge
gravemente repressiva, chiamata DMCA.
In sede di recepimento, si sarebbe voluta la creazione di contrappesi, dilimitazione.
Invece lo schema presentato è, se possibile, peggiorativo di quanto già
previsto in direttiva.
La notizia di questi giorni è che martedì 25 febbraio, la Commissione Cultura
della Camera è stata chiamata ad esprimersi su questo schema, ed è reso
parere favorevole.
Di questa vicenda, quello che più scandalizza, è il fatto che i Democratici
di Sinistra, in Commissione, abbiano votato a loro volta per il parere favorevole.
La rappresentante dei DS, addirittura, nell'annunciare il voto favorevole
del suo gruppo, ha lodato lo schema di decreto legislativo, affermando che
questo "tiene conto della necessità di un aggiornamento quotidiano del diritto
d'autore alla luce dei continui progressi tecnologici che si registrano
in tale settore".
Siamo indignati, dalla linea di questo partito, già gravemente responsabile
nel 2000, quando era al governo, di politiche miopi in materia di diritto
d'autore (la legge 248/2000 appunto). Ora, mentre da un lato si inviano
segnali di attenzione nei confronti del software libero e della libera condivisione
di saperi, dall'altro, alla prova dei fatti, si persevera nell'errore, riuscendo
nell'impresa non facile di dire si a una aberrazione giuridica e sociale
come lo schema di decreto legislativo in questione.
Eppure i rischi sono stati denunciati da tempo, e da più parti.
L'approvazione di questa proposta offrirà pieno riconoscimento legale all'autotutela
tecnologica, con protezione anche penale. Il che vol dire mettere una pietra
tombale sulla ricerca in materia di sicurezza. Stabilirà che qualunque prodotto
"idoneo a eludere efficaci misure tecnologiche", senza possibili esclusioni,
è fuori legge, ne sarà vietata la fabbricazione, l'importazione, la distribuzione,
la vendita, il noleggio, etc. In questo modo, gli strumenti di lavoro quotidiano
di coloro che si occupano di sicurezza saranno materiale al bando, trattato
alla stregua di sostanze stupefacenti. E' una norma oscurantista, che proibisce
di fatto la ricerca scientifica legata alla sicurezza.
La nuova formula di "messa a disposizione del pubblico dell'opera in maniera
che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente",
sbilancia pesantemente possibilità di scelta e facoltà del titolare dei
diritti e del fruitore. Si arriva ad uno squilibrio totale di forze a favore
del primo, caratterizzato dalla assoluta assenza di un contenuto legale
minimo delle facoltà del fruitore.
Cosa comportano questi istituti in concreto?
Se in questo momento acquisto un libro, un disco, un film posso conservarlo
per sempre, prestarlo, rivenderlo. Non posso ovviamente farne copie da dare
a terzi, ma al di fuori di questo ho piene facoltà sulla mia copia. Con
la nuova disciplina potrei ricevere una vendita individualmente delimitata
nel tempo e nel luogo: la copia che ho acquiatato, cioè, non è più mia.
Vedremo nascere il libro (meglio se in formato elettronico) che può essere
letto solo dal suo titolare, il disco che può essere ascoltato trenta volte
e non di più. Il film che può essere visto solo su un certo videoregistratore
e non su altri apparecchi, solo in una certa casa e non altrove e che richiede
l'identificazione biometrica di tutti gli spettatori presenti.
La nuova normativa dà ai produttori il diritto di vendere contenuti in questo
modo. Le misure di autotutela tecnologica gli permettono di imporlo con
strumenti informatici e elettronici. E chi tenta di sottrarsi a queste limitazioni,
diventa un criminale. Potrebbero essere puniti penalmente, ad esempio un
non vedente che cerca di leggere il libro elettronico che ha acqustato in
maniere non autorizzate, come attraverso un terminale braille o una sintesi
vocale, o semplicemente la persona che voglia stamparlo per leggerlo più
comodamente.
Pensiamo solo a quanto aberrante è il concetto dei contenuti a scadenza.
Se oggi acquisto un libro questo rimarrà mio per sempre. I miei nipoti potranno
tramandarselo fino a quando non si ridurrà a polvere di carta. E il diritto
riconosciuto dalle norme sul diritto d'autore a effettuare copie di sicurezza
darà ai miei pronipoti il diritto a farne magari una copia in microfilm
per allora. Il mercato del domani potrebbe essere fatto di libri che si
comprano per tre anni e poi "scadono" o canzoni che si ascoltano un certo
numero di volte e poi si "autodistruggono"
Che effetto può avere questo sulla memoria collettiva? E' logica del consumo
e dell'evanescenza applicata all'arte. La perdita continua della conoscenza,
il buco della memoria fatto istituzione.
Non è fantascienza. Sono possibilità concrete. Prospettive orwelliane, alle
quali i DS hanno appena dato parere favorevole, con tanto di lode.
La nuova normativa diventerà un facile strumento per mettere in atto ogni
sorta di pratica anticoncorrenziale. Protezioni tecnologiche blinderanno
sistemi di limitazioni regionali, barriere tecnologiche contro la inteoperabilità
fra sistemi informatici, formati di interscambio di dati resi artatamente
incompatibili. Formalmente lo schema di decreto legislativo fa salva la
decompilazione a fini di interoperabilità, ma quando ogni singolo strumento
sarà messo fuori legge, che ne sarà di questo principio?
Si profila un futuro in cui i contenuti non saranno mai venduti, ma solo
affittati, a tempo. Le case di produzione non perderanno mai il contatto
con ciò che distribuiranno e saranno pressantemente presenti nella vita
di tutti noi, nelle nostre case, a controllare quello che leggiamo, ascoltiamo,
vediamo. Dove, quando, per quanto tempo. La modalità unica di fruizione,
sarà il nuovo diritto esclusivo di "comunicazione" e null'altro. Gli utenti
vivranno in una specie di contatto continuo con gli apparati di distribuzione,
perdendo ogni fair use, vincolati strettamente alle modalità di volta in
volta stabilite, con le case di produzione che possono lecitamente accumulare
tonnellate di dati su tutto quelli che loro fanno. Le espressioni artistiche
non entreranno mai nel patrimonio né individuale, né comune.
La stessa ecanescenza dei contenuti artistici, poi, può riguardare qualunche
altra cosa. Le "efficati misure tecnologiche" protette dalla legge riguarderanno
anche questo. E' il caso della posta elettronica che sparisce o dei documenti
che possono essere letti solo da una persona e non possono (neppure da questa)
essere inviati ad altri. Pensate al caso del dipendente che riceva ordini
illegali, o subisca mobbing, o che voglia comunque denunciare pubblicamente
una qualche pratica della propria azienda. I nuovi sistemi che sono in via
di creazione potrebbero imperglielo: ci saranno mail che una volta lette
spariscono, documenti che possono essere letti solo su un computer ma non
spediti ad altri. E se il dipendente volesse tentare di aggirare queste
protezioni: sarebbe perseguibile per legge.
A nessuno in Commissione Cultura è venuto in mente che forse è un sacrosanto
diritto di chi riceve una comunicazione, dalla lettera d'amore alla proposta
di contratto, quello di conservarla. Stiamo preparando la civiltà dell'inchiostro
simpatico, la civiltà dei dati che spariscono, con la benedizione della
legge penale.
Ci piace questo futuro? E' questa la fruizione dell'arte, della cultura,
della scienza e ancora di lettere, messaggi, comunicazioni di ogni genere
che ci prefiguriamo?
Ma forse tutto questo, come insegna la rappresentante dei DS in Commissione
Cultura, è un naturale portato dei "continui progressi tecnologici"?
Noi, invece, crediamo che i progressi tecnologici vadano governati e non
subiti. Crediamo che la politica debba offrire risposte ai nuovi problemi
che il progresso e la modernità pongono e non limitarsi a fotografare il
nuovo. Non fermarsi a riconoscere chi è che le nuove tecnologie rendolo
"il più forte", per poi tributargli tutti i diritti. A volte bisogna fare
delle scelte di principio e di equità, a costo di non apparire "rassicuranti".
A tutto questo, va aggiunto che qualche tempo fa, il 6 febbraio, proprio
l'area Cultura dei Democratici di Sinistra ha organizzato un convegno in
Roma, relativo al recepimento della EUCD. Emersero in quella occasione posizioni
problematiche, stimoli critici, pensieri altri. Le stesse posizioni assunte
dai parlamentari DS in quella occasione, lasciavano ben sperare. Che ne
è stato di quella elaborazione?
Modelli di pensiero alternativi non mancano. E' di questi giorni la nascita
di un progetto internazionale denominato "IP Justice" che pone una serie
di principi relativi ai diritti degli utenti rispetto alle opere dell'ingegno.
Nuovi diritti, indispensabili per una moderna visione delle libertà civili.
Forse alla Sinistra (anche se non solo ad essa) competerebbe fare proprie
queste istanze, portare avanti una idea democratica del diritto d'autore.
Siamo spaventati da una Sinistra che, di fronte ai dettami dell'OMPI ispirati
dal peggiore lobbysmo delle grandi case di produzione, non riesce a dire
altro che "per noi va bene".
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