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Adriano Sponzilli adriano.sponzilli a virgilio.it
Sab 15 Mar 2003 12:05:04 CET


UN COPYRIGHT SENZA LIMITI

La commissione cultura della Camera ha approvato una legislazione
restrittiva sul diritto d'autore che recepisce una direttiva della
Unione europea. Con il voto favorevole dei democratici di sinistra

di ADRIANO SPONZILLI

C'è subbuglio nel mondo del «software libero». È infatti prossima
l'approvazione da parte del parlamento italiano di un provvedimento
legislativo che cambierà profondamente il diritto d'autore. L'occasione
è data da una direttiva comunitaria, la cosiddetta Eucd (European Union
Copyright Directive). Formalmente si tratta di una armonizzazione del
diritto d'autore nei vari paesi membri. Ma, di fatto, è una norma che
aumenterà il potere di coloro che detengono i diritti d'autore - leggi
le grandi case produttrici -, a discapito di tutti coloro che delle
«opere dell'ingegno» sono utenti. Lo schema del decreto legislativo
elaborato dal governo italiano recepisce interamente la direttiva
dell'Unione europea ed è stato esaminato nelle Commissioni competenti
nelle ultime settimane. L'ultimo passaggio è stato il 25 febbraio: la
Commissione cultura alla Camera ha espresso parere favorevole, compresi
i rappresentanti dei democratici di sinistra. Unico parere contrario:
quello di Titti De Simone di Rifondazione comunista. Franca Chiaromonte
dei democratici di sinistra ha annunciato il voto favorevole del suo
gruppo lodando lo schema di decreto legislativo, perché «tiene conto
della necessità di un aggiornamento quotidiano del diritto d'autore alla
luce dei continui progressi tecnologici che si registrano in tale
settore». Le associazioni del «software Libero», dal canto loro, hanno
considerato negativamente il testo approvato dalla Commissione cultura.
Ventiquattro associazioni e una decina fra aziende e studi professionali
hanno quindi rivolto una petizione ai membri delle Commissione cultura,
chiedendo un nuovo esame parlamentare della materia. (Le sottoscrizioni
individuali della petizione sono in Internet, all'indirizzo
www.softwarelibero.it/progetti/eucd/ e superano al momento le 1.300).

Per le associazioni del software libero e delle libertà civili nel
cyberspazio, la nuova normativa che sta per essere approvata inasprisce
fino all'inverosimile la legislazione sul copyright, colpendo
mortalmente anche il «diritto di decompilazione a fini di
interoperabilità», cioè la possibilità di studiare «standard e formati»
utilizzati da altri con lo scopo di creare prodotti ad essi compatibili.
Partiamo dal caso dei cd musicali, che sono stati realizzati per
inibirne la copia. Ad esempio, il cd di Natalie Imbruglia, distribuito
nell'ottobre del 2001, è stato forse il primo ad essere prodotto con un
sistema di protezione (in questo caso il Cactus Data Shield della
Midbar) che entra in funzione ogni volta che ne viene tentata una
registrazione, rendendo illeggibile la copia. Con la norma ancora in
vigore è consentito studiare gli standard di protezione e utilizzarli
per leggere i supporti protetti su altre «piattaforme». La nuova legge
allo studio del Parlamento, teoricamente, fa salvo il «diritto di
decompilazione», ma prevede sanzioni penali per chi produce o vende o è
in possesso dei macchinari e del software che consentono di eludere le
misure di protezione.

La direttiva Eucd ha negli Usa una legge gemella, approvata nel 2000, la
Digital Millenium Copyright Act (Dmca). Entrambe discendono dai medesimi
trattati internazionali della «Organizzazione mondiale per la proprietà
intellettuale» (Wipo) del dicembre 1996. Negli Stati Uniti la legge è
stata applicata per la prima volta durante il «caso Sklyarov», dal nome
del cittadino russo arrestato con l'accusa di aver realizzato un
programma che consente di visualizzare gli e-book (i libri elettronici)
in modalità diverse da quelle previste dai produttori. Anche qui è
importante sottolineare che il programma in questione non serve a usi
illeciti, ma solo a compiere usi diversi da quelli previsti, ma comunque
leciti, di un contenuto acquistato. Può servire ad esempio a travasare
in un altro formato un libro elettronico o a stamparlo per leggerlo più
comodamente.

Lo spirito complessivo del Dmca, così come della direttiva comunitaria,
è dunque di togliere al'utente il controllo sull'«opera» acquistata. È
il produttore o editore o distributore che ti dice cosa farne.
Attualmente, gran parte della legislazione attuale sul copyright,
prevede che chi acquista un'«opera di ingegno» può farne una copia di
sicurezza. La direttiva comunitaria riconosce il diritto dei produttori
ad impedire anche questa copia di sicurezza, ma anche la possibilità di
disporne come meglio crede: possiamo rivenderla, prestarla, farne l'uso
che preferiamo fino a quando vogliamo, compreso il suo lascito in
eredità. Con l'approvazione della nuova norma tutto questo sparirà. Per
i produttori, diventa infatti possibile vendere un libro vietandone la
rivendita; oppure consente la vendita «a scadenza»: «questo Cd musicale
si autodistruggerà fra un anno»; oppure ad personam: «questa
videocassetta potrai leggerla solo tu e se inviti un amico a vederla a
casa tua commetti un illecito».

Non si tratta di una realtà futuribile, perché negli Stati uniti sono
già in vendita manuali universitari in formato elettronico (degli e-book
da visualizzare sul computer) che alla fine del semestre accademico si
autodistruggono. Scopo dichiarato dell'operazione: impedire che gli
studenti più anziani degli anni successivi passino i loro vecchi libri
ai più giovani. Che succederebbe se questa modalità di distribuzione
dovesse affermarsi come prevalente? Che nel giro di dieci anni, nessuno
avrebbe più copia di un certo libro, album, film. La memoria collettiva
perderebbe il diritto al ricordo. Il che è l'esatto contrario dello
spirito del diritto d'autore, la cui logica è che, nel tempo, l'opera
cessi di essere un patrimonio dell'autore ed entri nel patrimonio
collettivo.





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