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Simone Piunno pioppo a ferrara.linux.it
Mer 26 Nov 2003 20:52:04 CET


On Wednesday 26 November 2003 19:11, Stefano Maffulli wrote:

> A qualcuno potrebbe interessare esserci.  Non conosco questo professore.

Mio consiglio: chi può ci vada.


Tratto da www.lavoce.info
http://www.lavoce.info/news/view.php?id=10&cms_pk=504&from=index


24-06-2003

Perché la PA diffida di Apache

di Lucio Picci

Il 63 per cento nel mondo, ma solo il 38 per cento nell'amministrazione 
pubblica italiana: questo il confronto della diffusione di un importante 
software open source (Os), il server web "Apache", il programma che permette 
di far funzionare i siti web (compreso quello de "lavoce.info"). (1) Sono 
necessarie politiche precise per colmare questa distanza, che è un sintomo 
della difficoltà dell'amministrazione italiana a utilizzare le tecnologie con 
efficacia ed efficienza. 

Da un punto di vista pratico, e con qualche approssimazione, la differenza tra 
software "proprietario" e Os consiste nel fatto che nel primo caso, di solito 
dopo il pagamento di una licenza d'uso, l'utente può "eseguire" il programma, 
ma non vede come è stato scritto e non può modificarlo, mentre il software 
open source può essere modificato e ulteriormente distribuito, ed è gratuito. 

Non sempre vince il migliore
 
La scelta tra software proprietario (come quello prodotto da Microsoft) e Os 
non è ovvia. È importante considerare la presenza di "effetti di rete", che 
si hanno quando il beneficio del possesso di un prodotto dipende 
positivamente dal numero di consumatori che già ne dispongono. Come telefono 
o fax, anche il software è tanto più utile quanto più è diffuso. Per questo è 
difficile contrastare un prodotto che gode di un mercato ampio anche quando 
si dispone di una tecnologia più vanzata: nelle industrie in cui vi sono 
effetti di rete, non sempre vince il migliore. 

Ed è questo il vantaggio di cui godono i prodotti Microsoft nel mercato del 
software per la "produttività di ufficio" (videoscrittura e fogli di calcolo, 
per esempio): abbandonarli significa anche rinunciare all'estrema comodità 
con cui si scambiano per e-mail documenti in un formato che è divenuto uno 
standard de facto, oltre che alla consulenza gratuita dei vicini di 
scrivania. 

Nel mercato 

"lato server", come nel caso del server web Apache, la situazione è diversa. 
Per esempio, Apache è dominante, gratuito, eccellente, ben documentato e 
utilizza un sistema operativo, Unix, disponibile (anche) a titolo gratuito, 
secondo molti migliore del concorrente Microsoft. Al di là di una generale 
avversione per il software che non proviene da un produttore importante, con 
la relativa deresponsabilizzazione dei tecnici che comporta una tale 
attitudine, vi sono dunque poche ragioni per non adottarlo: la ridotta 
diffusione di Apache nell'amministrazione pubblica indica una scarsa 
propensione ad avvalersi di soluzioni tecnologiche efficaci ed efficienti. 

Dalla commissione le consuete raccomandazioni

Il Governo dovrebbe riflettere. Il ministro dell'Innovazione, Lucio Stanca, 
istituì lo scorso novembre una commissione sul software Os che ha da poco 
terminato i suoi lavori. 

Senza prendere posizione precisa, e cercando di accontentare un po' tutti, la 
commissione propone l'usuale armamentario: qualche misura concreta, qualche 
risorsa, ma soprattutto raccomandazioni assortite, il più delle volte senza 
occuparsi degli incentivi e disincentivi perchè queste non rimangano sulla 
carta. Invece, trascura completamente il fatto che la scelta di una 
tecnologia di rete non è analizzabile al livello del singolo utente, ma deve 
tenere conto degli effetti che abbiamo indicato e del conseguente problema 
del coordinamento delle scelte individuali. Esiste un'ampia letteratura 
scientifica su questo tema, e Stanca avrebbe fatto bene a non affidarsi 
soltanto, o prevalentemente, a (ingegneri) informatici, le cui competenze 
sono altre. 

È tempo di decisioni 

Nei fatti se non nelle intenzioni, le commissioni dagli esiti ecumenici, molto 
spesso servono per non decidere, o per decidere di non fare nulla. Per il 
software Os, con i ritardi già accumulati e dopo decenni di decadenza 
dell'industria italiana del software, sono invece necessarie iniziative, 
magari di portata ridotta, ma concrete. 

Un obiettivo ragionevole consiste nel promuovere il software Os 

"lato server", dove gli effetti di rete non sono avversi. Servirebbe un misto 
di prescrizioni e di incentivi verso quei tecnici e quelle amministrazioni 
che si comportano virtuosamente, e un servizio di consulenza e di formazione, 
all'interno di strutture già presenti, che permetta ai tecnici di adeguarsi e 
renda ingiustificabili le eventuali resistenze. Si otterrebbero risparmi, si 
incoraggerebbe l'utilizzo di tecnologie avanzate, si creerebbe un primo 
presupposto per un maggiore controllo delle tecnologie e si valorizzerebbero 
le competenze tecniche migliori dentro l'amministrazione. 

Esistono però obiettivi più ambiziosi, che il Governo farebbe bene a 
considerare con attenzione maggiore di quanto non abbia fatto sino ad ora, e 
senza timore reverenziale verso Microsoft. L'amministrazione pubblica spende 
per il software circa 700 milioni di euro all'anno. C'è spazio per una 
politica che promuova l'insieme della produzione Os, tanto più che uno 
spostamento della domanda dell'amministrazione pubblica sarebbe di grande 
beneficio per l'industria italiana del software, in un certo senso la 
reinventerebbe. Ma sarebbero necessari interventi veramente incisivi e una 
notevole capacità di gestire una strategia coraggiosa e innovativa. 

Il primo, più modesto, obiettivo, può essere considerato intermedio rispetto 
al secondo: l'analisi dei primi risultati ottenuti potrebbe servire per 
decidere se allungare il passo. 

In ogni caso, però, il Governo dovrebbe dichiarare che cosa vuole fare e con 
quali strumenti. Tenendo presente che le scelte, o le non scelte, del 
passato, hanno già danneggiato la diffusione del software Os 
nell'amministrazione pubblica.
 

(1) I dati derivano da una rilevazione realizzata presso il corso di laurea in 
Economia di Internet dell'Università di Bologna, e si riferiscono a un 
campione di siti dei soli comuni, province e regioni. Oltre alla diffusione 
del server web Apache, essi mostrano la diffusione degli analoghi prodotti 
Microsoft, utilizzati nel 58 per cento dei casi, contro il 27 per cento a 
livello mondiale (il confronto mondiale è reso possibile dalla rilevazione di 
Netcraft). 
  http://www.ei.unibo.it/paos


L'AUTORE
Lucio Picci, nato a Forlì nel 1965, ha conseguito il dottorato di ricerca in 
economia presso l'Università di California a San Diego e attualmente insegna 
alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna. Ha contribuito 
alla realizzazione di diverse applicazioni in ambito organizzativo delle 
nuove tecnologie dell'informazione, ed è l'autore di saggi sull'impatto 
sociale ed economico delle reti infrastrutturali e telematiche.
E' autore di "La sfera telematica", ed. Baskerville Libri, Bologna 1999
  http://www.baskerville.it/lasferatelematica/
E' fondatore di La città invisibile di cui è stato presidente 1996-1998.
  http://www.citinv.it
La sua homepage: 
  http://www.spbo.unibo.it/picci/indexita.html

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Adde parvum parvo magnus acervus erit -- Ovidio




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