[Discussioni] Re: Scarichiamoli: atto secondo

Emmanuele Somma esomma a ieee.org
Mar 15 Mar 2005 07:58:18 CET


Cari amici della Comunità Creative Commons in italia,

è un sollievo sapere queste interessanti notizie. È sempre bello sapere 
che qualcuno vanti le capacità del software libero. Da qualsiasi parte 
provenga, dalle grandi multinazionali o dai movimenti popolari, dalle 
installazioni militari alle iniziative scientifiche e culturali, è 
sempre bello . Senza che ciascuna di questa sia, per un sostenitore del 
software libero, migliore di tutte le altre.

Nonostante ciò, purtroppo non posso essere d'accordo con una campagna 
che ha come slogan:

" ciò che è finanziato con soldi pubblici deve essere di dominio 
pubblico."

La storia del software libero è la storia di un movimento che ha saputo 
affrancarsi dalla schiavitù insita nella logica del 'dominio pubblico'. 
Un movimento in cui le persone hanno fatto scelte individuali  
impopolari, costose e radicali per  sostenere l'evoluzione di un 
'qualcosa' che riusciva nel contempo a non rifiutare il concetto di 
proprietà e di diritto autorale, ma anzi lo rivendicava con forza, e ad 
  utilizzarne tutta la sua innegabile forza in forma positiva e diretta, 
dando agli altri invece di togliere a tutti.

Il pubblico dominio, che è un patrimonio da sostenere e tutelare, 
quando è scelto nel rilascio di un'opera è un definitivo errore cui 
ogni sostenitore del software libero deve rifuggire perchè non 
garantisce l'estensione del 'bene comune', ma piuttosto ne sostiene la 
'privatizzazione'. Non era questo un'esplicito obiettivo anche di 
creative commons? A che pro mettersi a studiare una mezza dozzina di 
'licenze' se poi la rivendicazione politica sta tutta nell'estirpare 
ogni forma di scelta autorale nel campo delle licenze?

La libertà insita nel software libero proviene da una scelta ragionata 
e non il risultato di un abbandono, di un lasciare le cose a sé stesse, 
sperando che chissà quale mano invisibile, o chissà quale forza della 
storia porti necessariamente al bene comune. C'è una miserevole 
ideologia storicista che accompagnerebbe tale ragionamento che ci è 
totalmente estranea. Fare software libero significa lavorare giorno per 
giorno senza abbandonare per ragioni tattiche o per motivi di 
popolarità le 'stelle fisse' del proprio impegno. E poichè fare 
software libero è un problema essenzialmente formalistico, e non è 
indifferente se si sceglie una licenza piuttosto che un'altra, o una 
qualsiasi purché sia, e poiché dire 'dominio pubblico' non significa 
affatto parlare di libertà, la vostra proposta mi suona come 
inaccettabile.

Ma se anche riuscissi ad astrarmi da questa considerazione sostanziale 
trovo che ci sia un sottofondo di totalitarismo, di materialismo e 
forse di qualunquismo nel pretendere che il mero finanziamento di un 
opera ne determini così compiutamente l'apporto creativo da non 
permettere all'autore di poter esercitare i propri stessi diritti 
autorali. Sarebbe la semplice legge del denaro a guidare la scelta di 
una modalità di distribuzione disconoscendo la prima verità di ogni 
opera creativa:  è carne e sangue dell'autore, prima che contabilità 
analitica. Nessun prezzo, finanziamento, obolo o mecenate può mai 
compiutamente determinare il valore di un prodotto creativo. Ridurre 
all'equivalenza meccanica soldo->prodotto, saltando il passaggio 
imposto dalla volontà creativa, vi pone ai miei occhi allo stesso 
livello di quanti vogliono estirpare dalle disponibilità dell'autore i 
diritti morali e patrimoniali per lasciarli in gestione  esclusiva agli 
intermediari editoriali.  Lo stato diverebbe l'intermediario editoriale 
di quanto finanziato pubblicamente anche in tutti i quei casi, come la 
ricerca, dove ancora vige un po' di libertà individuale. Come autore 
non posso accettare che la mia opera (consapevole che non è neppure un 
gran ché) sia ridotta alla mera forza delle mie fonti di sostentamento 
e per il rispetto che porto a me stesso devo rispondere: No grazie. 
Vade retro!

Ma anche in pratica la vostra proposta è da rifuggire. Se, per 
sventura, avesse un reale seguito legislativo sarebbe la più 
formidabile forza contro la realizzazione del software libero. Se, per 
sventura, avesse seguito nessun ricercatore, professore, tecnico  o 
anche semplice impiegato comunale potrebbe mai contribuire ai progetti 
di software libero, non potrebbe mai rilasciare un'opera con una 
qualsiasi licenza di software libero, non potrebbe -come avviene- 
scrivere documenti rilasciati con GPL, e via dicendo.
E poiché in Italia l'intermediazione economica dello stato è ancora 
molto ampia, e in alcuni campi come quello della ricerca è pressoché 
totale, questo significherebbe per noi perdere un sostegno 
significativo.

Ma esistono ragioni ancora più stringenti per essere contrari. Non si 
può ridurre un ecosistema economicamente ancora molto fragile, basato 
su equilibri tutt'altro che chiari, come quello della produzione 
autorale con licenze libere al semplice manicheismo di chi vuole tutto 
e subito. Per un intellettuale della domenica forse la discriminazione 
tra 'pubblico dominio' e 'licenza libera' può non voler poi dire molto. 
Invece le licenze libere incentivano quei comportamenti di competizione 
cooperativa che il 'pubblico dominio' estirpa alla radice. Per alcuni 
programmatori è ciò che discrimina tra il poter dare da mangiare ai 
propri figli  o meno. Voler tagliare con l'accetta e rappresentare 
tutto in nero e bianco non può trovare il mio sostegno.

Capisco che la vostra esigenza sia stata quella di comunicare in modo 
facile e diretto, rendendo comprensibile immediatamente i vostri 
obiettivi. Ma il voler estirpare alla volontà dell'autore come 
rilasciare la propria opera era veramente un vostro obiettivo? 
Escludere l'uso di licenze libere dalla pubblica amministrazione era un 
vostro obiettivo? Ridurre tutta la complessità della scelta delle 
licenze di distribuzione al nero-e-bianco del pubblico dominio era un 
vostro obiettivo?

Se sì allora non ho alcun interesse ad aderire alla vostra campagna 
-sebbene condivida quanto sostenete rispetto alla divulgazione  delle 
opere di pubblico dominio (che però a me sembra più obiettivo di una 
fondazione privata che di un governo).

Se no, per rispetto di quanti con il software libero vi hanno aperto la 
strada, nella società e nel mercato, DOVETE cambiare quello slogan 
semplicistico e facilone.

Senza di che non se ne parla.

Con gli slogan facili e sbagliati si costruiscono le dittature.

Con immutato affetto,
Emmanuele Somma




Il giorno 14/mar/05, alle 18:16, Lo staff della Creative Commons 
Community ha scritto:

> Cari amici linuxiani,=20
>
> [...]



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