[Discussioni] SL: limiti di una ragion pratica che non è sufficiente idea politica
Emmanuele Somma
esomma a ieee.org
Mar 4 Lug 2006 22:55:25 CEST
È bello rivedere vecchi amici che tempo tormentoso e uggie e ubbie
hanno per lungo tempo disperso e ascoso. Vederli discutere poi è quasi
sublime. Del sublime godo, e di questo momento già da qualche giorno,
devo dire, ne sono alquanto soddisfatto al punto che interloquire non
era stato affatto necessario.
Poi, se mi è concesso notarlo, sublime va considerata la capacità di
estirpare dalle secche di un bene orchestrato tentativo di affondare
quel poco di buono che la comunità italiana ha in questi anni
prodotto, per riuscire a proporne alla discussione punti salienti
critici, ben oltre e con ben altra intensità che non quella posta
dagli originari questuanti. Dimostrazione di quanto si sia disposti a
mettersi in gioco.
Mi sembra che discussioni a ... e quindi ciascuno per la propria
responsabilità abbia dato una buona lezione di
civiltà-da-mailing-list, laddove è piuttosto evidente in alcuni il
continuo tentativo di fomentare fiammate, che spesso nascondono (così
la maggioranza silenziosa capisce meglio il non-detto) piuttosto che i
problemi generali di cui spesso si disquisisce, particolari
'antipatie' personali, fregature individuali e piccole ripicche di
quartiere, dovute per lo più alla comune incapacità di accettare
critiche circostanziate ad res, e quindi dalla necessità di doverle
transustanziare in guerre termonucleari globali ad-personam.
Non sarei intervenuto per questo, però, se non fosse che alcuni spunti
hanno certamente preso una piega oltremodo interessante, e che in
parte riflettono interessanti considerazioni che stanno peraltro
girando sulla ml del soci a ...
Primo tra tutti il colloquio Bertola vs resto del mondo. Premetto che
considero Vittorio una delle veramente poche persone in Italia che
ritengo completamente degna, non solo tecnicamente, delle occasioni
che ha saputo costruirsi e ha potuto sfruttare. Poiché condividiamo
(anche se a distanza) un percorso professionale molto 'antico' direi,
ritengo doveroso ascoltarlo (rileggerlo nel caso) almeno tre volte
quando non riesco a capirlo prima di avventare un giudizio critico.
Vittorio dice molte cose fondamentali su ciò che dovrebbe essere il
confronto tra le comunità in Internet -che in ultima analisi *è* la
sostanza della democrazia v. 2.0. Cose, però, che l'essenza
prettamente escatologica del discorso di taluni 'professionisti del
softwareliberismo' non riesce banalmente a cogliere. Cose che avrei da
tempo voluto direi io.
In questo si coglie il limite e il termine di una liturgia che non
riesce ad elevarsi da mero strumento divulgativo per innervare un
discorso vitale e quindi attuale nel rapporto con la società. Questo
forse spiega alcuni dubbi sul disadattamento impedenziale dei suoi
sacerdoti, specie quelli nostrani che non hanno neppure il goliardico
stallmaniano e rimangono solo nel tronfio e ammuffito far guerra alle
nuvole. A ciel sereno. O... al sole nella tempesta.
L'incapacità rappresentativa è innanzitutto figlia di una feroce
dipendenza interpretativa che lascia pochissimo scampo individuale. La
'Comunità' è sorgente di assoluta autoreferenzialità, che poi si
spande nelle sue diramazioni sociali. Una autoreferenzialità che è
condizione necessaria per l'accesso e che delimita il 'sentimento
comune'. Essere fuori dai riferimenti comuni significa essere fuori
dalla Comunità, che però non rappresenta che sé stessa e non é che
nessuno. La Comunità è una problematica costruzione carnale di un'idea
politica alquanto impalpabile e sfuggente.
Il SL è concreto nel concreto, per quanto è di codice, ma che si perde
totalmente nell'astratto, quando il codice scompare e lascia il posto
alle parole (e di tanto in tanto alle idee).
Quale sia poi il rapporto tra la questa Comunità e la realtà credo
che il Pot l'abbia spiegato fin troppo chiaramente: nessuno. Per uno
sviluppatore di software libero è proprio dura sentirsi
'rappresentato' da una qualsivoglia combinazione lineare delle
molteplici etichette che si levano, pretendendo o meno di
rappresentare. Più facile sentirsi rappresentati dalle parole
individuali o dalla risultante di un lavoro collettivo non
interpretato.
Inoltre la comunità per lo più vive nell'assoluta incoscienza del sé
e, quel che è peggio, nell'ignoranza dei rapporti sociali che dal sé
promana. Non ne parliamo poi della minima etichetta sociale, quel
galateo delle relazioni pubbliche e private che, esclusi pochi, è
assolutamente un optional - come se seguire una buona idea (ammesso
che lo sia, poi) permetta di derogare dal dire buongiorno e buonasera.
Difetti del sentirsi Cavalieri dell'Ultima Crociata...
Per qualcuno è una totale incapacità relazionale (ci sono ego
sovragonfiati con i quali è impossibile qualsiasi punto di contatto
che non preveda uno spillone), per altri è un concreto obbiettivo:
promuovere una società dalle relazioni civili iper-semplificate per
evitare di far ricadere nella responsabilità individuale scelte ed
impegni collettivi.
Per paradossale che possa sembrare (soprattutto vista la cagnara
'comunistica' che si fa attorno al software libero), l'etica fondante
è tutt'altro che 'cooperativa' (come peraltro ben rappresentano le
insofferenze normative dei softwareliberisti - che da libertario
apprezzo moltissimo, ma coscientemente non di meno riconosco), quanto
piuttosto molto 'laissez faire' (però nel perdukistan, non senza
qualche ottimo motivo verrebbe chiamato anarco-capitalismo).
Nell'analisi politologica del software libero il meglio che sappiamo
fare è elevare ad idea politica la nostra ragion pratica, senza saper
neppure vedere le contraddizioni sociali che ciò genera (anzi le
auto-contraddizioni troppo spesso). Abbiamo deciso che nella macchina
l'integrità strutturale sia essenziale e ne coltiviamo spasmodicamente
la robustezza. Non ci si chieda però di occuparci pure del motore
della democrazia, delle ruote della civiltà, lo sterzo delle
istituzioni. Abbiamo un idea alquanto vaga del fatto che esiste una
congrua relazione tra "noi e loro" ma in fondo non ci interessa un
modello completo.
Vittorio, molte delle persone con cui interloquisci e che sono -io non
ho alcun dubbio- la vetta della ragion pratica sono poi le stesse che
non possono non affrontare il discorso sui fini con categorie del
pensiero di un'intrinseca banalità teleologica, intrisa di
materialismo e storicismo. Venceremos...
Non puoi stupirti che siano inadatti alla mediazione politica quando
per azione profondamente politica viene intesa un'azione normativa
unilaterale (come la proposta della GPLv3) tendente ad escludere il
problema alla radice. "Il DRM è un problema? Ok. Da domani niente DRM
per nessuno". Ma se ci pensi è un malcostume moderno che non è
dissimile dall'abuso di governo su Internet che gli organismi
rappresentativi (specie quelli nazionali) stanno giorno per giorno
esasperando. Possiamo considerarla una reazione - e a pensarci bene
forse non è sbagliata se può essere vero che anche nell'alchimia
giurisprudenziale il simile scioglie il simile. Comunque è un 'muoviti
e spara' quantomeno giustificabile vista la situazione. Personalmente
dopo 15 anni di illusione che stando fermi si poteva convincere le
montagne ad andare da maometto, il fatto che qualcuno abbia iniziato a
fare il giro del mondo proponendo di andare tutti a mare mi sembra un
buon inizio.
Certo, dal free software alla free so-fatwa-re il passo è breve. Per
non parlare di certi barbuti ayatollah nostrani... vabbé lasciamo
perdere...
Questo è il limite essenziale del rapporto organizzativo con il
software libero per cui: buona l'idea: grande l'esternalità positiva:
ottima la palestra ideale: licenze cooperative forse ineguagliabili:
ma non illudiamoci che una condivisione con questi temi della prima
ora abbia per ciò stesso creato una 'classe dirigente' della Società
della Conoscenza pur se sostanzialmente costruita (o costruibile) su
queste idee. Può aver costruito tecnici di buona levatura, alcuni in
grado di sfruttare bene l'ecosistema, ma nel campo 'rappresentativo'
c'è ancora molta strada da fare.
Il che immagino valga anche come risposta agli altri. FSFE, come guida
del 'mondo libero', ha mostrato di non saper fare (anzi a vederla da
dentro piuttosto di non voler fare, o di non aver ancora capito che
fare -a differenza forse di FSF-NA).
Come si evince dal discorso precedente a mio avviso esistono limiti
individuali molto forti (meno accentuati in FSF rispetto a FSFE, ad
esempio, che però ha dalla sua 20 anni di trial-and-error). I
problemi del modello organizzativo sono (stati) del tutto ininfluenti
a mio modo di vedere, un differente modello poteva fluidificare
qualcosa ed evitare odiose incrostrazioni, forse. Ma quando hai solo
tre carte non ci puoi giocare a scopa.
Quanto all'influenza che il resto della comunità può aver avuto
nell'evoluzione 'nostrana' del software libero accrediterei pochi
percentuali a ILS, non molti decimali ad Assoli e via dicendo.
L'impatto sociale -anche numericamente preso- di queste realtà è
minimo. D'altronde il livello di confronto che si usa mettere in gioco
è talmente poco che è difficile pensare che possano aver agito da
elite intellettuali.
Ammettere questi 'organismi' come interlocutori è velleitario (poi in
privato, possibilmente ad un tavolino sul pincio con bibita fresca,
aprirei pure i miei cahier de doleance circostanziati, ma non è questo
il luogo).
Io credo che la direzione scelta dall'Assoli di oggi sia però
significativa e importante. La appoggio incondizionatamente. Mi sembra
sia ancora un po' confusa ma ci sarà tempo e modo di migliorare.
D'altro canto direi che, da questo punto di vista, promuovere come
modello politico la monodimensionalità tematica e monomaniaca dei
softwareliberisti duri-e-puri fa un po' sorridere. Che si possa trarne
spunto è ragionevole: l'influenza di Stallman-pensatore è
incalcolabile e la rilevanza economica dello 'sporco lavoro' dei
programmatori non più trascurabile.
Ma dedurre da questi successi una totalità positiva della 'politica
free' non è preoccupante solo nella misura in cui tale posizione è
destinata 'per definizione' a rimanere settaria nella setta/comunità e
ad essere diluita nell'inevitabile processo di confronto che deve
provenire dalla sua apertura.
E, giudizio strettamente personale -con tutto il bene che voglio a
Stefano (e sui limiti di FSFE mi piacerebbe avere il tempo di
tornare), per quanto mi riguarda, meglio mezzo Bertola che 43
Maffulli. Se poi si può scegliere la metà preferirei quella che non
parla su discussioni a ... ;-)
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