Re: [Discussioni] SL: limiti di una ragion pratica che non è sufficiente idea politica
Antonio Memo
antonio.memo a gmail.com
Mer 5 Lug 2006 12:41:13 CEST
Ciao,
Il 04/07/06, Emmanuele Somma<esomma a ieee.org> ha scritto:
> È bello rivedere vecchi amici che tempo tormentoso e uggie e ubbie
> hanno per lungo tempo disperso e ascoso. Vederli discutere poi è quasi
> sublime. Del sublime godo, e di questo momento già da qualche giorno,
> devo dire, ne sono alquanto soddisfatto al punto che interloquire non
> era stato affatto necessario.
>
[...]
>
> In questo si coglie il limite e il termine di una liturgia che non
> riesce ad elevarsi da mero strumento divulgativo per innervare un
> discorso vitale e quindi attuale nel rapporto con la società. Questo
> forse spiega alcuni dubbi sul disadattamento impedenziale dei suoi
> sacerdoti, specie quelli nostrani che non hanno neppure il goliardico
> stallmaniano e rimangono solo nel tronfio e ammuffito far guerra alle
> nuvole. A ciel sereno. O... al sole nella tempesta.
>
> L'incapacità rappresentativa è innanzitutto figlia di una feroce
> dipendenza interpretativa che lascia pochissimo scampo individuale. La
> 'Comunità' è sorgente di assoluta autoreferenzialità, che poi si
> spande nelle sue diramazioni sociali. Una autoreferenzialità che è
> condizione necessaria per l'accesso e che delimita il 'sentimento
> comune'. Essere fuori dai riferimenti comuni significa essere fuori
> dalla Comunità, che però non rappresenta che sé stessa e non é che
> nessuno. La Comunità è una problematica costruzione carnale di un'idea
> politica alquanto impalpabile e sfuggente.
>
Il movimento del Software Libero ha come caratteristica di base che lo
struttura e lo definisce l'impegno intorno a un nucleo ridotto di
principi, semplici e diretti e noti a tutti. Su quelli rimane
strettamente focalizzato e ancorato in maniera se vogliamo
intransigente, ma sempre argomentata e discussa come mi sembri
riconoscere e in applicazione di una logica ben precisa, che è quella
di darsi poche regole chiare, fondanti e pure efficaci e lasciare su
tutto il resto la più ampia libertà di scelta del cosa e del come
farci col S.L.
E' un approccio, che per definizione non è l'unico possibile e come
tale si porta dietro vantaggi e limiti, dato che opera delle scelte di
priorità a scapito di altre. Però per quello che si prefissa di
ottenere ha successo e funziona. E comunque non costituisce solo la
strategia del movimento, ma l'essenza intorno cui è andato a
strutturarsi.
E' quello che per esempio determina il non vincolare la battaglia per
la libertà del software a considerazioni di altro ordine. Non perché
sia sconveniente o inaccettabile mischiare i piani, ma perché si
ritiene che sia un tipo di scelta da demandare a chi, individui o
gruppi, usufruisce del s.l. E questo ne sancisce la profonda e
trasversale penetrabilità ad ogni latitudine geografica e di pensiero.
Mi scuso di riepilogare maldestramente l'ABC della questione, ma
volevo approfittare del messaggio di Somma per porre un quesito che è
anche una considerazione. Non si capisce perché chi ha da criticare
l'atteggiamento prevalente della comunità o da introdurre punti di
vista diversi e che magari spaziano al di fuori delle solite quattro
mura, pensi sempre che il modo migliore di farlo sia cominciando col
mettere in discussione i fondamenti stessi della comunità. E siete
rigidi, e non vi compromettete e nel vostro isolamento trascurate
questo e quello, la GPL per come è formulata è controproducente, la
FSF scimmiotta la MS.
Non so, non mi sembra tatticamente intelligente, perché induce a fare
quadrato invece che ad aprirsi. Mentre nella comunità checché se ne
pensi credo che ci sia e consapevolezza dei propri limiti e voglia di
discuterne. Ma se si ritiene che la premessa della discussione sia
ribaltare il tavolo (dico dal punto di vista sostanziale, dei modi non
parliamo neanche) non si va molto lontano. Un po' come andare dagli
svedesi e dirgli: come popolo avete sbagliato tutto, ora cominciate
subito coll'abbandonare lo svedese a favore del portoghese e poi vi
spiegheremo il resto.
> Il SL è concreto nel concreto, per quanto è di codice, ma che si perde
> totalmente nell'astratto, quando il codice scompare e lascia il posto
> alle parole (e di tanto in tanto alle idee).
>
> Quale sia poi il rapporto tra la questa Comunità e la realtà credo
> che il Pot l'abbia spiegato fin troppo chiaramente: nessuno. Per uno
> sviluppatore di software libero è proprio dura sentirsi
> 'rappresentato' da una qualsivoglia combinazione lineare delle
> molteplici etichette che si levano, pretendendo o meno di
> rappresentare. Più facile sentirsi rappresentati dalle parole
> individuali o dalla risultante di un lavoro collettivo non
> interpretato.
>
Di questo sarebbe interessante parlare per esempio, ma come dicevo
prima non si può pretendere di sviscerare un argomento partendo con
già in mano la sentenza, la conclusione, la soluzione e la verità.
Nello spazio di un paragrafo. Realtà, società e pure comunità sono
termini astratti che varrebbe la pena di declinare tanto per
cominciare.
> Inoltre la comunità per lo più vive nell'assoluta incoscienza del sé
> e, quel che è peggio, nell'ignoranza dei rapporti sociali che dal sé
> promana. Non ne parliamo poi della minima etichetta sociale, quel
> galateo delle relazioni pubbliche e private che, esclusi pochi, è
> assolutamente un optional - come se seguire una buona idea (ammesso
> che lo sia, poi) permetta di derogare dal dire buongiorno e buonasera.
> Difetti del sentirsi Cavalieri dell'Ultima Crociata...
>
> Per qualcuno è una totale incapacità relazionale (ci sono ego
> sovragonfiati con i quali è impossibile qualsiasi punto di contatto
> che non preveda uno spillone), per altri è un concreto obbiettivo:
> promuovere una società dalle relazioni civili iper-semplificate per
> evitare di far ricadere nella responsabilità individuale scelte ed
> impegni collettivi.
>
Nelle attività pubbliche l'egocentrismo non è il vero problema, per
certi versi è una condizione data, la differenza la fa la capacità di
imbrigliarlo verso obiettivi comuni e politici.
> Per paradossale che possa sembrare (soprattutto vista la cagnara
> 'comunistica' che si fa attorno al software libero), l'etica fondante
> è tutt'altro che 'cooperativa' (come peraltro ben rappresentano le
> insofferenze normative dei softwareliberisti - che da libertario
> apprezzo moltissimo, ma coscientemente non di meno riconosco), quanto
> piuttosto molto 'laissez faire' (però nel perdukistan, non senza
> qualche ottimo motivo verrebbe chiamato anarco-capitalismo).
>
[...]
>
> Questo è il limite essenziale del rapporto organizzativo con il
> software libero per cui: buona l'idea: grande l'esternalità positiva:
> ottima la palestra ideale: licenze cooperative forse ineguagliabili:
> ma non illudiamoci che una condivisione con questi temi della prima
> ora abbia per ciò stesso creato una 'classe dirigente' della Società
> della Conoscenza pur se sostanzialmente costruita (o costruibile) su
> queste idee. Può aver costruito tecnici di buona levatura, alcuni in
> grado di sfruttare bene l'ecosistema, ma nel campo 'rappresentativo'
> c'è ancora molta strada da fare.
>
C'è moltissimo da fare, ma deve essere necessariamente FSFE a farlo?
Perché non emergono altri soggetti che coprano altri aspetti,
partecipazione, rapporti con le amministrazioni pubbliche,
insediamento sul territorio, coordinamento nazionale, che FSFE per
statuto o per volontà non segue? Certo una separazione netta di
competenze e ambiti è difficile da stabilire, ma sarebbe già qualcosa
pestarsi i piedi perché "operando" e "facendo" si sconfina nel
reciproco territorio, significherebbe che le cose stanno marciando.
Ora invece FSFE si trova per esempio a pensare ai Fellows come
possibile struttura di partecipazione _anche_ perché deve fare
supplenza ad altri soggetti che mancano all'appello.
> Il che immagino valga anche come risposta agli altri. FSFE, come guida
> del 'mondo libero', ha mostrato di non saper fare (anzi a vederla da
> dentro piuttosto di non voler fare, o di non aver ancora capito che
> fare -a differenza forse di FSF-NA).
>
[...]
>
> Ammettere questi 'organismi' come interlocutori è velleitario (poi in
> privato, possibilmente ad un tavolino sul pincio con bibita fresca,
> aprirei pure i miei cahier de doleance circostanziati, ma non è questo
> il luogo).
>
> Io credo che la direzione scelta dall'Assoli di oggi sia però
> significativa e importante. La appoggio incondizionatamente. Mi sembra
> sia ancora un po' confusa ma ci sarà tempo e modo di migliorare.
>
> D'altro canto direi che, da questo punto di vista, promuovere come
> modello politico la monodimensionalità tematica e monomaniaca dei
> softwareliberisti duri-e-puri fa un po' sorridere. Che si possa trarne
> spunto è ragionevole: l'influenza di Stallman-pensatore è
> incalcolabile e la rilevanza economica dello 'sporco lavoro' dei
> programmatori non più trascurabile.
>
Continuo a non capire perché si ragioni in un'ottica di esclusione
reciproca e non di complementarità, perché si consideri spalare letame
sui softwareliberisti come di buon auspicio per le proprie imprese. Ma
probabilmente se potessi dare una sbirciatina al libricino nero dei
torti e dei conti in sospeso mi sarebbe tutto immediatamente chiaro...
Apritelo sto cahier de doleances se è pertinente e utile. Se non lo è,
andate e moltiplicatevi, senza tante elucubrazioni.
> Ma dedurre da questi successi una totalità positiva della 'politica
> free' non è preoccupante solo nella misura in cui tale posizione è
> destinata 'per definizione' a rimanere settaria nella setta/comunità e
> ad essere diluita nell'inevitabile processo di confronto che deve
> provenire dalla sua apertura.
>
> E, giudizio strettamente personale -con tutto il bene che voglio a
> Stefano (e sui limiti di FSFE mi piacerebbe avere il tempo di
> tornare), per quanto mi riguarda, meglio mezzo Bertola che 43
> Maffulli. Se poi si può scegliere la metà preferirei quella che non
> parla su discussioni a ... ;-)
Sarà contento Stefano di saperlo, dopo averti fatto da sponsor in ogni
circostanza. Scegliersi gli amici è attività delicata e piena di
rischi.
Antonio
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