[Discussioni] a proposito di "Pirati in cerca di voti" su nòva 8 Giugno 2006

Emmanuele Somma esomma a ieee.org
Gio 8 Giu 2006 17:00:00 CEST


Avreste pubblicato una foto completamente mancante di un contenuto,
senza nulla sullo sfondo e completamente senza contrasto; insomma alla
vista completamente grigia? Allora perché trovo a pagina 2 di nòva di
oggi sotto il titolo 'Pirati in cerca di voti' uno spazio vuoto?

Così si presenta, agli occhi di un professionista, il bel pezzo di
bravura di oggi del dott. Rapetto sulla sicurezza informatica.

La rappresentazione di un universo onirico che fa a cazzotti con la
realtà fattuale, la verità tecnica, la sostanza scientifica. Ma
soprattutto viola il dovere di rappresentare con onestà, completezza e
correttezza i fatti. Ovvero ciò che ognuno che aspiri a diventare
giornalista dovrebbe ben rispettare.

Possibile che "Il Sole" sia arrivato a tal punto?

Il pezzo segue un solco già sperimentato, in Italia, da quello
'spaventoso' spot televisivo del 2000, su 'Copiare Software è Reato',
in cui un imprenditore, come molti in Italia –secondo i dati della BSA
oltre il 53%- si trovava a venir schiaffato in galera e in un
improbabile 'confronto all'americana' illegale alla luce delle leggi
italiane. Una situazione chiaramente rappresentativa di questa
immaginazione forcaiola che alligna nell'anti-pirateria.

Uno spot osannato dal Dr. Ardemagni, al tempo presidente di BSA, me
che, purtroppo per lui, fu accusato dall'avvocato del Giurì
dell'autodisciplina pubblicitaria di 'terrorismo informativo' e
ottenne, dopo la denuncia, la condanna come pubblicità ingannevole e
per lo sfruttamento della paura. Cieè il fallimento di un enorme
investimento pubblicitario, ma purtroppo nessun risarcimento per i
cittadini.

A chi devo rivolgermi ora per ottenere soddisfazione per lo 'spot' di Rapetto?

Il pezzo è una drammatizzazione inutile di un evento secondario su una
scena che vede fronteggiarsi un nucleo potente e limitato di aziende
multinazionali dell'intrattenimento e del software, i suoi cani da
guardia e… tutto il resto del mondo.

L'assoluta mancanza d'informazione fa specie.

La bella scrittura di Rapetto, impone un legame letterario tra la
pirateria marinara e quella digitale che, in termini tecnico-giuridici
è ignobile, offensivo e violento. I pirati sui mari, al tempo come
oggi, rubano saccheggiano ammazzano stuprano. I pirati digitali
(soprattutto quelli organizzati nel partito svedese), al più, tentano
di estendere a favore di una parte debole come l'utente finale la
portata di un contratto privato come le licenze di distribuzione del
software o della produzione audiovisiva. Anzi spesso pretendono solo
che venga garantito un uso accettabile equo dell'informazione che
comprano, come il poter prestare o regalare quanto hanno già comprato
e pagato. Mi chiedo se Rapetto veda la differenza!

Diverso è quindi il diritto che 'sognano' i padroni del vapore
digitali e questi esperti della sicurezza al servizio dei potenti, e
diverso è il panorama delle leggi in vigore nelle società moderne,
alle quali i giudici devono attenersi e a cui i giornalisti dovrebbero
riferirsi con onestà intellettuale.

Una differenza giuridica non irrilevante se è vero come è vero che la
stragrande maggioranza delle inchieste sulla pirateria digitale degli
scorsi vent'anni (dal tristemente famoso Fidobust dell'84) hanno
portato risultati modestissimi e si sono solitamente infrante su un
quadro legislativo e una considerazione giurisprudenziale di gran
lunga più equilibrata di queste fragili drammatizzazioni romanzesche.

Renderà qualcuno mai conto delle immani risorse sprecate dallo Stato,
a cominciare dalla Guardia di Finanza, per 'fare la guerra' a quello
che è un 'crimine senza vittime' e che, nella sua sostanza giuridica è
e rimane la rottura di un contratto privato. A parte il visibile
risultato di permettere a qualcuno di travestirsi da esperto di
informatica senza averne numeri e titoli, quali risultati ha
visibilmente prodotto questa politica di repressione indiscriminata?

Perché tali costi devono ricadere sulla collettività?

Perché gli imprenditori di altri settori non possono godere di questa
forma di protezione statale?

Non sarà forse il caso di verificare che questo non si tratti di una
forma di aiuto di stato anti-concorrenziale a favore di un unico
settore industriale (peraltro ben poco 'europeo')?

Non sarà invece che un giornalista onesto ed equilibrato avrebbe
cercato in questo 'Piratpartiet' l'espressione, per la prima volta in
forma organizzata e politicamente rilevante, di una richiesta
sostanziale di ottener riscontro per una politica che ha
indiscriminatamente e indisturbatamente violato in modo continuo e
sistematico i diritti civili e politici dei cittadini, la libertà
delle imprese piccole e medie a favore di pochi grandi colossi, il
senso stesso delle norme civili e penali e non da ultimo la libertà
d'espressione?

Già, perché venendo alla sostanza, indecente, del romanzetto
d'appendice messo su dal vostro esperto di sicurezza, è improbabile
che i siti abbattuti (ma che oggi sono di nuovo in linea, guarda un
po'...) contenessero 'il tesoro della pirateria multimediale e
cinematografica, là dove sono custoditi straboccanti forzieri dei
prodotti multimediali saccheggiati e scambiati con il sistema di
file-sharing Bit Torrent", poiché i server d'indicizzazione delle reti
Bit-Torrent mantengono solo le informazioni per identificare tali file
–e anche molti altri non necessariamente 'pirata'- ma non il contenuto
dei file stessi. Come una rivista del settore che rappresenta armi da
guerra non necessariamente è implicata in attentati terroristici,
siamo d'accordo?

Si può questionare se 'la libertà di link' attenga piuttosto alla
libertà d'espressione quanto alla diffusione illegale. Questionare....
ma non si può falsare l'informazione come ha fatto Rapetto omettendo,
tra l'altro, che tra i server sequestrati (sempre in modo
indiscriminato) figura anche quello dell'associazione politica
Piratbyrån (Pirate Bureau) che sosteneva pubblicamente nel parlamento
svedese, con pubbliche interviste sulla stampa e la televisione il
dibattito sul diritto di link, sulla libertà d'espressione e sulla
neutralità delle reti di trasmissione. Delle due l'una: o Rapetto non
si è informato, partendo per la tangente quando ha sentito le parole
chiave "pirati-sequestro" e ha messo giù un pezzetto facile facile
proponendo una visione ideologica e distorta dell'avvenimento, o
invece era informato e ha volutamente nascosto ai lettori queste
informazioni. Un bel dilemma adesso per chi deve decidere se
continuare ad ospitarlo sulle pagine del giornale.

Andavano forse sottolineate le pesantissime violazioni dei diritti dei
cittadini nel raid tanto amato da Rapetto, tra cui l'imposizione
all'azione proveniente dall'estero su pressione di un'associazione
privata (la MPAA), l'impegno diretto del potere esecutivo svedese, in
particolare del ministro Thomas Bodström, nella conduzione dell'azione
di polizia escludendo quello giudiziario, e quindi la diretta
violazione delle norme penali nazionali, l'indiscriminato sequestro
dell'intero rack di server, avendo un impatto su oltre 200 entità che
nulla avevano a che fare con piratebay.org.

Inoltre, in violazione alle norme professionali, l'arresto
dell'avvocato Mikael Viborg, legale dell'associazione, obbligato
illegalmente anche a fornire il proprio DNA (anche questa procedura,
prevista per violazioni penali, è illegale nei termini delle
imputazioni civili poi contestate).

Tanto per chiarire che l'obiettivo fosse la libertà d'espressione,
Henrik Pontén, portavoce della locale anti-pirateria (ovviamente
illegalmente presente al raid), commentando di persona la notizia ha
esplicitamente indicato (per poi indecorosamente smentirlo) che
obiettivo dell'azione non fosse uno specifico reato ma il ruolo
centrale che l'associazione colpita sta assumendo nella società
svedese nel contrasto all'ideologia della proprietà intellettuale
senza limiti.

L'obiettivo quindi sarebbe stato proprio il sito del Pirate Bureau, i
cui membri apertamente e pubblicamente, attraverso interviste
pubbliche sostengono i diritti digitali dei cittadini.

Non so se la presunzione di innocenza rientri nelle priorità morali
del giornale o del giornalista, non so se questo tipo di giustizia e
di diritto sia quello che i tempi moderni impongono alla nostra
società, non so se la condanna sommaria di Rapetto (che sono certo non
sarà mai seguita da una opportuna rettifica) sia l'ultimo livello di
giudizio del nuovo diritto d'autore prossimo futuro, sta di fatto che
–queste le premesse- avrei certamente manifestato anch'io a fianco del
Piratpartiet ritenendo la loro cultura di gran lunga più adeguata alle
regole scritte della nostra società.

Se questa è sicurezza (informatica)... è una bastarda scorciatoia
indegna di un paese civile.

Ah... ci fosse almeno un giurì dell'autodisciplina giornalistica a cui
appellarsi...

Scusatevi, che è il caso!

Ing. Emmanuele Somma
esomma a ieee.org
exedre a fsfe.org
http://exedre.xed.it



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