[Discussioni] "LA GPLv3 E' LEGALE IN ITALIA?"

Nicola A. Grossi k2 a larivoluzione.it
Gio 2 Ago 2007 17:12:11 CEST


Così titola in copertina "Linux & C"., la rivista nel cui ultimo numero 
si trova il tanto discusso editoriale di Tassone (che evidenzia: 
"obbligati alla libertà" (secondo Stallman)).

Il tema viene affrontato di un articolo di Monti (intitolato "GPLv3: 
licenza nuova, problemi vecchi") contenuto all'interno del prestigioso 
mensile (non posso farne una scansione perché il mensile sarà anche - 
come loro dicono - "la rivista leader in Italia su Linux e il mondo 
dell'OpenSource", ma purtroppo è proprietario).

L'articolo di Monti rincara, se possibile, l'editoriale ed analizza 
alcuni articoli della GPLv3.
In particolare, Monti sostiene che la GPLv3 stabilisce <<un meccanismo 
analogo a quello delle famigerate "licenze a strappo" tanto care 
all'industria del software proprietario>>. Secondo Monti la GPLv3 è <<un 
contratto per adesione (tipo quelli di banche ed assicurazioni) il che 
potrebbe privare di valore giuridico almeno alcune parti della nuova 
licenza>>.

Monti sostiene che la GPLv3 è un contratto per adesione perché introduce 
il concetto di "accettazione", in base al quale per ricevere il software 
l'utente non è obbligato ad accettare la licenza, ma se lo usa, allora 
la ha accettata. In pratica non c'è negoziazione: o accetti o non accetti.

Quando ho letto questo sono rimasto alquanto perplesso perché (benché 
abbia piuttosto chiare le problematiche relative ai contratti per adesione:
http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Contract/Lener-1996/93-13a2.htm) 
in nessuna licenza c'è negoziazione: o l'accetti o non l'accetti.

Quindi, non avendo capito cosa vuole dire Monti sul punto, non posso 
commentare.

Ma non è di questo che voglio parlare perché non è questa la parte 
dell'articolo di Monti che mi ha colpito di più:
infatti, Monti, diche che <<la GPLv3 non è uno strumento giuridico per 
regolare determinati rapporti economici, ma un vero e proprio "atto 
etico" che distingue i buoni dai cattivi">>.

Siccome il tema della forte componente ideologica della GPLv3 si 
presenta e si ripresenta (anche nell'editoriale di Tassone) come 
qualcosa di nefasto, vorrei chiarire un concetto fondamentale del 
diritto: il diritto poggia sull'etica.
La rilevanza giuridica di una norma è data dalla sua componente etica. E 
questo è tanto pacifico quanto autoevidente:
farsi la barba non è giuridicamente rilevante mentre rubare lo è per una 
semplice questione etica.
Ma veniamo al diritto privato.
Un'obbligazione (quindi un contratto ma non soltanto un contratto) è un 
vincolo giuridico volto al soddisfacimento di un interesse (DI QUALSIASI 
NATURA: SOCIALE, AFFETTIVA, CULTURALE, PSICOLOGICA, ECONOMICA...) 
attraverso una prestazione (questa sì, sempre e soltanto di natura 
economica).

Allora, se la GPLv3 è volta a realizzare gli interessi assolutamente 
legittimi ed assolutamente diffusi di una comunità o quelli di un 
singolo individuo perché mai non si tratterebbe di uno strumento 
giuridico ma di un "atto etico"??

E che caspiterina è un "atto etico"? Boh!

Tassone, inoltre, quando tratteggia un immaginifico futuro e dice che la 
GPLv4 conterrà una clausola che vieterà l'uso del software nei paesi in 
cui c'è la pena dimorte, dimostra di non sapere che le c.d. "licenze 
etiche" sono sempre state fumo negli occhi per FSF, la cui unica 
preoccupazione resta la libertà del software.

Allora chi è che fa politica a sproposito? La GPLv3, che, come ogni 
strumento giuridico degno di chiamarsi tale, tutela interessi legittimi, 
oppure chi, pur chiamato ad esprimere un parare giuridico oggettivo, si 
addentra in constatazioni di natura puramente ideologica?

bye
n a g


p.s.
Ovviamente chi vuole leggere l'intero articolo deve acquistare la 
rivista perché io non glielo passo sottobanco. ;-)







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