[Discussioni] Re: cassazione sul software "uguale"

Nicola A. Grossi k2 a larivoluzione.it
Mar 27 Feb 2007 02:16:33 CET


Ad una prima impressione, frutto di una lettura veloce, mi sembra che non ci 
sia nulla di nuovo sotto il sole. 

La Cassazione dice:
"la creatività e l’originalità sussistono anche qualora l’opera sia composta 
da idee e nozioni semplici, comprese nel patrimonio intellettuale di persone 
aventi esperienza nella materia propria dell’opera stessa, purché formulate 
ed organizzate in modo personale ed autonomo rispetto alle precedenti". 

In linea con la Corte d'Appello, che diceva, più ambiguamente:
"l’innovazione risiede nella capacità di adattare l'architettura applicativa 
al caso ed all’ambiente tecnologico specifico". 

Venendo all'articolo:
"Cassazione: un software uguale ad un altro è originale" non l'ha scritto 
D'Agostini, ma PI. 

Tuttavia D'Agostini, secondo me, pur partendo bene (dice che la Cassazione 
*precisa* il concetto di originalità, non dice che lo stravolge), compie un 
passo falso quando parla della "virgola" (comunque virgolettata, perdonate 
il bisticcio):
"in pratica prendo un programma, ne cambio una "virgola" ed ecco il prodotto 
nuovo!". 

Una virgola in un codice sorgente che cos'è? 

Una riga di codice? 

E' chiaro che la Cassazione per "idee e nozioni semplici" non intende una 
riga di codice (altrimenti sai che spasso: basta aggiungere una riga e il 
gioco è fatto). 


Quando la Corte d'Appello scrive:
"tutti i prodotti software che risolvono la stessa esigenza applicativa (nel 
caso in esame: controllo del carico degli automezzi nei depositi 
petroliferi) presentano una architettura di base che è comune alla maggior 
parte dei sistemi dì controllo dei processi industriali", D'Agostini 
commenta:
"Quello che più lascia perplessi è che nella consulenza tecnica si legge 
addirittura che i due software erano pressoché identici, cioè presentavano 
la medesima architettura". 

Secondo D'Agostini, quindi, due software con architettura di base comune 
sono pressoché identici. 

Ma il software non è come un romanzo: con un software tu puoi raccontare la 
stessa storia, ma con altre parole. 

Questo concetto non è condiviso da D'Agostini:
e non è un caso che D'Agostini si meravigli del fatto che la giurisprudenza 
distingua tra opere espressive ed opere funzionali, accordando alle prime 
una disciplina analoga ma, ovviamente, più "garantista". 

Quest'ultimo è un punto fi vista, che forse ha preso troppo campo 
nell'articolo di D'Agostini, apportando ad esso la nota stonata (rectius un 
arpeggio) di cui sopra. 


Saluti,
n.a.g. 





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