[Discussioni] soldi pubblici e ricerca

Francesco Potorti` pot a potorti.it
Gio 14 Giu 2007 09:59:04 CEST


Antonio Russo:
>Io non so se Microsoft ha tanti soldi da spendere, la verità è che a
>Trento non ci ha messo neanche una lira!!
>
>http://softwarelibero.it/delucidazioni-sul-trasferimento-di-fondi/

Affascinante.  Vivi complimenti a te, agli altri autori e
all'associazione che in questo lavoro vi ha sostenuto.

>Si accettano volentieri i commenti. 

Che dire?  Ce ne sono tanti, e riguardano i modi di finanziamento della
ricerca, su cui molte cose so e moltissime non so, e i modi di
divulgazione dei risultati, su cui so un po' di più.  Il seguito è molto
lungo, e interessante solo per chi si interessa di ricerca.

Nel caso di Trento, credo che MS sia stata abile a mettere sul piatto il
nome, il prestigio del marchio MS Research, e l'investimento iniziale di
1ME e passa, che è servito a far partire la cosa e tenerla in piedi fino
all'arrivo dei finanziamenti statali.  Anche se alla fine se li
riprenderà, per il momento sono comunque un bel po' di soldi messi sul
piatto, che probabilmente hanno contribuito non poco a svegliare
l'interesse delle Università e della Provincia.  La provincia immagino
che abbia visto la possibilità di usare il centro come volano di
sviluppo locale, e le università hanno visto l'occasione del tanto
cercato e troppo poco spesso trovato (in Europa e soprattutto in Italia)
rapporto con le industrie, quello che crei un collegamento fra chi
ragiona con la testa per aria e non vede cosa c'è sotto e quello di chi
sta coi piedi per terra ma avanza a tentoni.  Tutte queste sono pure
ipotesi sulle motivazioni, ipotesi credo verosimili basate su quello che
mi vedo intorno.  Continuando con le ipotesi, MS è stata abile a far
leva su questo scenario, riuscendo a tirar su un centro di ricerca a
bassissimo costo, forte ritorno di immagine e speranze di tirarne fuori
qualcosa di utile di cui è nella posizione di essere l'unica a potere
approfittare per fini commerciali.

Io sono stato e sono coinvolto in diversi progetti di ricerca europei,
ma non essendo mai stato responsabile di un grosso progetto non ne ho
mai analizzato in dettaglio il bilancio.  Vi posso raccontare quel che
vedo e che sento.  

I grossi progetti sono finanziati dal MIUR e dall'UE.  Quest'ultima
finanzia soprattutto due tipi di progetti di ricerca: accademici e
industriali.  I primi hanno come partner solo enti di ricerca, i secondi
hanno anche enti di ricerca, ma la parte principale è di una o più
industrie, e sono generalmente finalizzati ad una realizzazione,
solitamente prototipale.  In entrambi i casi, la UE mette dei soldi a
fronte di un'analogo impegno finanziario dei partecipanti (con quote
variabili a seconda del tipo di progetto e di partecipante).

Per gli enti di ricerca la quota conferita a fronte del finanziamento UE
consiste di solito nel costo del tempo dei ricercatori: io lavoro due
mesi l'anno per quel progetto, i miei due mesi costano tot, questa è la
quota che mette l'ente di ricerca, a fronte della quale la UE mette una
cifra analoga, che viene principalmente usata per pagare i contratti di
giovani (e meno giovani...) ricercatori.

Per le industrie la quota conferita consiste analogamente nel costo di
persone che lavorano e costi di sviluppo.  Qui ho le idee ancora meno
precise, ma ad esempio l'azienda si impegna a produrre il tale
prototipo, con la collaborazione sceintifica o industriale degli altri
partner.  Avviene che il tale prototipo è in realtà in buona parte già
esistente (sviluppato internamente dall'industria), e la parte di costo
messa in conto dall'industria è stata già spesa.  Per cui in pratica la
quota messa dall'industria è in parte fittizia.  Non so valutare quanto
sia diffusa questa pratica e quanto incida sui costi, ma credo sia
frequente.  E non saprei neanche dire se è sbagliata.  Se, come credo, è
frequente, è un modo indiretto di finanziare le industrie innovative:
quel che fece Reagan con le guerre stellari cerca di farlo la UE con i
progetti di ricerca, almeno questa è la mia opinione, non corroborata da
fatti, ma da impressioni.

Per quanto riguarda i beneficiari delle conoscenze acquisite, la cosa è
quanto mai varia.  Gli articoli scientifici sono pubblicati su riviste e
atti di congresso, e sono quindi liberamente disponibili, seppure a non
basso costo.  Nella pratica, il costo è nullo nella gran maggioranza dei
casi, anche per chi non ha accesso alla biblioteca di un ente di
ricerca, perché le licenze della maggior parte di riviste e congressi
permettono agli autori di pubblicare l'articolo sulle proprie pagine
personali, e molti autori lo fanno.  In pratica, se cerco un articolo,
la maggior parte delle volte faccio prima a trovarlo con Google che in
biblioteca.

Per quanto riguarda il software, spesso quello prodotto da parte
accademica semplicemente si perde, perché non supera mai la fase di
prova di concetto, non viene pubblicato perché non è in una forma
presentabile, o semplicemente per ignoranza o pigrizia, o per una forma
di avidità a priori, del tipo «se lo vogliono devono pagare», ma
ovviamente nessuno paga per qualcosa che non è pubblicizzato e spesso
funzionicchia soltanto.  Così si perde tanto software con cui sono stati
ottenuti dei risultati pubblicati, ma di cui il sorgente in qualche caso
sarebbe utile.

Il software utile, invece, segue strade diverse.  Qualcuno lo pubblica
con una licenza libera o senza alcuna licenza, e lo lascia lì.  Qualcuno
cerca di diffonderlo gratuitamente o di farne un prodotto commerciale.
l amggior parte del software utile è prodotto nell'ambito di progetti
assieme a partner che hanno il naso per gli affari, come le industrie o
istituti di ricerca a ciò abituati (Fraunhofer, ad esempio), e spesso è
soggetto a forti restrizioni sulla divulgazione, e se è possibile è
brevettato, anche se non ho mai visto personalmente alcun caso di
brevetto.



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