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Roberto A. Foglietta roberto.foglietta a gmail.com
Mar 15 Maggio 2007 10:12:13 CEST


Il 14/05/07, Davide Dozza<davide a flossconsulting.it> ha scritto:
> RoSourceforge wrote:
> > Ottima cosa !! Adesso però bisogna insistere, mica funziona la comunicazione
> > se è sporadica.
>
> [...]
>
> Sentite, conosco il buon Enrico Pagliarini perchè mi ha già intervistato
> altre volte. E' disponibile e soprattutto curioso ed aperto alla tematica.
> Però vi dico subito che bisogna essere *molto* pragmatici e *molto*
> pratici. Scordiamoci la purezza. E' una trasmissione per la gente comune
> quindi è necessario a volte far di necessità virtù.

 Alcuni frasi "semplice" che ha raccolto consensi sono state:

 il mercato è quello di duemila anni fa dove chi scendeva in piazza lo
faceva per cedere qualcosa di cui aveva in abbondanza per ottenere
qualcosa di cui aveva necessità. I soldi e tutti gli strumenti
successivamente inventanti avrebbero dovuto semplificare l'accesso a
questo mercato.

 Invece l'abnorme concentrazione di capitale e legislazioni
iper-protezionistiche su quelle che vengono oggi definite proprietà
intellettuali rappresentano un costo d'ingresso che è intenibile per
le piccole imprese.

 Il concetto stesso di proprietà intellettuali è aberrante in quanto,
senza distinzioni, vuole trasmettere il messaggio che le idee possano
in qualche maniera godere di alcune caratteristiche degli oggetti
materiali. E' esperienza quotidiana che se mettiamo un oggetto
materiale nella piena disponibilità di chiunque questo si deteriora, è
parzialmente accessibile o sparisce del tutto. La proprietà privata
garantisce che ogni risorsa materiale abbia un fruitore che ha anche
tutto l'interesse di preservarla il più a lungo possibile.

 Per le idee è esattamente il contrario esse diventano sterili se
vengono isolate. Se io ho un idea buona e la cedo a un amico allora io
non perdo l'idea e il mio amico ha un idea nuova. Se l'amico è in
grado di migliorarla condividesse con me questo miglioramento allora
saremmo in due ad avere un'idea migliore. La società deve garantire lo
scambio di idee e sovvenzionare la condivisione perché la nostra
civiltà, il nostro avanzamento scientifico e in ultima analisi la
nostra stessa sopravvivenza su questo pianeta hanno dipeso e oggi più
che mai dipendono dalla possibilità di migliorare le idee.

 Se per i brevetti industriali e medicinali la stessa materialità ci
assicura che sia stato necessario investire grandi capitali per
l'innovazione e che tale innovazione debba essere protetta, attraverso
una formalità lunga e laboriosa, per 20 anni non si capisce perché
invece i libri, la poesia, la musica e il software che sono beni
immateriali in quanto prodotti della creatività umana debbano essere
tutelati per 70 anni.

 Forse si è ritenuto che queste idee contenute in musica, libri e
software fossero meno incisive per il progresso della nostra civiltà e
meramente legate all'attività ludica e ricreativa. Ebbene dobbiamo
ricrederci perché nell'era dell'informazione e delle telecomunicazioni
proprio le idee astratte e il software sono il motore della nostra
innovazione. Proteggere queste idee come se fossero cose materiali le
snatura, le sterilizza e le uccide. Chi è contrario alla libertà delle
idee porta come motivazione l'eventuale crollo dei bilanci di grandi
aziende ma se abbiamo fiducia che il mercato sia un luogo di scambi e
non di capitali non dovremmo preoccuparci che questo ridimensionamento
porti necessariamente alla recessione piuttosto a ridistribuzione
delle risorse economiche e a una maggiore vitalità degli scambi e del
progresso complessivamente.


 Ciao,
-- 
/roberto



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