[Discussioni] nuovo concetto: inquinamento informatico
Roberto A. Foglietta
roberto.foglietta a gmail.com
Ven 25 Maggio 2007 09:42:29 CEST
Il 24/05/07, Antonio Russo<antonio a softwarelibero.it> ha scritto:
> Il giorno gio, 24/05/2007 alle 15.30 +0200, Roberto A. Foglietta ha
> scritto:
>
> > Partner troppo grandi per molte piccole aziende italiane. Questo IMHO
> > è il motivo principale per cui varrebbe la pena di fare un contenitore
> > (magari futuro consorzio) che raccolga le imprese che offrono servizi
> > basati su software libero.
>
> Arrivi in leggero ritardo, il consorzio esiste già da 3 anni :-)
> http://www.consorziocirs.it/
Il fatto di partire da contenitore e poi diventare consorzio oppure
viceversa non portano allo stesso risultato. Infatti tu hai catalogato
un centinaio di aziende che operano nel software libero mentre lì ve
ne sono 9. Se le altre 91 aziende formassero un contenitore
probabilmente sarebbero le 9 iniziali a doversi spostare nel
contenitore delle ultime arrivate (è successo un milione di volte che
i precursori siano poi stati superati da quelli arrivati in ritardo ma
che hanno saputo sfruttare il "momentum" piuttosto che l'anticipo).
<joke> Se poi qualcuno pensa che questa sia un'ingiustizia sappia che
in fondo l'universo è musica e nella musica conta la capacità di
andare a tempo. </joke>
La velocità con cui un contenitore riesce ad espandersi è una
funzione esponenziale del numero dei contenuti. Quasi piatta
all'inizio, molto ripida nel mezzo e quasi piatta quando si è prossimi
ad aver incluso tutti quelli "aventi le caratteristiche o interesse".
Di solito poi per cresce ancora bisogna allentare i paletti (cioè le
discriminanti d'ingresso) e questo processo di allargamento dei
paletti porta in genere alla dissoluzione dell'ente stesso. Ecco
perchè invece la rivalutazione in consorzio è una strada alternativa
all'allargamento infinito: crescita in verticale, capacità di
differenziazione, valore aggiunto.
La letteratura economica principalmente di provenienza americana (io
non sono aggiornatissimo, parlo di volumi considerati attuali, scritti
10 anni fa e passati per essere i migliori) sostengono che
l'importanza di un contenitore è una funzione polinomiale del numero
dei contenuti. In realtà nella medesima letteratura è perfettamente
spiegato e compreso il concetto di commodity per il quale un servizio
o un bene si dà per scontato e quindi diventa un diritto e quindi non
si riesce a vendere di per se` (e qui nasce la teoria del valore
aggiunto, cioè della differenziazione in termini pratici o immaginari
[1]). Senza voler mettere in dubbio questi autori la mia sensazione è
che tale importanza (polinomiale) sia da moltiplicarsi per la derivata
del numero (tasso di crescita). Ora è vero che io sto confondendo
importanza con valore (inteso come differenza fra costo e venduto) ma
in ambito di PR (perchè un contenitore come quello proposto dovrebbe
avere lo scopo di fare da cassa di risonanza) le due cose sono
pressoché equivalenti.
[1] avere un orologio o più in generale sapere che ora è, è una
commodity in quanto nessuno chiederebbe un soldo per dire l'ora. Ma se
vuoi l'ora esatta al picosecondo la paghi (precisione = valore
aggiunto) altrimenti un quarzo da 5 euro comperato su una bancarella
basta e avanza. Il Rolex d'altronde non vende un orologio ma uno
status simbol e il valore aggiunto è in tante cose (meccanica,
precisione dei paricolari, gusto, manifattura) che comunque non sono
più (una volta lo erano) una necessità pratica ma "un mito", cioè
immaginazione.
Ciao,
--
/roberto
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