[Formati] Definizione e obiettivi

Simo Sorce simo at softwarelibero.it
Sun Jan 30 09:51:13 UTC 2005


On Fri, 2005-01-28 at 18:10 +0100, Mirko Maischberger wrote:
> Per definizione pragmatica intendevo una definizione che parte 
> dall'esistente (elenco di quelli che riteniamo essere formati liberi) e 
> prova a darne una definizione per sintesi.

SI, l'avevo intuito, e la ritengo una posizione perdente e soprattutto
una posizione che pone il fianco ad inconsistenze a breve termine e a
lungo termine.

> Per me POSIX, IEEE ed ISO oltre che chiaramente ECMA, IETF, oasis, ecc. 
> sono tutte ottime fonti di documentazione per formati dati liberi, ma 
> non tutte lo sarebbero se dessi la definizione a priori, senza curarmi 
> dell'esistente.

Secondo me stai confondendo formato standard con formato libero (anche
perché l'ultimo non è neanche ancora definitivamente definito :-)

> Molti dei formati che oggi -- magari con leggerezza -- ritengo liberi 
> non sarebbero tali se visti dall'alto della definizione che vorrei dare 
> a "formato libero". Da cui la domanda iniziale...
> 
> Lo stesso ASCII-7, se non ci fosse l'ECMA, ma solo ANSI, ISO, UNI, ecc. 
> non sarebbe un formato libero... e non lo è sotto quel nome, ma sotto 
> quello di ECMA-6.

Non importa il nome che dai al formato.

> In qualche modo si potrebbe pensare a chi compri le specifiche e le 
> implementi con licenza libera come ad una specie di liberatore di 
> formati... Quindi un formato potenzialmente non libero (perché 
> rilasciato con specifiche a pagamento) potrebbe diventarlo se lo 
> implementassi come software libero...

Se leggi il documento postato vedrai che il fatto che le specifiche
siano distribuite a pagamento non è una pregiudiziale per la libertà del
formato.

> Per radicale (termine che non uso mai in senso spregiativo, scusa se 
> continuo ad usarlo, ma per ora non me ne viene un altro) intendevo 
> appunto una definizione puramente di principio, ma che mi lascerebbe, ad 
> oggi, con molti molti meno formati liberi che non formati utilizzabili 
> con software libero.

Non importa, quando fu definito il "software libero" pensi ce ne fosse
veramente molto in giro? e quando fu definito il copyleft? :)

> Personalmente mi andrebbe anche bene, non fraintendermi, ma forse non 
> sarebbe la mossa politicamente più azzeccata per aumentare la diffusione 
> del software libero.

Le dichiarazioni di principio non vengono a patti con il contingente,
altrimenti non si possono chiamare "di principio".

> Il programmatore ha sempre accettato l'onere di dover comprare 
> documentazione, anche Linus credo abbia pagato le specifiche POSIX, ciò 
>   rende il kernel meno libero? La verità è che la risposta non la so.

Ripeto che la gratuità o meno delle specifiche non è (entro certi
limiti) pregiudiziale di per se stessa alla libertà del formato.

> > Io mi atterrei alle caratteristiche del formato, più che al fatto che
> > esistano software o validatori. Altrimenti un formato non sarà mai
> > libero finchè non viene implementato (e si rischia che non venga
> > implementato perchè non è libero :-)
> 
> In realtà, anche se sinteticamente, stavo provando ad esporre un punto 
> di vista piuttosto complesso che non credo possa essere liquidato così 
> facilmente :).

Stavi definendo delle linee pragmatiche, un po' come cercare di scrivere
la GPL prima di definire cos'è il software libero, secondo me non è il
punto di partenza giusto.

> Il problema che poni per me non è corretto: anche un software libero non 
> è libero finché qualcuno non lo implementa.

Finché qualcuno non lo implementa non è software, quindi non ha senso
parlare di libertà o meno di qualcosa che non esiste. Mentre un formato
esiste dal momento in cui ne fai una descrizione, se a questo per farlo
diventare libero aggiungi altri obblighi (avere del sw o dei validatori)
stai sviando dal descrivere quali caratteristiche devono avere le
descrizioni e ciò che le regola.

>  Aggiungi poi che parlare di 
> libertà del formato è come parlare di libertà delle idee... credo che 
> sia per questo che la definizione è sfuggente.

In parte si, m un formato è qualcosa di ben più concreto di un'idea.
Prova a prendere le specifiche del TCP/IP e vedrai che ci sono notevoli
differenze tra semplici idee e un formato consolidato e completamente
descritto.

>  Da questo punto di vista, 
> se non ci sono brevetti pendenti, un formato è "libero" anche se non 
> documentato.

I brevetti possono essere un problema ma non lo sono per forza, dipende
tanto da quali obblighi pongono a chi deve implementarlo/usarlo il
formato.
Un formato segreto è altrettanto non-libero.

>  Perché un formato invece sia facilmente "portabile" a 
> software e a piattaforme diverse possono essere necessarie molte altre 
> caratteristiche accessorie.

La difficoltà tecnica non è un parametro di cui mi preoccuperei nella
stesura dei principi, quello che conta è la "difficoltà legale".

> Il validatore è sicuramente un "accessorio" importante, infatti mentre 
> per il software la maggior libertà è quella di poterlo cambiare, per un 
> formato la miglior garanzia è che non cambi troppo spesso.

Qui tocchi un nervo scoperto. Un formato, _secondo me_, quando è libero
deve anche permettere derivazioni a patto che sia chiaro ed evidente a
tutti che ciò che si è derivato è un'altra cosa.

>  Almeno 
> fintanto che, in Europa, la possibilità di modificare un formato sarà 
> garantita a tutti e indipendentemente dalla volontà di chi lo ha creato 
> (sempre salvo brevetti). Pensa poi al valore che ha avuto il validatore 
> per la rinascita di HTML e il freno che ha messo alle tendenze ad 
> "estenderlo" autonomamente di Netscape prima e di Microsoft poi.

Il validatore è uno strumento per capire se un particolare file aderisce
ad una specifica di formato, non definisce il formato in se.

> Un esempio calzante a questo proposito è RTF: inutile dire "se è 
> documentato è libero", se poi non esiste un modo per verificare che il 
> software proprietario che lo implementa, che è di fatto 
> l'"implementazione di riferimento", lo faccia correttamente. RTF, per 
> come è implementato, è libero poco più del .DOC.

Invece avrebbe senso, quello che bisognerebbe poter fare è costringere
chi ne fa derivati non conformi E non liberi a cambiare nome, a non
poter dichiarare di generare documenti .rtf, in quesot caso il
validatore è uno strumento utile a capire se c'è o meno violazione ma è
solo uno strumento accessorio, non deve rientare nella definizione di
principio, ma in una successiva serie di best-practice o cose del genere
IMHO.

> >>Una definizione più pragmatica potrebbe essere: "un formato dati è 
> >>libero se è possibile adottarlo in un prodotto software libero, senza 
> >>restrizioni e senza ricorrere a tecniche di reverse-engineering".
> > 
> > 
> > Questa definizione è molto scivolosa è necessario definire ben bene cosa
> > vuol dire: "è possibile adottarlo in un prodotto software libero".
> 
> Beh, sì, tieni conto che sono solo embrioni di proposta. Servono più che 
> altro a me per riaprire la discussione da un qualche punto di partenza e 
> capire la direzione che la lista vuole prendere...
> 
> Comunque quale termie non ti convince e perché? "adottarlo"?
> O ti riferisci al fatto che non si faccia riferimento al 
> "gratuitamente"? (beh... questa era la versione pragmatica :)

No, mi riferisco al fatto che OOo, ha "adottato" .doc, .xls, .ppt, ma
non per questo i formati suddetti sono più liberi. Sarebbe lo stesso se
fossero documentati bene ma coperti da brevetti con licenza non-RF.

> Non l'avevo notato, forse lo dovrei rileggere meglio. È la stessa 
> versione che c'è su cvs?

Credo di si, ma controllerei.

Simo.

-- 
AsSoLi - Associazione Software Libero
email: info at softwarelibero.it
website: http://www.softwarelibero.it



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