[Diritto] Software libero sviluppato da dipendenti delle PA
Marco Ermini
diritto@softwarelibero.it
Tue, 30 Apr 2002 14:35:22 +0200
On Tue, 30 Apr 2002 11:35:18 +0200, Marco Pantaleoni <panta@elasticworld.org>
wrote:
> Che io sappia, un contratto con un libero professionista che non preveda
> un rapporto da lavoro dipendente non puo` imporre orari di lavoro come
> non puo` imporre il luogo di lavoro (ovvero non ti possono dire che
> devi lavorare nel loro ufficio, quindi tantomeno possono dirti che devi
> lavorare dalle 8.30 alle 17.30, tanto per fare un esempio). Il fatto che
> un contratto dica il contrario non significa che il contratto non contenga
> delle clausole non valide, se la legge sostiene l'opposto.
> Ripeto, non sono un esperto in materia legale, mi farebbe piacere se
> qualcuno piu` accreditato di me potesse gettare luce sull'argomento.
Infatti non sei un esperto :-)
Non vedo proprio per quale motivo tu non debba specificare dove si debba
svolgere il lavoro ed in che orari. Rigiro ancora la questione: un libero
professionista puo' presentarsi in ufficio dal cliente all'ora che piu' gli
pare e piace? sarebbe assurdo.
Ovviamente non deve timbrare il cartellino (anche se pure questo non e'
affatto vero, visto che in moltissimi luoghi, soprattutto grandi aziende e
banche, anche ai consulenti viene consegnato il cartellino e certamente
vengono considerati diversamente consulenti che arrivano alle 8:58 piuttosto
che alle 9:36) e magari puo' fatturare anche i giorni che lavora da casa sua,
ma solo se questo e' compatibile con l'attivita' che deve svolgere e se il
cliente e' d'accordo. Se l'ufficio del cliente e' inaccessibile al di fuori
dell'orario di ufficio ed il consulente deve per forza utilizzare un
macchinario del cliente, gioco forza dovra' adattarsi a luoghi e tempi, ed il
contratto lo deve prevedere.
Forse c'e' una visione un po' "romantica" della libera professione (e la mia
ultima precisazione che tu non hai ritenuto attinente serviva in parte a
smitizzare questa visione). Il libero professionista non e' soltanto il guru
mega-ingegnere che arriva a risolvere la situazione impossibile, oggi la gran
parte degli informatici con una certa specializzazione lavorano come
consulenti ma questo non significa che non lavorino assieme a dei dipendenti
con mansioni in pratica assimilabili (la differenza pratica tra un
programmatore dipendente ed un programmatore consulente in pratica e' solo che
il consulente prende piu' soldi).
> > 2) qualcosa del tipo "pur non dovendo sottostare ad alcuna gerarchia, il
> > collaboratore dovra' rispettare le strutture gerarchiche del cliente" o
> > qualcosa del genere. Ovviamente se non riesci nemmeno a renderti conto
> > dove vivi...
>
> Questa poi non riesco nemmeno a capirla. In termini pratici che significa?
> Credo che anche questa non abbia nessun valore pratico.
E' il contrario: non significa molto in termini legali (anche se viene
comunque giustamente nominato en passant nel contratto) ma significa
moltissimo in termini pratici. Significa che se tu lavori come consulente in
una banca, affiancandone per esempio i dipendenti in un lavoro di sviluppo,
non andrai a riferire i dettagli tecnici al responsabile quanto piuttosto ai
dipendenti della banca, mentre con i dipendenti non discuterai le tue
questioni tariffarie mentre lo farai con il responsabile; significa che un
ordine dato da un dipendente puo' essere "sovrascritto" da un ordine dato da
un responsabile; e cosi' via. Significa che devi saperti muovere nell'ambito
in cui lavori altrimenti duri poco e la tua societa' di consulenza ti dovra'
sostituire...
> > 3) ci sara' scritto "il collaboratore non dovra' copiare illegalmente gli
> > strumenti software forniti dal cliente per lo svolgimento del proprio
> > lavoro" o qualcosa di simile, oltre all'indicazione ovviamente che e'
> > vietato lavorare contemporaneamente per clienti concorrenti.
>
> Mi sembra senza senso. Un contratto deve dire esplicitamente che non puoi
> compiere azioni illegali (come copiare software proprietario)?
> Assurdo secondo me.
Non e' assurdo. Per esempio: ti fai comprare Dreamweaver da un cliente per
potergli fare delle pagine Web, ma poi lo utilizzi _anche_ per un altro
cliente. E' giusto secondo te? Riflettici e mettiti nei panni di chi ha speso
soldi per comprarti il software.
> Nutro dubbi anche sulla liceita` di una clausola che ti obblighi a non
> lavorare per altri.
Calma: *non* lavorare _per altri_ in senso generico, ma lavorare
*contemporaneamente* per la concorrenza. Mentre io sviluppo una macchinetta
videopoker per una certa ditta, non posso di sicuro sviluppare un prodotto
simile per un'altra ditta concorrente!! Al di la' che nel contratto mi sia
vietato esplicitamente, posso essere denunciato per spionaggio industriale e
non a torto!!! Quindi e' giustissimo avvertire il consulente ed e' giustissimo
che in primo luogo la cosa venga prevista fin dal contratto di consulenza.
Certo che se io voglio fare il sito internet della Regione Toscana e
contemporaneamente il software gestione fornitori del Nuovo Pignone, e'
evidente che nulla me lo puo' vietare e non c'e' nulla di male.
> > Quindi, non puoi fregarti l'MSDN del cliente per installare Windows ai
> > tuoi amici, o presentarti in ufficio alle 21 quando la gente assieme a cui
> > dovresti lavorare fa orario di ufficio. Certamente puoi gestire il tuo
> > tempo nei limiti in cui riesci a svolgere la tua attivita', ma dire che
> > non hai vincoli e' decisamente errato - anzi, ho sentito di consulenti con
> > vincoli persino piu' stringenti di quelli di un dipendente, tipo che
> > dovevano fare un tot minimo di ore annue presso il cliente!!!
>
> Quello che si sente in giro conta relativamente. Ho visto bambini cinesi
> di 6 anni lavorare in una cantina dieci ore al giorno, ma cio` non significa
> che sia legale.
Non si tratta di "sentire in giro" ma di gente che conosco bene. E
l'assistenza non c'entra un tubo, visto che i consulenti non li usi certo per
fare "assistenza", salvo rari casi, ma in genere per lo sviluppo. I contratti
di assistenza non si fanno mai ai singoli, si fanno con delle aziende.
> Tornando alle ore di lavoro, penso che invece sia lecito fare un contratto
> che preveda un certo numero di ore annue da dedicare al cliente (una
> specie di "supporto tecnico": il cliente paga il tuo lavoro a ore e ne
> compra in anticipo un certo numero). Ben diverso dal prevedere che tu
> sia nel suo ufficio dalle x alle y ogni giorno.
Peccato che questo significa che il tizio, per adempiere il suo contratto,
dovra' lavorare sabati, domeniche e giorni festivi, ricadendo cosi' ampiamente
nella tua categoria dei "bambini cinesi".
Mi risulta assai strano il tuo modo di ragionare, per cui sarebbe piu' grave
dover lavorare dalle 9 alle 18 come tutti i cristiani che richiedere un tot di
giorni annui. Chiedere un tot di giorni annui ad un consulente e' gravissimo,
perche' impone dei vincoli tipici di un rapporto di lavoro dipendente ad un
rapporto di lavoro che *per definizione* lavoro dipendente NON E', e va contro
gli interessi sia del consulente che (secondo me), alla fine, pure del
cliente; la cosa puzza decisamente di sfruttamento perche' il cliente vuole in
pratica ottenere un dipendente, senza dover pero' adempiere agli obblighi che
avrebbe assumendo una persona.
Invece, richiedere che il consulente si adatti agli orari di lavoro del
cliente e che lavori nei suoi locali e' una cosa piu' che naturale, visto che
il cliente deve quanto meno verificare l'attivita' del consulente, oltre che
fornirgli gli strumenti con cui lavorare.
ciao
--
Marco Ermini
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