[Diritto] IP: segnalazione sito interessante

Carmine Malice instarvega_capitanlug at yahoo.it
Mon Apr 12 22:25:34 CEST 2004


Simo Sorce ha scritto:
> [...]
> 
> La visione politica e sociale della giustizia è fondamento di uno stato
> sano, l'appiattirsi infatti senza riflessione sull'uso delle leggi
> esistenti senza adeguarle alla situazione poitico-economico presente non
> è altro che il segno distintivo di una civiltà cadente che si ripiega su
> se stessa e in generale di tutti i movimenti denominati appunto
> conservatori. Così come per la rivoluzione industriale e tutte quelle
> precedenti, è necessario riconsiderare tutte le normative relative alla
> luce della nuova rivoluzione informatica.

La logica conseguenza di una "visione politica e sociale della
giustizia" e dell'"uso delle leggi esistenti" adeguandole "alla
situazione poitico-economico presente" sarebbe l'indirizzamento delle
regole e della loro applicazione verso il favoreggiamento di realta'
corporative quali la Microsoft: difatti sono tali realta' che allo stato
attuale determinano i concreti assetti ed equilibri (transeunti)
dell'economia, della societa' e della politica, essendo la situazione
politico-economia direttamente influenzata dalle realta' corporative.
Viceversa l'incondizionata e neutrale applicazione di una normativa nata
in luoghi di pari opportunita' e democratica partecipzione quali sono le
assemblee rappresentative (parlamento) operata da parte di una
magistratura indipendente garantisce il migliore e corretto
contemperamento degli opposti interessi.

> 
> Dispiace per altro constatare come classiche giustificazioni che trovano
> ben poco fondamento storico ne tanto meno nella realtà siano sempre così
> diffuse e riprese.
> 

La presunta pochezza del relativo fondamento storico andrebbe 
argomentata e dimostrata.

> La visione romantica del piccolo autore/inventore che diviene padrone
> del proprio destino grazie al diritto d'autore/brevetto industriale è
> appunto tale: romantica.
> 
> È ben noto come, se non in ben pochi casi su sui si incista la leggenda,
> i poveri autori e i poveri inventori rimangono sempre tali. Per darne
> una breve prova d'esempio basti pesare al costo di registrazione di un
> brevetto per un inventore, o al fatto che coi libri oggi non ci si viva
> (ci sono autori che hanno all'attivo decine di libri che ben sanno come
> non ci si viva con le royalties che ne derivano benchè le vendite non
> vadano poi male).

Se questa affermazione fosse vera non dovrebbero essere sotto gli occhi
di tutti le miriadi di nuovi operatori nei settori della musica, della
letteratura, del cinema, del teatro, di altre forme di spettacolo, delle
scienze, delle realta' produttive informatiche, nonche' il Sig. Beghelli
titolare di un numero di brevetti da record che nacque piccolo; ma cosi'
non e': il che fa decadere il proseguo.

> [...]
> 
> Detto questo accennerei invece alla deriviazione storica (vedi
> legislazioni veneziane del primo 700) di questi due diritti che renderà
> più esplicito perchè la visione romantica è una mera illusione. Se
> infatti ci chiediamo da dove nascono sia il copyright (poi trasformatosi
> in diritto d'autore presso di noi) o il brevetto vediamo che il primo
> nasce solo nel momento in cui viene inventata la macchina a stampa, il
> secondo con l'invenzione delle macchine in generale.

Qui e' evidente il rifacimento allo scritto "LA NATURA DEL DIRITTO
D'AUTORE" di Giovanni Ramello e Francesco Silva segnalato da Alceste
Scalas in una sua lettera del 29/3/04 e rinvenibile presso
http://www.biblio.liuc.it:8080/biblio/liucpap/pdf/44.pdf

Orbene, i 2 autori in principio d'esposizione affermano "L'istituzione
giuridica del diritto d'autore [...] trova la propria origine in
coincidenza di un evento storico preciso, l'invenzione della tecnologia
della stampa, avvenuta nel 1440 ad opera del tedesco Johann Gutenberg
(1400-1468)" e di li' a breve ribadiscono "L'introduzione della stampa,
allora" cosi' fondando tutto il proprio discorso su tali presupposti; si
noti che mai in tutto lo scritto illustrano diversamente l'invenzione di
Gutenberg.

Ora, si da' il caso che la "stampa" ovvero la procedura di riproduzione
di testi mediante impressione fu inventata in Cina nel sec. IV, fu
introdotta in Europa nel Medio Evo, venne migliorata sempre in Cina nel
sec. X con l'invenzione dei caratteri mobili, fu in tal senso
perfezionata in Europa mediante l'uso di materiali diversi dal legno e
dalla terrcaotta per tali caratteri, mentre Gutenberg procedette
specificamente ad ulteriore raffinatura di tale procedura grazie alla
sua invenzione di compositoio e forma di stampa per caratteri mobili in
piombo ("tipi") inoltre affiancandoli per la prima volta al torchio;
quindi, in tale epoca *non* avvenne "l'invenzione della tecnologia della
stampa" ne' "L'introduzione della stampa".

Assistiamo percio' ad un formidabile abbaglio ed ad un macroscopico
errore operato per giunta a 2 teste e 4 mani, sbaglio clamoroso che i 2
autori pongono a fondazione di tutta una speculazione su supposte
relazioni di dirette azioni e reazioni fra fenomeni economico-sociali ed
istituzioni giuridiche: mi chiedo quale affidamento si possa mai fare su
un argomentare che principia da presupposti cosi' mal posti e caduchi e
si muove monotematicamente su considerazioni autoreferenti non tenendo
in conto la complessita' di tanti altri elementi.

Inoltre i 2 autori realizzano una pseudo analisi giuspositivistica
assolutizzando alcune normative storiche particolari e particolaristiche
come origine e modello unico di tutti gli istituti successivi laddove si
potrebbe rinvenire al massimo una prima espressione storica di certe
sistemazioni giuridiche mentre le costruzioni normative definite e
moderne prendono forma da ben altre realta' maturatesi in seguito e ben
piu' complesse: il discorso pertanto e' inficiato fin dalle origini, il
che fa decadere il proseguo.

> [...]
> In un mondo in cui finalmente l'invenzione della stampa intesa in senso
> classico è stata superata e quindi l'autore sarebbe libero di decidere
> effettivamente e autonomamente della propria opera saltando gli ormai
> obsoleti (e nocivi) intermediarii si rivela la natura a due faccie del
> diritto d'autore. Da una parte la teorica difesa e autonomia
> dell'autore, dall'altra la reale predominanza degli editori.
> Sono sempre gli editori, tranne che per pochi casi rari, che decidono
> come, quando e cosa pubblicare. I diritti degli autori sono ingabbiati
> in contratti prestampati che sono ovviamente a favore dell'editore
> (avete mai provato a pubblicare un articolo su una rivista o un libro? 
> credete di poter scegliere voi le modalità con cui esplicitare il vostro
> diritto d'autore?), addirittura in italia una organizzazione come la
> SIAE decide al posto degli autori come le loro opere devono essere
> licenziate impedendo contro la volontà dell'autore la libera
> utilizzazione delle opere. Insomma a fronte di una legge che in teoria
> mette tutto nelle mani degli autori, nella pratica essa è costruita ad
> uso e consumo dell'intermediario (editore).
> [...]
> Prendiamo in considerazione il brevetto industriale. La sua storia
> deriva dalla pratica di rilasciare licenze regali per la costruzione
> soprattutto di apparati meccanici.
> Come per il caso del diritto d'autore, lungi dal voler essere uno
> strumento a servizio degli inventori o dell'inovazione è stato sempre
> uno strumento ad uso e consumo di pochi ricchi produttori dal punto di
> vista del profitto e dei governanti dal punto di vista del controllo.
> [...]

Le tue presunzioni hanno appena ammazzato nel tuo mondo immaginario la
stampa alternativa ed il Sig. Beghelli, che sono vivi e vegeti sotto gli
occhi di tutti.
Un discorso basato su tali presupposti cosi' caduchi non mi pare abbia
prospettive di validi sviluppi.

> 
> È molto sconfortante vedere respingere gli argomenti fondanti di una
> disciplina giuridica in modo così semplicistico, spero sia dovuto al
> fatto che spesso nella specializzazione ci si dimentichi poi di dare
> un'occhiata al quadro generale che è poi quello che conta.

Il quadro generale lo si prende in considerazione quando si recepisce il
quadro normativo come isituzione onnicomprensiva, il quadro generale lo
si perde di vista quando si sospinge una fattispecie perticolare fuori
della previsione astratta generale.

> Ben noto è infatti che la common law entra sempre più prepotentemente
> nei nostri ordinamenti (non è un affermazione giuridica ma sostanziale)

Il che significa che e' un'affermazione priva di senso: le specifiche
discipline giuridiche vengono ad esistenza unicamente in virtu' del
recepimento formale da parte dell'ordinamento.

> tradotta dai vari trattati internazionali a cui siamo costretti ad
> aderire volenti o nolenti

Questa la devi spiegare.
Chi li impone a chi?

> (e siglati da governi spesso senza l'esplicita
> approvazione dei parlamenti in una situazione abbastanza
> anti-democratica). Altrettanto noto, agli esperti del settore ma anche a
> chiunque volesse dedicare qualche ora di tempo per studiare la materia,
> è che il brevetto industriale applicato al software, agli algoritmi e ai
> metodi commerciali si traduce in modo estremamente semplice in pratica
> in una brevettazione delle idee.

Questa e' una afffermazione priva di fondamento materiale e di sostegno
giuridico.

> È facile fare sofismi per cui il fatto
> che qualsiasi uso di una idea se monopolizzato non significa che l'idea
> stessa lo sia, ma questo rimane appunto una elucubrazione mentale.

No: il fatto che le discipline del diritto d'autore e delle invenzioni
brevettabili non raccolgono ad oggetto l'"idea" e' la definizione dello
stato di diritto.
Se lo stato di diritto non lo si sa o non lo si vuole usare io non ci
posso fare alcunche', ne' si puo' dare rilevanza a quanto affermato di
conseguenza.

[...]
> saluti,
> Simo.
> 

Ciao.






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