[Discussioni] Software libero ed economia

Alessandro Rubini rubini a gnu.org
Ven 6 Lug 2001 21:29:03 CEST


Ciao.

Ecco infine la mia risposta.  Sarebbe piu` corretto mettere le riposte gia`
date al posto giusto nel testo, ma ci metterei un sacco di tempo.

Quindi rispondo al tuo messaggio (a costo di ripetere cose dette da
altri), e poi commento sulle altre risposte. Per colpa di Simo Sorce
lo metto in lista. 

------------> SI CONSIGLIA DI CANCELLARE, E` TROPPO LUNGO PER ESSERE GRADITO

Ancora qui? Peggio per voi :)

> Ho riletto più approfonditamente l'articolo di Alessandro Rubini "Il
> Software Libero è economicamente sostenibile".
> L'articolo è del 1998, pazientate se non mi ricordo dove si trovi, ma sono
> sicuro che voi saprete trovarlo in rete più in fretta di me.

http://www.gnu.org/philosophy/software-libre-commercial-viability.html
(io lo chiamavo "viability.html" e basta, accidenti a loro :)

> Le tesi di Rubini sono in larga parte condivisibili, sebbene attaccabili
> quando cita l'esempio del software fatto per il laboratorio di fisiologia,
> che, alla lunga "si è rivelato più costoso di soluzioni commerciali"; va
> detto che questa tesi può anche essere errata, il software commerciale
> magari avrebbe dovuto essere affiancato a software ad hoc per i compiti che
> la sua rigidità non gli permetteva di fare.

Si e no. Come dice Eric von Hippel (economista del mit:
http://www.mit.edu/people/evhippel/) l'innovazione a volte viene dagli utenti.
Il mio programma per fisiologi (http://ar.linux.it/software/bisce/) deriva
dalle loro esigenze. L'innovazione e` loro, un prodotto preconfezionato non
avrebbe avuto le stesse funzionalita`. 

A meno che (tu mi dici) i fisiologi non avessero avuto modo di
interagire con il produttore. Ma secondo te gli davano i consigli *e*
l'esclusiva sul risultato? Un fisiologo inglese lo ha fatto, e ora e`
incazzatissimo per i bachi sul programma proprietario che ha
finanziato, perche` non puo` correggere i bachi pur avendo degli
informatici a sua disposizione. Beh, ha comprato bisce da me :)

> Quello però che mi preme far notare è come tutto ciò di cui si parla
> nell'articolo di Rubini è riferibile nella quasi totalità delle situazioni,
> software che finisce ad una azienda, dove il costo non imputabile a
> "licenze" finisce per essere costo di "consulenza" per l'installazione, la
> configurazione, l'assistenza ed - eventualmente - la personalizzazione.

Tieni conto che in certi casi le aziende hanno il personale dentro e si arrangiano,
senza venire da me o da altri programmatori esterni (e da pagare).

> Quando però si volesse parlare di software per utenti, il discorso
> credo che sia difficilmente applicabile.

Certo, l'utente non paga per la personalizzazione. Se non e` un utente
professionale con un lavoro da svolgere. Non lo vedo un
problema... nemmeno gli utenti di autocad lo pagano (anche se
dovrebbero) finche` non ci lavorano davvero e a quel punto comprano
autocad perche` gia` lo conoscono.

In breve: hai ragione, ma non e` un problema. Non sta scritto da
nessuna parte che ogni utente deve pagare. Quando succede e` una
pratica vessatoria (secondo me).

> Questo comporta la difficoltà di capire quale sia il modo di far
> rientrare gli (elevati) costi dello sviluppo del "prodotto"
> (passatemi il termine) nelle altre attività (principalmente il
> supporto).

C'e` da vere quanto elevato e` il costo. Tieni conto che il mito che
"sviluppare software e` un costo elevatissimo" e`, appunto, un
mito. Ci sono dei costi, ma possono essere ridotti di un fattore 10
senza problemi. Per quasi tutti i lavori non serve un mostro della
potenza e della pesantezza di Word. Io lavoro *molto* con i computer
eppure mi basta emacs. E anche chi vuole il wysiwyg non ha quasi mai
bisogno di tutta la mole di word. Ne usa il 10%, perche` deve pagarlo
tutto?

Inoltre tieni anche conto che questi grossi applicativi che tutti
usano come esempio (word, autocad, windows) sono stati sviluppati
negli anni, ogni volta agggiungendo un pezzetto. Certo oggi non e`
facile partire da zero, ma GCC, X, Linux, Emacs, e` tutta roba che
adesso esiste, ed e` di una complessita` (e di un numero di anni-uomo)
non indifferente.  E comunque ancora oggi c'e` qualcuno che parte da
zero per grossi progetti liberi. E` un grosso sforzo organizzativo
(principalmente per la preparazione di un piano commerciale che
funzioni) ma si puo` fare.

In breve: hai ragione, ma parti dal presupposto sbagliato. Non e` vero
che ogni prodotto sono 600M di roba, e non e` vero che il prodotto va
pagato in un colpo solo, perche` e` una cosa in evoluzione. Non
sempre, ma spesso.

> Anche perchè si rischia di avere l'"effetto spirale" che sta affliggendo
> Netscape6/Mozilla: pochi lo usano perchè i siti si vedono male e i siti non
> si aggiornano perchè pochi lo usano.

Qui c'e` anche il problema dell'aderenza agli standard. Se ci fosse
uno standard seguito da tutti non ci sarebbe il problema. In teoria
tutti i programmi di un certo tipo dovrebbero comunicare col mondo
esterno allo stesso modo, questo non permetterebbe l'effetto spirale
che dici (e nemmeno i monopoli di fatto che conosciamo).

> Un "prodotto" per utenti (un client di posta, un applicativo alla Office
> ecc...) ha necessità di finanziamenti per procedere nello sviluppo (un
> prodotto come Office o StarOffice credo che abbia decine di anni uomo di
> lavoro dietro, infatti prima era commerciale ed oggi è supportato da Sun -
> che ha i soldi per poterlo fare).

Certo staroffice non sarebbe successo da solo, ma mi parlano molto
bene di gnumeric e abiword (non so di precso perche` non li uso, come
non uso staroffice). Ma un client di posta e` una *cazzata*. Non serve
tutta quella roba che ti dicono. Una volta avevo dei problemi e mi
sono fatto uno script che manda la posta usando il comando telnet. Ho
un server di posta di 2kB, e un server web di 2kB con supporto anche
per i CGI. Non e` vero che un programma costa decine di anni
uomo. Quasi mai.

E non e` vero che e` fondamentale il pagamento "per copia". Anche se
in certi casi (aziende) funziona, non funziona affatto per le cose di
ogni giorno. Anche se volessi essere remunerato "per copia" io non
potrei farlo. Mi perderei tutti i contributi che ricevo al mio
software, perche` dovrei tenere traccia di quanti centesimi di lira
vanno ad ogni contributore. E lo stesso vale per *tutto* il software
libero. Se ci fosse la tassa sulla copia non esisterebbe niente di
quello che vedi.,

> 1. Un software "libero" o "open source" (cercando di utilizzare
> l'interpretazione corretta secondo gli "standards") può non essere "gratis"?

Certo. I miei clienti lo pagano. E nessuno mi obbliga a rendere
disponibile la mia roba gratuitamente sulla rete. E` una mia scelta
(che considero vincente, comunque).

> Può avere un meccanismo di "licensing" (pay-per-use, pay-per-install o
> cos'altro)?

C'e` una licenza, perche` altrimenti non puoi copiarlo e basta. Se
fosse per copia o per uso non sarebbe libero. E, tra l'altro, molti
dei miei clienti non vorrebbero il pacchetto; nel mio campo (software
per le esigenze dirette del cliente, che copre comunque il 95% del
software esistente) di solito il cliente compra l'esclusiva, *proprio*
per non pagare ogni copia.  Chi scrive software libero non cede
l'esclusiva, cede solo la licenza (e, opzionalmente, una promessa di
non redistribuire per un certo tempo).

All'inizio ho scritto un programma proprietario, in esclusiva per il
cliente; e` stato tristissimo, perche` mi ha succhiato un pezzo di
anima. Non posso riutilizzare quel codice (e` suo). Non lo faccio
piu`.

> 2. Quanto è plausibile considerare differente il "binario" (e/o l'eventuale
> pacchetto di installazione) dal codice e quanto sarebbe quindi "forzato"
> rispetto alle licenze disponibii e approvate dall'OSI vendere il binario
> (facendo pagare il prezzo di una SW house che dai sorgenti ne costruisce i
> binari, cura lo sviluppo, l'evoluzione e la manutenzione e fornisce il
> supporto) e dare allo stesso tempo disponibilità del sorgente?

Non capisco. Chiunque ha il sorgente puo` ricostruire il binario,
quindi la cosa non durerebbe a lungo. Anche perche` distribuire il
binario e` molto limitante per l'utente (tranne che quando si tratta
di pacchetti dentro ad una distribuzione). Il binario gira solo su una
macchina dello stesso tipo con le stesse librerie, la stessa
distribuzione, ...

> 3. E' possibile conciliare: libera circolazione del sapere e dei sorgenti
> dei software, proteggere la proprietà intellettuale di un oggeto software

Non parlare di proprieta` intellettuale, e` un termine commerciale,
volutamente vago e altisonante. Immagino tu stia parlando di diritto
d'autore (altrimenti detto copyright).

Cosa vuol dire "proteggere"? Io proteggo i miei diritti di autore con
la GPL. Il MIT li protegge con la sua licenza (molto meno
restrittiva), e guarda cos e` successo a Kerberos (se non lo sai te lo
dico io, chiedi). Tu cosa intendi con proteggere? Impedire la copia?
Secondo me non e` giusto impedire la copia e ti consiglio in tema di
leggere degli abusi di chi impedisce la copia:
www.linux.it/articoli/whatswrong.it.shtml (senza il ".it" e`
l'originale inglese che ti suggerisco se ti senti).

> (sempre che sia plausibile considerare diversi due prodotti che fanno lo
> stesso mestiere es. mutt e pine) con la giusta remunerazione di chi ha
> svolto il lavoro di costruzione, manutenzione, ed evoluzione del software?

E` sbagliato il presupposto: la "giusta" remunerazione *non* e` quella
"ogni copia una moneta". Certo che i programmatori devono essere
remunerati, e la tassa sulla copia e` una possibilita`, ma non e` ne`
l'unica ne quella "giusta". Se fosse giusta non esisterebbero le
swhouse che chiudono (in questo caso la remunerazione e` troppo bassa)
e zio bill non sarebbe il piu` ricco del mondo (in questo caso la
remunerazione e` troppo alta).

Nota, tra l'altro, che nel software come nella musica e nell'editoria,
gli autori effettivi vedono una *minima* parte della tassa "sulla
copia". Il fatto che tale tassa serve agli autori e` una leggenda
metropolitana, ben coltivata dalle aziende di *distribuzione*. Il mio
amico cantaurore *paga* la siae, ma non ne riceve niente in cambio. I
programmatori di zio bill ricevono una minima parte dell'introito
aziendale. E l'autore di un libro riceve il 7% del prezzo di
copertina. A cosa serve la tassa sulla copia di un libro? Serve alla
casa editrice e alla materia fisica di cui e` composto il libro.  E`
*molto* piu` versatile un testo in formato elettronico, e l'autore non
sarebbe danneggiato (anzi, raggiungerebbe piu` persone con le cose che
vuole dire, e alcune copie le venderebbe lo stesso, meno di prima
forse ma non molto meno perche` quasi tutti i libri li leggono a letto
o in spiaggia). Sono i distributori che non vogliono, perche` temono
che si diluisca il concetto di "prorieta` intellettuale", oltre a
temere di perdere il 93% di ogni copia non venduta.

> Per quest'ultimo caso, faccio l'esempio della casa:

Come altri hanno detto l'esempio della casa non funziona: il software
e` informazione pura, la casa e` quasi esclusivamente materiale.

L'esempio che calza di piu` e` quello della medicina e della
giurisprudenza, dove la differenza maggiore e` che per fare il medico
o l'avvocato devi essere abilitato, per programmare no.

L'informazione medica e legale e` liberamente disponibile a tutti
(anche se spesso solo su carta, ma e` un dettaglio). Ora, questo vuol
dire che medici e avvocati muoiono di fame? No di certo. Pero` vuol
dire che se ho l'influenza prendo il paracetamolo senza pagare una
tassa su questa informazione. E posso dirlo ai miei amici. E posso
anche spiegare come la GPL usa la normativa sul diritto d'autore,
perche` la normativa e` a disposizione di tutti. Certo per le cose
grosse vado da un medico o da un'avvocato, ma essi non devono aver
bisogno della "protezione della proprieta` intellettuale" per avere la
"giusta retribuzione". Ogni paragone ha i suoi limiti, comunque, non
pretendo che il parallelo sia perfetto.

> E' possibile confrontare la produzione di software con l'esempio della casa?

No, e` possibile confrontarlo con la produzione di cure e di sentenze.
Ogni sentenza e ogni cura dipendono dalla storia passata, come i
programmi.  E un avvocato neolaureato puo` attingere allo stesso
materiale pregresso dei suoi colleghi piu` rinomati. Anch'io posso
farlo, solo non posso andare in tribunale.

La proprieta` intellettuale e la giusta remunerazione sono leggende
urbane, come lo e` il fatto che tutti devono essere capaci di
amministrare il proprio computer e fare un server. Tutti usiamo
l'elettricita` o l'acqua potabile (per fare esempi diversi), ma tutti
per la manutenzione di impianti elettrici o idraulici andiamo dai
professionisti del settore. Se mi arrangio e sbaglio (per esempio
prendo un salvavita con la taratura sbagliata) quando arriva il
professionista si incazza con me e lo cambia (e io mi sento pirla).
Perche` allora quando mi chiama un cliente che ha problemi con la rete
e gli dico che ha sbagliato tutto finisce che sono *io* il pirla? Tra
l'altro non posso nemmeno cambiargli i pezzi perche` chi glieli ha
venduti li ha resi incompatibili col resto del mondo.  Ancora, e` un
modo di pensare che e` stato insegnato per difendere precisi interessi
commerciali. So che sono andato fuori tema, scusami.

> Il tempo delle persone e i costi di progettazione, seppur basate su tecnolog
> ie note e disponibili, tengono in conto le competenze delle persone (così
> come non tutti possono improvvisarsi architetti o geometri, non tutti
> possono improvvisarsi informatici), il loro lavoro ed il tempo impiegato
> nella realizzazione.

Infatti, la casa non la paghi ogni volta che entri, e non ti
impediscono di affittarla ad altri. Se ci badi, le limitazioni della
liberta` che ti vengono date sul sw proprietario non hanno eguali in
nessun altro campo.  Anche un libro puoi prestarlo o rivenderlo,
leggerlo ad alta voce (anche se non in pubblico), citarlo, scrivere un
altro libro che parla delle stesse cose ma con le tue parole. Perche`,
se il software e` protetto dalla stessa norma sul diritto d'autore hai
*enormemente* meno liberta`? 
 
> Vi chiedo scusa per essermi presentato con un malloppino così
> pesante ed indigesto.

Pesante il tuo?

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>> 1. Un software "libero" o "open source" (cercando di utilizzare
>> l'interpretazione corretta secondo gli "standards") può non essere "gratis"?
>> Può avere un meccanismo di "licensing" (pay-per-use, pay-per-install o
>> cos'altro)?

Carlo Daffara:
> Non ci sono pregiudiziali nelle licenze libre/open/free per distribuire i
> sorgenti a pagamento.

Non sono d'accordo. Non ci sono pregiudizi sul *distribuire* a
pagamento, ma *se* distribuisci deve esserci il sorgente completo. E,
come dicevo, quasi tutti gli autori distribuiscono *solo* il sorgente.
Credo sia solo un problema di come dire le cose, Carlo sa di cosa parla.

Giovanni Biscuolo diceva quello che dico io, ma non e` un grafomane :)

Stefano Mazzulli solleva questioni diverse:

> Esattamente, l'utente domestico non e` altro che un "pain-in-the-butt" ma 
> compra ferro, eccome... e ne compreranno/emo sempre di piu`: pensa ai 
> set-top-box, computer pervasivi, alle applicazioni di domotica ecc. Questi 
> saranno utenti domestici, compreranno hardware e speriamo che tutto il 
> software sia libero.

Attenzione, il mondo embedded e` particolare. In questo caso il sw e`
quasi sempre pagato dal costruttore, e in pratica *non* puoi copiarlo
ne` modificarlo. Non solo perche` non hai macchine uguali su cui giri.
Inoltre questi produttori anche se e` libero non ti danno il sorgente
(violazione della GPL?) e anche se te lo dessero non hanno predisposto
mezzi tecnici per cambiare il software sulla macchina.

E` vero che interessa quasi a nessuno, ma io ho un paio di bachi che mi
mandano in bestia sul mio cellulino... per fortuna lo uso quasi mai.

> ma sei/siamo liberissimi di contribuire ai progetti di sviluppo che
> usiamo giornalmente comprando gadget, versando denari o comprando
> pizze per il sambateam.

Non e` come la tassa sulla copia. Nessuno lo fa anche se potrebbe farlo.

> lo sviluppo, l'evoluzione, la manutenzione deve potere essere
> un'opera della comunita` (che poi non sempre lo sia e` un'altro
> discorso).

La comunita` non c'entra. Deve poter essere fatto da ogni utente, che
deve ricevere i permessi per poterlo fare. "se hai il binario devi
potertelo manutenere" (e se non ce l'hai non hai alcun diritto,
particolare non trascurabile).

> Il prezzo che si puo` far pagare e` corrispondente al valore
> aggiunto sulla coppia sorgente/binario: percio` pacchettizzazione,
> assistenza, installazione, tuning ecc.

Non e` vero. Tu *puoi* non distribuire pubblicamente il
pacchetto. Cygnus-pro e` (o era) sw libero, ma ogni utente lo paga
caro e salato. E poi non lo mette in rete (anche se e` autorizzato a
farlo), per non regalarlo ai suoi concorrenti. Solo quando vendi il sw
altrui devi lucrare su pacch. eccetera, perche` rivendi una cosa che
hai ricevuto probabilmente gratis da dove tutti la possono prendere.

/alessandro
-- 
Quello che scrivo rappresenta solo il mio personale punto di vista,
non rispecchia l'opinione di organizzazioni di cui faccio o ho fatto parte.




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