[Discussioni] Re: Esiste sw libero italiano che viene venduto con successo?
Davide Barbieri
paci a prosa.it
Gio 11 Apr 2002 13:00:06 CEST
On Thu, Apr 11, 2002 at 11:12:09AM +0200, Marta Rosso wrote:
> Grazie a tutti per le idee.
> Molto interessante l'idea di vendere la garanzia, perché in
> effetti, senza dover rischiare con centrali nucleari, ospedali,
> etc. (lì bisognerebbe poter usufruire di assicurazioni) è
> possibile impegnarsi a fornire un software funzionante, anzi
> credo che in effetti in molti contratti "custom" la clausola di
> garanzie sia già parte integrante del contratto.
E` una pratica comune, quella di vendere garanzie.
L'avevo scritto in marzo su un articolo per Freego:
http://www.freego.it/articles.php?show=22
Un personaggio (un vero personaggio) una volta mi
diceva sempre: "noi non vendiamo software, non vendiamo
servizi, noi vendiamo assicurazioni".
Quindi il "vendere garanzie" si applica sempre e comunque,
ma per farne un vero modello di business, basato
esclusivamente sulla vendita di pacchetti,
si deve trovare un mercato in cui i clienti siano
disposti a pagare bene la garanzia.
> Ripongo però la domanda: conoscete casi di software libero
> ITALIANO venduto (vendendo * lo sviluppo al primo cliente * le
> migliorie/l'adattamento ai clienti successivi * il supporto
> tecnico o quello che vi pare, escludendo la licenza)? Parlo di
> software di "nicchia", non so, ad. es. qualcuno che ha
> sviluppato un software per gestire la contabilità, o un
> call-center, e che ora vende questo software in "serie".
Una marea. Prendi qualsiasi software house o libero
professionista italiano che abbia a che fare con il
software libero.
> Davide Barbieri parla di "esempi che si sprecano": ti sarei
> grata se me ne volessi fornire alcuni, l'importante è che siano
> italiani, perché potrebbero essere un buon argomento per
> convincere qualcuno a investire su simili iniziative.
Vediamo di farne alcuni di un po' piu` significativi:
- pacchetto: Prosa Debian era una distribuzione italiana basata su
Debian, che fu venduta con il classico metodo del pacchetto;
qui c'erano solo in parte software italiano sviluppato
da zero, ma ci siamo quasi e si parla di numeri di copie
ben superiori a 2 :-)
(pacchetto)
- pacchetto + servizi a valore aggiunto: Mosaico,
il gestionale italiano GPL (www.mosaicostore.it);
qui non so dirti quante copie ne siano state vendute,
ma forse si va sull'ordine delle migliaia
pero` anche loro puntano piu` sui servizi a valore
aggiunto, che sulla vendita del singolo pacchetto
- software venduto una volta: driver Sun T3
(http://open-projects.linuxcare.com/t3/)
e` il classico esempio di software sviluppato per il cliente
e venduto una singola volta: la cifra pagata (top secret)
era sull'ordine dei miliardi di lire
e` solo parzialmente italiano, ma spero vada bene comunque
- (sviluppo pagato dal cliente, pacchetto, pacchetto +
servizi a valore aggiunto, generazione di altro business)
etlinux http://www.etlinux.org
e` il classico esempio di software sviluppato su richiesta
di un cliente e pagato con i soldi di questo; etlinux
e` poi stato pacchettizzato, ma la vendita del pacchetto non
basta assolutamente a coprirne le spese per lo sviluppo
attuale, allora si vendono servizi a valore aggiunto
(consulenza, supporto, etc.)
tra l'altro e` il classico esempio in cui l'autore
principale del software (Prosa/Rubini) ci ha guadagnato
dal software GPL prodotto, ma ci hanno guadagnato pure
altri: esistono aziende che vendono supporto su etlinux,
fanno consulenze su etlinux o vendono le proprie
motherboard industriali con etlinux preinstallato
quindi, si e` generato altro benessere economico,
senza che noi ne venissimo danneggiati (noi non
possiamo fare supporto in taiwan, o non ce ne frega
niente di vendere motherboard con etlinux in inghilterra)
Questi sono solo alcuni esempi, di quelli che conosco
direttamente, spero diano l'idea e che ti tornino utili.
> >Credo che anche il loro piano industriale si basi sui servizi (magari un
> >po' meno quello di suse, ma non so bene)
>
> SuSE fattura il 70% con la vendita dei pacchetti, il piano
> basato sui servizi non ha avuto i risultati aspettati, anche se
> comunque sono introiti importanti.
Sicura di questi dati? Il 70% del fatturato con
la sola vendita dei pacchetti e` molto. Oppure il 100%
del revenue di SuSE e` poco :-)
> >Non vedo cosa ci sia da scusarsi: che voci girano in suse sulla
> >comunita` del SL? :-)))
>
> Parlo di SuSE a livello generale perché non vale la pena di
> spendere parole sulle filiali, sempre più ridotte a braccio
> commerciale. Gli sviluppatori sono, credo in maggioranza,
> convinti membri della comunità. Diverso è il discorso del
> management, che a causa di difficoltà economiche è sempre meno
> quello dei fondatori "illuminati" ma incompetenti a livello
> di gestione e sempre più di "manager" interessati al lato
> economico.
Sempre nell'articolo su Freego che citavo prima, dico anche
che creare aziende basate sul software libero, vuol dire
anche cambiare il modo in cui si fa business, non solo
il modello.
Io dico sempre che c'e` una differenza enorme tra Prosa
e IBM (esempio) e non e` solo il numero di dipendenti :-);
la differenza e` che IBM spinge Linux solo perche'
il primo e unico obiettivo di IBM e` il profitto
e Linux glielo crea.
Per Prosa, come per qualunque altra Free Software Business
(fog, dico bene?), il primo obiettivo e` il software libero:
il far soldi e` una conseguenza, non l'obiettivo primario.
Sulla lista fsb@ c'e` un economista che riporta sempre
nella sua signature: "don't ask how you can 'do' free
software business; ask what your business can 'do for' free software".
(Io ce l'ho stampata in grande davanti alla mia scrivania :-))
E` questo che, secondo me, i grandi "manager" messi a capo
di aziende come SuSE, RedHat, Linuxcare, VA, Lineo
e compagnia bella, non hanno ancora capito.
ciao
--
Davide Barbieri - paci a prosa.it
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