[Discussioni]A proposito dell'articolo "Open Source: nuove frontiere del sw e problematiche legali"
Andrea Glorioso
sama a perchetopi.org
Mer 10 Dic 2003 13:22:39 CET
Gentile Dott. Ghibellini,
ho letto di recente il suo articolo "Open Source: nuove frontiere del
sw e problematiche legali", apparso sul portale "Consulente Legale
Informatico" e precisamente a questo indirizzo:
http://www.consulentelegaleinformatico.it/approfondimentidett.asp?id=51
Mi fa personalmente molto piacere vedere che il mondo giuridico
comincia ad occuparsi della problematica del Software Libero/Open
Source con un'impostazione attenta alla natura profonda del fenomeno,
nei suoi aspetti non solo legali ma anche sociali, storici e
culturali.
Leggendo l'articolo, tuttavia, ho rilevato alcuni passaggi sui quali
non sono d'accordo e altri che non ho interamente compreso. Sarei
lieto se volesse leggere i miei commenti in merito e intavolare - non
solo con me, ma con le due mailing list [0] [1] che trova in copia a
questa mail e che la prego di voler mantenere in copia nelle sue
risposte - una discussione sugli argomenti da lei trattati
nell'articolo in questione.
Propongo qui i miei commenti/dubbi, citando i passaggi del suo
articolo a cui essi si riferiscono.
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"Penso che un effetto collaterale del movimento open source sia
stato di avere riesumato lo spirito originario di internet, regno di
libertà e di valorizzazione dell'individuo e della diffusione della
conoscenza".
Ho sempre qualche dubbio nell'attribuire dei "valori" o un qualche
tipo di "spirito" ad una tecnologia. Comunque questa e` una minuzia.
Tutto cominciò nel 1984, quando Richard Stallman, con la "Free
Software Fundation", propose la rivoluzionaria idea di rendere il
codice per programmi per elaboratori "libero" nel senso che ogni
utente doveva avere la possibilità di utilizzarlo e modificarlo -
con la facoltà di veicolare le modificazioni - senza dover
sopportare alcuna spesa.
Questo e` impreciso, il Software Libero in se` e per se` non prevede
la gratuita` di tutte le transazioni.
Tale proposta non rimase inascoltata, e nel 1997 un gruppo di persone
realizzò il manifesto della "Open Source Definition" in cui sono
analiticamente delineati i capisaldi di un sistema di software
libero, fra cui sono senz'altro fondamentali la libertà di
redistribuzione, la fruibilità - senza aggravi - del codice sorgente,
la possibilità di modifica e creazione di opere derivate (poi
distribuite con connotati di originalità), la salvaguardia del codice
sorgente e la perpetuazione delle licenze (in tal modo gli utenti
finali non devono accettare un nuovo accordo quando ricevono il
software da soggetto diverso dall' autore).
Comprendo la necessita` di essere sintetici, ma questa "ricostruzione"
e` gravemente carente - praticamente taglia tutto il lavoro svolto tra
il 1984 e il 1997 da FSF, dal progetto GNU e dalle altre
associazioni/singoli. Lavoro su cui poi OSI ha capitalizzato (non e`
un giudizio di merito ne` una critica particolare ad OSI).
Andrebbe poi precisato che OSI non parla mai di Software Libero per
una precisa scelta strategica e di immagine. E la delineazione
analitica dei "capisaldi un sistema di software libero" e` di molto
antecedente - in pratica comincia proprio nel 1984, con il "Manifesto
GNU" di Richard Stallman.
Se riteniamo applicabile la legge sul diritto d'autore anche al
software libero allora, per effetto delle recenti modifiche
introdotte dalla L. 248/00, dobbiamo ritenere operante il
correlativo obbligo di apposizione del "bollino blu" attestante il
pagamento della SIAE.
Oppure dobbiamo modificare quella legge, dato che l'apposizione del
"bollino blu" e` una pratica speciosa e discriminatoria (discrimina
quelle pratiche sociali che si discostano, rimanendo comunque
all'interno dell'impianto generale della normativa sul diritto
d'autore, da cio` che il legislatore pensa sia la totalita` della
produzione culturale).
Nel caso del software libero - tale in quanto l'utente ha il diritto
di effettuare il numero di copie che preferisce - non ha molta
logica distinguere tra "originale" e "riproduzione".
Non ha senso nemmeno per il software proprietario. Si tratta
puramente e semplicemente di definizioni che rispondono ad esigenze
economiche e politiche specifiche.
Alla base dell'open source vi è la convinzione che la possibilità di
lavorare liberamente su software (ed in particolare sul suo codice
sorgente) abbia come effetto principale il miglioramento del
programma medesimo poiché dalla cooperazione possono scaturire
accorgimenti per la risoluzione di problemi, per l'eliminazione di
errori e per l'adattamento a piattaforme hardware differenti.
E alla base del Software Libero c'e` *anche* la convinzione che la
diffusione di conoscenza sia un bene per la societa` nel suo insieme,
a prescindere dalla qualita` tecnica risultante del "prodotto"
(tant'e` che Stallman ha sempre sostenuto che tra un programma
proprietario e un programma libero lui avrebbe sempre scelto un
programma libero, anche se quest'ultimo fosse stato peggiore del
primo).
Anche per questa ragione, il legislatore dovrebbe promuovere
l'utilizzo di Software Libero (il che non significa obbligare tutti
all'utilizzo di Software Libero).
Così argomentando non pare errato sostenere che questo diritto
d'autore precostituito e calato dall' alto sulla realtà dell'open
source vada all'open source irrimediabilmente stretto: infatti
emerge la tendenza a ridurre tutte le creazioni umane esistenti a
mera proprietà così limitando non solo la creatività umana ma
altresì inaridendo la libertà di espressione.
E` bello leggere un giurista che dice queste cose.
In conclusione l'istituto normativo che meglio si adatterebbe a
contemperare la necessità di un supporto di regole alle
caratteristiche del prodotto open source è probabilmente lo schema
brevettuale.
Mi sfugge la logica che porta a questa conclusione. Se il problema e`
quello di avere accesso al codice sorgente mi pare piu` adatto
l'istituto del copyright, una delle cui "ratio" e` proprio quello che,
essendo l'opera visibile a tutti, occorre in qualche modo tutelarla.
Con il brevetto - mi corregga chi ne sa di piu` - e` possibile
"nascondere" in toto l'opera brevettata.
Personalmente credo che il copyright, con tutti i suoi difetti, sia
l'istituto "meno peggiore" tra i tanti esistenti per tutelare il
software (e anche altre forme di conoscenza).
Il problema - e dispiace vedere in un articolo tutto sommato
interessante, soprattutto considerando l'ambiente da cui proviene, una
classica forma di "non-discussione delle fondamenta" che spesso noto
negli ambienti giuridici - e` tutto politico: il copyright oggi sta
diventando sempre piu` una forma di sfruttamento economico nelle mani
dei grossi interessi aziendali e sempre meno la formalizzazione di un
patto tra individuo e societa`, patto in cui i vantaggi sarebbero
dovuti essere bidirezionali.
La mia opinione e` che se non partiamo da questo punto, qualsiasi
discussione su quale sia il "miglior modo" per tutelare il software
(nonche` altre opere dell'ingegno) sia inevitabilmente destinata a
soccombere agli interessi economici degli attori in gioco.
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La ringrazio in anticipo per i commenti che vorra` contribuire alle
mie osservazioni.
Cordiali saluti,
andrea
--
Cose semplici e banali per riconciliarmi con andrea glorioso
gli anni sprecati e dentro ci sei tu
Grazie a tutti per davvero ma siamo alla fine www.annozero.org
E ho perso l'inizio ma ho un senso in piu` sama a perchetopi.org
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