[Discussioni]Re: Articolo sul Copyright
Alex Malgaroli
alex_malgaroli a yahoo.it
Lun 9 Giu 2003 21:36:09 CEST
Gentile signor Merico.
Ho letto la Sua risposta all'argomento che avevo suscitato con
l'articolo che tanto l'ha fatta accalorare.
[Solo un appunto: definirmi "scrittore" di quell'articolo non è
corretto, in quanto io l'ho copiato (tramite acquisizione via scanner e
successivo OCR) da un giornale. Come potrà leggere nelle prime righe del
messaggio. Incidentalmente l'autore (Alessandro M. Caprettini) ha un
nome molto simile al mio, ma si tratta di due persone differenti]
Se leggerà le risposte date da altri appartenenti alla lista, potrà
chiaramente vedere come il tono (seppure un po' accalorato) e le
intenzioni nè mie nè degli altri appartenenti alla lista, non sono di
chi vorrebbe "derubare" (la parola è tra virgolette ed è d'obbligo) gli
autori delle proprie creazioni, ma di chi ha ben presente che
l'*attuale* (e ribadisco attuale) sistema di remunerazione dei lavori
artistici e creativi (ma più largamente di tutte le opere cosiddette
dell'ingegno e della mente, software incluso), è largamente
insufficiente e inadeguato per la rivoluzione o il cambiamento che si è
generato nelle possibilità di diffusione degli stessi, con
l'introduzione dei mezzi di comunicazione moderni (basati sul segnale
elettrico) quali la rete.
Il sistema *attuale* è nato in anni precedenti a queste tecnologie. E in
quell'epoca era probabilmente adeguato.
Oggi ci sono differenti condizioni al contorno che lo rendono di
difficile applicazione in maniera *equa* per tutti. In più molto spesso
la (giusta, per carità) protezione dell'autore si trasforma in
protezione dell'avidità dei "protettori" degli autori.
Le Sue obiezioni sono a me ben note. Ne annovero esempi tra i miei
conoscenti. Essi fanno parte delle "cosiddette" PMI che potrebbero
vivere e competere se il mercato fosse veramente libero (dove per libero
s'intende "libero accesso" e non "libero da concorrenti" cui sempre più
sovente misure quali il DMCA sembrano portare).
Le "regole" avide e draconiane che oggi ci sono, sono invece tutto il
contrario. Queste persone vivono (e magari non fanno dell'arte il loro
mestiere) ma non mi insultano perchè scarico musica (magari sono loro
stessi a farlo) o perchè metto sul desktop del mio computer una
locandina di un film recente.
Le faccio presente che le regole avide e draconiane non impediscono la
proliferazione di un commercio - quello sì illegale - di copie
contraffate che giorno per giorno aumenta sempre di più (basta girare
per le città o entrare in un pub o ristorante per essere assaltato da un
"vu cumprà" passato dai fazzolettini ai CD copiati). L'utente viene
spaventato e può finire (come è successo) in galera. Lo spacciatore -
spesso e volentieri protetto da una tribù mafiosa - potrebbe scamparla.
Invece di spaventare l'utente che personalmente copia o scarica
musica/film/... (dando un mancato guadagno ma non facendo circolare
denaro verso organizzazioni malavitose), perchè non rivolge Le sue
attenzioni verso quelle organizzazioni che della contraffazione fanno
mestiere? Perchè anzichè spaventare gli utenti questi non vengono
"sensibilizzati" dicendo che i 5 euro al posto dei 20 che spendono per
un CD comprandolo dal marocchino finanziano organizzazioni mafiose e
malavitose?
Non so se sto sprecando il mio tempo. Il tono della Sua lettera, a mio
giudizio mellifluo e paternalistico quando non gratuitamente offensivo,
mi fa credere ch'Ella abbia idee radicate e che non sia disposto a
vedere le cose da una angolazione differente.
Resto convinto delle mie idee (ripeto: l'inadeguatezza al mutamento
tecnologico delle regole di tutela degli autori. E sottolineo autori,
non distributori), in quanto non capisco perchè dietro a tasse
ipocritamente spacciate per "giusta compensazione nei confronti degli
artisti" (dove sulla giustezza si potrebbero aprire lunghi ed aspri
dibattiti), vedo soltanto protezione di uno status quo che trovo
vergognoso (non m'azzardo a dire multinazionali perchè credo che la
"moralità economica" di una azienda non sia legata alla sua dimensione,
bensì alla moralità che i singoli dipendenti di questa applicano nel
loro lavoro quotidiano, siano semplici operai o amministratori delegati).
Ovviamente per quanto riguarda l'articolo, le intenzioni e le conoscenze
dell'autore, preferisco astenermi dal commentare, non potendole conoscere.
RingraziandoLa per la risposta.
Cordiali saluti.
Alessandro Malgaroli
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