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Michele L
bramik a libero.it
Mar 9 Set 2003 13:40:12 CEST
BREVETTI E SOFTWARE, RISCHIO MONOPOLIO
"Il dibattito sulla brevettabilità delle "invenzioni attuate per mezzo di
elaboratori elettronici", che nei prossimi giorni impegnerà nuovamente i
lavori
del Parlamento europeo con il "rapporto McCarthy", pone gravi questioni sul
fronte della concorrenza e delle libertà economiche e individuali. Tutti
dovremmo concordare su un principio: e cioè che nei sistemi di mercato e
libera
concorrenza è necessario che sia esclusa ogni forma di monopolio sulle "idee".
Altro, infatti, è assicurare il "premio" temporaneo costituito dal brevetto a
chi offre contributi apprezzabili e veramente originali per la soluzione di un
problema tecnico (in questo modo, per un verso, si stimolano la ricerca e
l'innovazione e, per altro verso, dell'accrescimento tecnologico e culturale
che ne consegue trae profitto la comunità intera, che può completamente
disporre delle conoscenze brevettate quando scade il diritto di esclusiva).
Altro, però, è consentire la formazione e il rafforzamento di situazioni di
monopolio con la concessione pressoché indiscriminata di brevetti
su "invenzioni-simulacro" o, appunto, sulle "idee" (in questo modo, semmai, si
limita pericolosamente il progresso scientifico e tecnologico, e si
compromette
gravemente l'effettivo esercizio di quel complesso di libertà individuali che
non sono "alternative" o "subordinate", ma "parti" e "caratteristiche" di un
sistema integrato di concorrenza).
Su questo principio dovrebbero ancora fondarsi le normative degli ordinamenti
europei: escludere che siano brevettabili - cioè monopolizzabili, per quanto
temporaneamente - le idee in quanto tali. Questo principio, mentre appare di
più agevole comprensione e applicazione nei settori per così
dire "tradizionali" dell'impresa produttiva, risulta invece sfuggente quando
si
tratta di "invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici", per usare
la dicitura della proposta di Direttiva della Commissione in discussione a
Strasburgo. Il rischio che si brevetti non già un modo originale per risolvere
un problema tecnico (modo che eventualmente implichi anche l'uso di un
programma che contribuisca alla realizzazione di un nuovo e originale
trovato),
bensì, e appunto, "un'idea" ( che dovrebbe essere realizzabile legittimamente
in mille modi diversi, da diversi programmatori e con diversi linguaggi di
programmazione), è un rischio evidente a tutti, anche se non tutti - anzi -
guardano a questa prospettiva con preoccupazione. Senza infingimenti, è
necessario riconoscere che esistono molti (e molto forti) interessi a che si
giunga a quel tipo di assetto "iperprotezionista", con elusione del divieto
attualmente esistente di brevettabilità del programma per elaboratore "in
quanto tale". Tale assetto tuttavia non favorirebbe il progresso ma il
monopolio (ingiustificato), non assisterebbe la concorrenza ma la
pregiudicherebbe, non allargherebbe ma limiterebbe ingiustamente la scelta
degli utenti. Soprattutto, un tale assetto non premierebbe la diffusione delle
tecnologie - in particolare il "software libero" - né l'accrescimento di
qualità dei prodotti (accrescimento di qualità dovuto anche, e forse
principalmente, all'attività di sviluppatori indipendenti, vale a dire i
soggetti che un regime iperprotezionista escluderebbe dal mercato).
Esiste peraltro, in favore della deriva iperprotezionista, una giustificazione
ambigua, vale a dire che la cosiddetta "brevettabilità del software" è
largamente ammessa in alcuni sistemi avanzati, per esempio negli Stati Uniti,
con vantaggio esclusivo delle grandi imprese di quei Paesi. Con una dose non
piccola di demagogia, si pretenderebbe dunque la realizzazione, in Europa, di
una sorta di allineamento protezionista "in favore delle aziende europee". E'
una giustificazione ambigua in primo luogo perché non abbiamo riprova (anzi)
del fatto che la supremazia tecnologica statunitense sia ottenuta "tramite",
anziché "nonostante", la proliferazione brevettuale (il mercato della
crittografia ad esempio è rimasto per anni bloccato da un brevetto, così come
la diffusione di banali pratiche commerciali impropriamente equiparate ad
invenzioni). E poi perché un allargamento delle possibilità brevettuali in
Europa non garantirebbe agli europei di ottenere più brevetti (semmai questo
dovesse rappresentare un fine da perseguire): garantirebbe piuttosto alle
grandi imprese di ottenere brevetti anche in Europa, ciò che non risolverebbe,
ma aggraverebbe, la situazione di cui ci si lamenta.
Intendiamoci. E' bene che il sistema europeo sia libero dai due pregiudizi
micidiali che riguardano il campo della proprietà industriale e i brevetti: il
pregiudizio secondo cui la moltiplicazione dei brevetti di per sé
rappresenterebbe un segno di vitalità tecnologica (è vero il contrario), e
quello opposto secondo cui la brevettazione di per sé costituirebbe un
impedimento allo sviluppo di qualsiasi libertà (è falso, nella misura in cui
il
brevetto rappresenti, rispetto al sistema di concorrenza, l'eccezione, e non
la
regola). Si tratta nei due casi di un'impostazione sbagliata e infeconda, come
confido possa emergere dal dibattito che - auspicabilmente - i mezzi di
informazione contribuiranno ad alimentare nei prossimi giorni. In argomento, e
proprio in vista della decisione di Strasburgo, il collega radicale Marco
Cappato organizza alla sede del Parlamento europeo di Roma, per venerdì 12
alle
9.30, un incontro pubblico con operatori di settore, associazioni ed esponenti
politici.
Una battaglia di retroguardia per l'esclusione di qualsiasi tutela delle
invenzioni attuate anche per mezzo di elaboratori apparirebbe vana, anche
perché, purtroppo, il formale divieto di rilasciare brevetti sui programmi "in
quanto tali" non ha finora impedito agli uffici brevetti (quello europeo e
quelli nazionali, entrambi spinti sia da ragioni di interesse che da
superficialità) di concedere ugualmente privative su quelle (pretese)
invenzioni. Ma un forte e urgente impegno affinché sia rigorosamente limitata
la brevettabilità in questo settore è assolutamente necessario."
Emma Bonino
Deputata radicale
ebonino a europarl.eu.int
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