[Discussioni]sui brevetti software

Francesco Potorti` pot a softwarelibero.it
Lun 22 Set 2003 01:08:05 CEST


articolo di una deputata DS alla Camera apparso su
www.dsonline.it

18 Settembre 2003
Lo sviluppo del software in Europa e la direttiva sui brevetti
Di Beatrice Magnolfi


"La proprietà intellettuale è protetta", così recita l'art. II-17 della
bozza di Trattato UE.

In parecchi altri articoli la stessa bozza impegna gli stati membri a
promuovere la ricerca e lo sviluppo tecnologico, in coerenza con gli
obiettivi del Consiglio straordinario di Lisbona (2000) e dei successivi
piani e-Europe.

Fra questi due corni del problema si inserisce la complessa discussione
sulla brevettabilità del software, che viene sollevata in queste settimane
dall'imminente votazione della cosiddetta direttiva McCarthy da parte del
Parlamento europeo.

E' uno di quei casi in cui le istituzioni elettive vengono chiamate a
decidere su una materia assai tecnica, per lo più preclusa ai non addetti ai
lavori, ma foriera di cambiamenti strategici dal punto di vista culturale e
sociale. Oltre che terreno di enormi interessi economici.

Mentre gli Stati Uniti già da 20 anni hanno esteso al software il sistema
dei brevetti, in Europa, a 30 anni dalla Convenzione di Monaco (1973), che
vietava la protezione dei software in quanto prodotti immateriali, lo
sviluppo tecnologico ha determinato una grande eterogeneità di normative
negli stati membri e parecchia confusione negli apparati esecutivi: basti
pensare che l'Ufficio Europeo Brevetti ha finora rilasciato oltre 10.000
brevetti sul software (in grande maggioranza a società americane o
giapponesi) aggirando il divieto.

Se armonizzare le regole in questa materia appare necessario, anche tenuto
conto della valenza globale degli scambi in ambito virtuale, è la spinta
alla protezione che viene dall'industria del software il vero motore della
direttiva.

Il mondo del software libero è fieramente contrario, ma anche diversi
esponenti della comunità scientifica ed economica mettono in guardia il
Parlamento dalla sua approvazione.

Progettare software è come scrivere una sinfonia - si dice - come avrebbe
fatto Beethoven se le note musicali o le loro combinazioni fossero state
coperte da un brevetto?

In effetti, nel caso del software, occorre rivedere il concetto che ad ogni
singola idea corrisponda un singolo brevetto; i pacchetti software
utilizzano molte idee insieme, in combinazioni sempre diverse: se per
implementarle in un nuovo programma ogni progettista deve conoscerne i
relativi brevetti e fermarsi ad aspettare le licenze, questo può produrre un
grave ostacolo allo sviluppo del settore.

I programmatori dovranno essere tanto brillanti da costruire nuovo software
riuscendo ad aggirare tutte le soluzioni preesistenti o tanto ricchi da
comprare tutte quelle protette da brevetto.

In particolare sarebbe compromessa l'attività dei programmatori di software
libero, che, non ricavando denaro dalle licenze, si troverebbero a ricevere
solo danni dalla direttiva, senza ottenerne neppure un vantaggio. E con
loro, sarebbero danneggiati i consumatori, privati e pubblici (diversi
governi europei hanno varato indirizzi per l'applicazione di sistemi open
source alla pubblica amministrazione e, in assenza di politiche governative,
molti enti pubblici hanno fatto autonomamente questa scelta anche in
Italia).

Ma anche fra i piccoli produttori di software a pagamento i timori sono
maggiori delle aspettative.

Negli Stati Uniti, il sistema ha provocato un enorme contenzioso, che vede
al centro i grandi studi legali delle multinazionali dove si concentrano i
portafogli dei brevetti: è chiaro che per le piccole e medie imprese europee
sarebbe molto più difficile sostenere i costi per difendere i propri
brevetti dalla concorrenza o per difendersi da accuse di violazioni, tanto
più in un campo in cui la descrizione dei prodotti è oltremodo ambigua e
opinabile.

Infine, il sistema dei brevetti è stato pensato come spinta all'innovazione,
oltre che come tutela dei diritti di proprietà, ma in questo caso potrebbe
ottenere l'effetto contrario: non solo i codici continuerebbero ad essere
secretati, ma anche le idee.

Questo produrrebbe un rallentamento all'innovazione incrementale, ovvero al
processo di sviluppo che nasce dal lavoro di tutti coloro che, in un flusso
libero e continuo, producono nuovo sapere partendo dalla creatività degli
altri e restituiscono l'opportunità rendendo a loro volta disponibili i loro
contenuti.

Non è una visione ideologica, è il metodo più ovvio e conveniente in un
settore oggettivamente diverso da tutti gli altri beni, dove il concetto
stesso di "invenzione" ha bisogno di essere definito diversamente.

L'Europa deve allargare la società della conoscenza, non porle nuovi
vincoli.

Un'esigenza ancor più forte per l'Italia, dove la desolante assenza di
politiche e di risorse pubbliche da parte del Governo delle "3 I" sta
aggravando tutti i ritardi.

La legislazione sul diritto d'autore garantisce già che il lavoro delle
persone non venga mortificato: non servono ulteriori tutele che avrebbero l'
effetto di rallentare lo sviluppo e diminuire le opportunità.





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