[Discussioni] (fwd) [copyDOWN] Fw: [RK] una nota a "free culture" di Lessig
Nomen Nescio
nobody a dizum.com
Mar 6 Apr 2004 08:00:03 CEST
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Newsgroups: inventati.copydown
Subject: [copyDOWN] Fw: [RK] una nota a "free culture" di Lessig
Date: Sun, 4 Apr 2004 20:50:40 +0200
----- Original Message -----
To: <rekombinant a liste.rekombinant.org>
Sent: Friday, April 02, 2004 10:45 PM
Subject: [RK] una nota a "free culture" di Lessig
>
> Ho dato un'occhiata rapida al testo di Lessig "Free Culture".
> Si tratta di un testo importante, e sara' interessante vedere se e
> quando qualche editore si decidera' a pubblicarlo in Italia. Lessig
> esprime con grande chiarezza concetti importanti, che meritano
> l'attenzione di quanti hanno riflettuto con raziocinio sui problemi
> del copyright nei nuovi scenari.
> Visto che il libro e' liberamente disponibile in download, non posso
> che esortarvi a seguire il consiglio di Matteo di scaricarlo.
>
> C'e' pero' un elemento, in particolare, che mi ha spinto a riflettere.
> Riguarda la famosa causa Eldred vs. Ashcroft. Avendo seguito a suo
> tempo la vicenda, ho letto con grande interesse le autocritiche di
> Lessig sul suo comportamento nel corso del dibattimento, i dettagli
> sulle posizioni dei giudici della suprema corte, il ruolo di Eldred e
> cosi' via.
> Su Rekombinant il ricorso di Lessig alla suprema corte contro il
> potere del Congresso di estendere illimitatamente il copyright e'
> stato discusso in diverse occasioni.
> Un particolare che non sapevo e' che Lessig, dopo la sconfitta alla
> Suprema Corte, non senza una certa ironia, ha lanciato una sorta di
> proposta di legge che ama definire "Eldred Act".
> La proposta e' chiara ed elementare: chi vuole mantenere i diritti di
> copyright sulle opere deve versare una piccola somma (diciamo un
> dollaro) presso un apposito ufficio. Le opere ancora sotto copyright,
> per le quali questa somma non viene versata entro tot, divengono
> automaticamente di pubblico dominio.
>
> Sempice ed elegante.
>
> In questo modo, dice Lessig, la Disney puo' dormire sonni tranquilli.
> E con lei possono dormire tranquilli tutti i rari autori e le
> corporation che, a distanza di cinquant'anni o novant'anni anni,
> ricevono ancora i benefici dalle pubblicazioni del passato. In
> compenso, afferma il professore, tutte le opere che non hanno piu'
> alcun interesse commerciale tornano ad appartenere alla sfera
> pubblica, senza restrizioni di sorta.
>
> Con quella forma di candore un po' stupido che caratterizza molti
> liberal americani, Lessig si stupisce che anche questa sua
> ragionevolissima proposta sia stata sbeffeggiata ed osteggiata dalle
> lobbyes che difendono la proprieta' intellettuale.
>
> Alla fine giunge a darsi qualche risposta di questa inspiegabile
> ostilita': la questione, dice Lessig e' che questa gente non difende
> la proprieta', ma ostacola la tradizione. Non gli basta insomma
> proteggere quanto gli appartiene, pretende invece che tutto cio' che
> e' in circolazione sia suo.
>
> Bravo professor Lessig !
>
> Ma allora questo discorso andrebbe approfondito. La liberazione
> gratuita del sapere, per esempio quello contenuto nei libri del
> passato, costituisce un attacco al giacimento di attenzione
> disponibile a livello planetario. In altri termini, il problema del
> controllo sulla conoscenza circolante non e' riconducibile solo a
> questioni economiche in senso "stretto" (voglio che consumino solo
> quanto io fornisco) ma anche e soprattutto in senso largo (non voglio
> che siano distratti da opere che non sono monetizzabili). Qui gli
> interessi delle corporation convergono. Si tratta a tutti gli effetti
> di monopolio, il monopolio dell'attenzione. Detenuto, guarda un po',
> da un "cartello". Non stupisce dunque che rispondano a "reti unite" a
> qualsiasi proposta minacci questo territorio. Se prendiamo sul serio
> questo secondo approccio, assai piu' generale, arriviamo facilmente a
> concludere che tutti i tentativi di raccontarsi la storiella che
> esiste un fronte "produttivo" ( "in senso monetario" ) della libera
> circolazione della cultura e' destinato al fallimento.
>
> Non c'e' niente da fare: se io immetto in libera circolazione,
> attraverso un sistema di scambio o attraverso una nuova legge sul
> copyright, centinaia di migliaia di libri, allora quei libri saranno
> letti da qualcuno che, mentre li legge, non soddisfa nessuna esigenza
> immediata del mercato: non leggera' il giornale, non si connettera'
> alla rete, non comprera' il testo in libreria. Costui abitera' uno
> spazio non monetizzabile, cioe' non riducibile alla logica di mercato.
> Le persone che leggeranno libri di pubblico dominio saranno (come
> dire?) "sospese" rispetto a qualsiasi interesse produttivo (sempre in
> senso monetario). Saranno delle entita' produttivamente "congelate",
> la loro attivita' di lettura non andra' (almeno immediatamente) a
> beneficio di nessuno.
>
> E' questa la vera ragione dell'estensione illimitata delle leggi sul
> copyright. Ed e' inutile starsela a menare tanto con Topolino e la
> Disney.
> Il fatto e' che la mente (e il suo tempo) sono di fatto uno spazio di
> colonizzazione del mercato. Immettere conoscenza libera significa
> occupare porzioni di un territorio che un settore particolarmente
> aggressivo ha interesse a lasciare "vuoto" e disponibile (available).
> Questo territorio si chiama "attenzione".
> Se si capisce questo, si capisce anche perche' questa gente monta su
> tutte le furie davanti a una proposta innocente come l'Eldred Act di
> Lessig.
>
> Ma se si capisce questo, allora si deve anche saper portare una
> critica ragionata, ragionevole, non partigiana, al concetto di
> produttivita' capitalistica cosi' come oggi e' intesa. Non si scappa.
> Ha mille ragioni Lessig a sostenere che il futuro si costruisce sul
> passato. E che questa gente ci costringe all'eterno presente riducendo
> il nostro accesso al passato. Ma allora, a meno di pensare seriamente
> che esistono "bugie che mandano in paradiso", si dovra' anche
> riconoscere che la logica di mercato dominante si imballa di fronte
> alla produzione di arte e di conoscenza. E non e' questione di piccole
> correzioni, di dettagli. Lessig la sua "piccola correzione" l'ha
> proposta. Guarda un po', viene spernacchiato.
>
> A questo punto la verita' sembra a un palmo dal naso: non e' affatto
> vero che la produttivita' (in senso generale) coincida con la
> monetizzazione del tempo e dell'attenzione e, a ben guardare, non e'
> nemmeno vero che si debba essere sempre e per forza produttivi (in
> qualsiasi senso).
>
> Dunque c'e' spazio per un'altra produttivita'. Il problema e' che
> questa "altra" produttivita' - probabilmente "superiore" a quella del
> mercato attuale - non riesce a trovare forme (o ci riesce raramente).
> E secondo me qui e' Rodi. Problema non da poco, chi lo nega?
> Ma almeno e' posto nei termini corretti.
>
> Ciao
> Rattus
>
>
>
> ___________________________________________
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