[Discussioni] a proposito delle comunità italiane....
Giangi
lug.rimini a email.it
Mar 20 Apr 2004 00:51:24 CEST
Piccola introduzione (se volete andare al succo del discorso sulle
comunità di programmatori, saltatela)
Il Sig. l-i-b-e-r-o (un paio di volte si è firmato con nome di battesimo
ma non me ne voglia se non me lo ricordo) è chiaramente un provocatore,
tira il sasso e non nasconde la mano, anzi continua ad alimentare, a
volte arrivando al limite del flame e del troll; questo atteggiamento
indispone chi si trova chiamato in causa o si sente insultato dalle sue
risposte: io stesso mi sono sentito da lui insultato e preso in giro
(addirittura messo all'indice come membro della "banda dei sovversivi",
ci rido ancora... :) ) e ho trovato inutile rispondergli... ma da qui a
dire che è uno stupido, che non ha diritto di parlare e a mettere
realmente un filtro, ce ne passa. Sinceramente ritengo che quando ci si
limita a cercare il significato dei suoi post (ritengo volutamente
provocatorii) e si passa sopra alla "sparata sul mucchio", si trovino
degli interessanti spunti di riflessione ad esempio questo sulle
comunità italiane mi sembra un discorso da approfondire, quindi passo
alla sostanza del discorso:
Ci sono le comunità di programmatori italiane? Se ci sono cosa fanno?
Io ritengo che ce ne siano ma siano poche, per indole o per volontà gli
italiani hanno preferito aggregarsi a progetti stranieri e andare a
cercare di farsi nome e professionalità all'estero, mi vengono in mente
nomi abbastanza famosi tipo Andrea Arcangeli e Marco Presenti Gritti...
Perché succede questo? Ritengo che le cause principali siano due.
1) All'estero sono arrivati prima.... più che il client di posta io mi
chiedo: dov'è la distribuzione linux italiana? Gli americani hanno
redhat, i francesi mandrake, i tedeschi suse, i brasiliani Connectiva, i
giapponesi Turbolinux... e noi? Niente! Qualcuno ci ha provato, mi
ricordo una Madpenguin se non erro e un paio di distribuzioni a
pagamento di qualche azienda.... Mi sembra che in Italia negli anni
addietro, sia mancata una base di professionisti e aziende interessate
seriamente al settore del software libero.
Ritengo che il tramonto dell'Olivetti come unica grande azienda
informatica italiana abbia lasciato un buco enorme mai tappato, anzi,
aggravato da una sempre maggior dipendenza dall'estero. Dov'è un grosso
produttore di hardware italiano? E il software? E' una mia impressione o
l'unico mercato vivo di software sia quello dei software di contabilità
e per la ristorazione? Guarda caso due settori in cui il cliente resta
sempre legato a doppio filo al produttore.
2) Dov'è la ricerca? Dov'è l'università? Cos'hanno fatto al CNR negli
ultimi vent'anni? E alle università di Pisa e al Politecnico di Torino
che si faceva (le due "informatica" considerate più prestigiose)? A
Berkley si creava Unix ed LSD (qualcuno dice che non sia un caso... :) )
e all'Università dello Utah si creava Mach. Il settore pubblico è stato
a guardare senza rendersi conto delle enorme potenzialità del software
libero proprio per la pubblica amministrazione e per la scuola.... E i
supercomputer? Dove sono in Italia? Il CERN, il CNR, l'ENEA... la loro
ricerca non aveva bisogno di supercomputer... ecco che siamo rimasti
indietro anche su quelli...
3) Lo so che avevo detto che erano due ma era un scherzo... Pare che
l'indole italiana sia quella pensare semrpe che le cose buone si fanno
solo all'estero, allora le macchine buone sono quelle tedesche e le fiat
fanno schifo, i televisori devono avere impronunciabili nomi tedeschi e
giapponesi altirmenti vuol dire che sono scadenti, le moto di qualità si
fanno solo in giappone e così via... e allora invece di cercare di
aggregare il buono qui in Italia si va a cercare all'estero dove si
pensa che siano sempre i migliori ed ecco fatta la frittata.
4) Chi non si riconosce nel profilo del punto 3 si riconosce il quello
del sapere e della conoscenza senza barriere o dogane, parla bene
l'inglese non gli frega niente di sviluppare in un progetto ideato da un
turco e di portarlo avanti con un cinese, 20 indiani, 3 israeliani, ecc.
Morale della favola? Non lo so... io ho cercato di trovare dei motivi,
perché effettivamente avverto questa carenza, avverto il fatto che come
al solito ci troviamo a rincorrere e non mi sembra un capriccio
patriottico (non lo sono affatto, credemi), la vedo una grave mancanza
nella nostra cultura e nel processo di diffusione del software libero in
Italia.
Mi sbaglio? Sono solo io che avverto questa carenza e ho trovato dei
motivi per questa? Passo.
Saluti
Giangi ....noto membro della "banda dei sovversivi" :)
al secolo Gianluigi Ravviso
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