[Discussioni] a proposito delle comunità italiane....
sburalli a laika.it
sburalli a laika.it
Mar 20 Apr 2004 10:04:31 CEST
Non sono un programmatore ma solo un utente di SL.
Devo dire che quelle di Giangi le ritengo ***parole sante***: la scomparsa
di tecnologie di cui l'Olivetti è un caso emblematico (ma magari fosse
solo il settore informatico-elettronico!), la ricerca in stallo, la
"sottocultura" esterofila.
Sui primi punti consiglio a tutti un saggio molto appassionante: Luciano
Gallino, La scomprasa dell'Italia industriale. Sono 100 pagine che oltre
alla storia dell'Olivetti delineano lo scenario terribile in cui un'intera
classe dirigente ha chiuso e sta facendo chiudere tutte le produzioni ad
alto ingegno e ad alta tecnologia in Italia. Dello stesso autore esiste
anche un testo specifico sull'Olivetti ma non ho il titolo.
Non mi sento di definire OT questo messaggio in quanto ritengo che Giangi
abbia toccato i punti salienti di questo argomento sui quali ho proposto
un approfondimento a chiunque sia interessato. Non è certo per
patriottismo o, lungi da me, desiderio di autarchia se ribadisco
l'importanza di certe questioni.
Saluti a tutti.
Simone Buralli
discussioni-bounces a softwarelibero.it scritti il 20/04/2004 00.51.24
> Piccola introduzione (se volete andare al succo del discorso sulle
> comunità di programmatori, saltatela)
> Il Sig. l-i-b-e-r-o (un paio di volte si è firmato con nome di battesimo
> ma non me ne voglia se non me lo ricordo) è chiaramente un provocatore,
> tira il sasso e non nasconde la mano, anzi continua ad alimentare, a
> volte arrivando al limite del flame e del troll; questo atteggiamento
> indispone chi si trova chiamato in causa o si sente insultato dalle sue
> risposte: io stesso mi sono sentito da lui insultato e preso in giro
> (addirittura messo all'indice come membro della "banda dei sovversivi",
> ci rido ancora... :) ) e ho trovato inutile rispondergli... ma da qui a
> dire che è uno stupido, che non ha diritto di parlare e a mettere
> realmente un filtro, ce ne passa. Sinceramente ritengo che quando ci si
> limita a cercare il significato dei suoi post (ritengo volutamente
> provocatorii) e si passa sopra alla "sparata sul mucchio", si trovino
> degli interessanti spunti di riflessione ad esempio questo sulle
> comunità italiane mi sembra un discorso da approfondire, quindi passo
> alla sostanza del discorso:
> Ci sono le comunità di programmatori italiane? Se ci sono cosa fanno?
> Io ritengo che ce ne siano ma siano poche, per indole o per volontà gli
> italiani hanno preferito aggregarsi a progetti stranieri e andare a
> cercare di farsi nome e professionalità all'estero, mi vengono in mente
> nomi abbastanza famosi tipo Andrea Arcangeli e Marco Presenti Gritti...
> Perché succede questo? Ritengo che le cause principali siano due.
> 1) All'estero sono arrivati prima.... più che il client di posta io mi
> chiedo: dov'è la distribuzione linux italiana? Gli americani hanno
> redhat, i francesi mandrake, i tedeschi suse, i brasiliani Connectiva, i
> giapponesi Turbolinux... e noi? Niente! Qualcuno ci ha provato, mi
> ricordo una Madpenguin se non erro e un paio di distribuzioni a
> pagamento di qualche azienda.... Mi sembra che in Italia negli anni
> addietro, sia mancata una base di professionisti e aziende interessate
> seriamente al settore del software libero.
> Ritengo che il tramonto dell'Olivetti come unica grande azienda
> informatica italiana abbia lasciato un buco enorme mai tappato, anzi,
> aggravato da una sempre maggior dipendenza dall'estero. Dov'è un grosso
> produttore di hardware italiano? E il software? E' una mia impressione o
> l'unico mercato vivo di software sia quello dei software di contabilità
> e per la ristorazione? Guarda caso due settori in cui il cliente resta
> sempre legato a doppio filo al produttore.
> 2) Dov'è la ricerca? Dov'è l'università? Cos'hanno fatto al CNR negli
> ultimi vent'anni? E alle università di Pisa e al Politecnico di Torino
> che si faceva (le due "informatica" considerate più prestigiose)? A
> Berkley si creava Unix ed LSD (qualcuno dice che non sia un caso... :) )
> e all'Università dello Utah si creava Mach. Il settore pubblico è stato
> a guardare senza rendersi conto delle enorme potenzialità del software
> libero proprio per la pubblica amministrazione e per la scuola.... E i
> supercomputer? Dove sono in Italia? Il CERN, il CNR, l'ENEA... la loro
> ricerca non aveva bisogno di supercomputer... ecco che siamo rimasti
> indietro anche su quelli...
> 3) Lo so che avevo detto che erano due ma era un scherzo... Pare che
> l'indole italiana sia quella pensare semrpe che le cose buone si fanno
> solo all'estero, allora le macchine buone sono quelle tedesche e le fiat
> fanno schifo, i televisori devono avere impronunciabili nomi tedeschi e
> giapponesi altirmenti vuol dire che sono scadenti, le moto di qualità si
> fanno solo in giappone e così via... e allora invece di cercare di
> aggregare il buono qui in Italia si va a cercare all'estero dove si
> pensa che siano sempre i migliori ed ecco fatta la frittata.
> 4) Chi non si riconosce nel profilo del punto 3 si riconosce il quello
> del sapere e della conoscenza senza barriere o dogane, parla bene
> l'inglese non gli frega niente di sviluppare in un progetto ideato da un
> turco e di portarlo avanti con un cinese, 20 indiani, 3 israeliani, ecc.
> Morale della favola? Non lo so... io ho cercato di trovare dei motivi,
> perché effettivamente avverto questa carenza, avverto il fatto che come
> al solito ci troviamo a rincorrere e non mi sembra un capriccio
> patriottico (non lo sono affatto, credemi), la vedo una grave mancanza
> nella nostra cultura e nel processo di diffusione del software libero in
> Italia.
> Mi sbaglio? Sono solo io che avverto questa carenza e ho trovato dei
> motivi per questa? Passo.
> Saluti
> Giangi ....noto membro della "banda dei sovversivi" :)
> al secolo Gianluigi Ravviso
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