[Discussioni] Articolo sul copyright
robipolli
robipolli a osolutions.homelinux.net
Mar 16 Nov 2004 12:12:27 CET
Ciao a tutti.
Sto scrivendo un semplice articolo divulgativo sull'estensione del
copyright, per il quale ho preso spunto - tra l'altro- dai vari documenti e
post della lista.
Volevo però il parere di voi esperti del settore. Sperando di non suscitare
le ire di nessuno (l'articolo è divulgativo e non un trattato esauriente
sulle implicazioni del copyright musicale sullo sfruttamento delle
popolazioni aborigene dell'africa centrale ;-D )vi allego il tutto.
Grazie mille,
R.
PS. Scusate l'unicode
<article>
Durante una delle passeggiate romane dei miei fine settimana, mi sono
trovato nei pressi della libreria Feltrinelli di Torre Argentina. La
libreria era stranamente chiusa: dentro il personale che riordinava gli
scaffali, fuori gruppetti di gente incuriosita.
Dai tadzebao inneggianti a san Precario attaccati sulle vetrine non era
difficile capire cosa fosse successo; una scritta però mi ha colpito: no
copyright.
L'attacco alla Feltrinelli partiva col presupposto di liberare l'accesso
alla cultura ostacolato dal potere dei suoi distributori. Tale potere viene
mantenuto tramite il "diritto di copia" o "diritto d'autore": è l'autore di
un opera che decide le sue modalità di distribuzione.
Il copyright è appunto il diritto di copia che, tramite una sorta di
contratto sociale, lo Stato garantisce all'autore di un'opera per un periodo
limitato di tempo; scaduto il quale l'opera diviene di "pubblico dominio"
ossia liberamente utilizzabile e redistribuibile.
Il copyright nasce quindi per:
- incentivare e promuovere la diffusione di creazioni *originali* ed
evitare che gli artisti, per paura di perdere il controllo sulle opere, non
le divulgassero; [tutelare quelli che ora chiameremmo "creatori di
contenuti" da chi volesse sfruttare economicamente le loro opere senza
corrispondere alcun compenso;]
- rendere infine disponibili al pubblico le opere, considerando che nella
durata del copyright l'autore abbia ricevuto un giusto compenso per la sua
creazione.
In origine la concessione del copyright aveva una durata di 20 anni, per poi
aumentare, sotto le pressioni delle varie case discografiche che col
copyright si erano arricchite, prima a 35 e poi a 50 anni. Ora, in occasione
della scadenza dei diritti per alcuni grandi successi degli anni 50,
rischiamo di assistere ad una ulteriore estensione del copyright, che i
discografici vogliono prolungati fino a 95 anni.
Da quanto visto sin'ora le perplessità sorgono non quindi sull'essenza del
copyright visto come concessione della società ad un autore, ma dal suo
stravolgimento:
l'attuale normativa sul copyright risponde almeno ai due criteri sopra
indicati? le opere per le quali oggi si chiede una tutela pressocchè
secolare possono essere considerate tutte "creazioni originali"? Bastavano
35 anni agli autori per ricevere un giusto compenso? Se la prima legge sul
copyright avesse imposto la tutela di 95 anni sarebbe mai stata approvata?
Chi viene lesa da queste continue proroghe è la cittadinanza, quella stessa
cittadinanza che - tramite le leggi - ha concesso il copyright anche per
usufruire liberamente delle opere alla sua scadenza, scadenza che da 50 anni
non è mai arrivata.
I tempi cambiano. Con la diffusione delle nuove tecnologie cambia anche la
distribuzione, i cui monopoli vanno sgretolandosi. In questo contesto i
monopolisti di ieri fanno appello ai parlamenti degli Stati e dell'Unione
Europea per mantenere le loro posizioni, approfittando della posizione
acquisita proprio grazie a quelle tutele concesse[ e per le quali non è
stato pagato ancora alcun prezzo].
I frutti che queste politiche raccolgono sono sotto gli occhi di tutti. La
concessione da parte dei parlamenti nazionali di diritti che la stragrande
maggioranza della popolazione non riconosce fattivamente (come spiegare
altrimenti il fenomeno diffuso della vendita di masterizzatori CD e DVD?)
non ingenera altro che non rispetto della normativa e sfiducia nelle
istituzioni ed illegalità: elementi che forniscono una sponda ideale ed
ideologica a manfestazioni violente alle quali ci stiamo abituando.
</article>
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