[Discussioni] [NEWS] CNIPA, INPS e Riuso software nelle PA
Alberto Cammozzo
mmzz a stat.unipd.it
Mer 6 Ott 2004 18:01:58 CEST
Considerazioni preliminari:
1) La comunita' FS non mi pare molto abituata a ragionare sui prodotti
custom di cui parla Fuggetta: milioni di linee di codice
sviluppati per un solo o al massimo pochi, pochissimi clienti.
Io non sono di sicuro abituato a parlare di software in questi
termini.
2) Coloro che commissionano quel tipo si programmi non sono molto
abituati a parlare di software libero e forse non ne sentono l'esigenza
come coloro che acquistano sw a licenza. Non temono il piu'
dolorosamente tangibile degli effetti del software proprietario: il lock-in.
E adesso vediamo di azzardare qualcosa:
Nel suo stimolante mail in lista Fuggetta scrive:
Notate che chiedere in questa fase che il software sia open source,
come spiego piu' avanti, e' controproducente per l'acquirente perche'
limita la sua possibilita' di azione: deve chiedere la piena proprieta'.
Piu' avanti dice:
Quando una PA ha acquisito la proprieta' di un software custom, tenendo conto
che qualcuno non sarebbe molto contento (vedi commento di prima), potrebbe
purtuttavia renderlo "open" per il mercato e le altre PA (magari con qualche
meccanismo alla Mozilla o Community source per avere un coordinamento, ma di
questo possiamo discuterne). Tra l'altro, questo potrebbe innescare un meccanismo
di trasformazione del software custom in pacchetto. Notate che potrebbe
addirittura renderlo public domain ed e' per questo che limitarsi a dire open
source in fase di acquisizione non ha senso.
Allora, qual'e' lo status, ad esempio, del software custom?
Nell'ambito delle PA lo definirei libero, o meglio
*semilibero*. Le prime tre liberta' stallmaniane sono
limitate unicamente dalla volonta' della PA committente di cedere
il codice. Una volta ceduto (supponiamo nella modalita' peer-to-peer,
come dire un fork) puo' essere impiegato a piacimento da chi lo
riusa.
Il dubbio che esprimevo nel post precedente, e che Fuggetta
smentisce categoricamente con quanto scritto sopra,
e' sulla quarta liberta', cioe' che quel codice possa
essere ridistribuito liberamente, come Open Source o addirittura
Public Domain, come se non erro e' il caso negli USA sul
sw sviluppato per il Governo.
Se cosi' me ne rallegro, ritiro l'eccezione avanzata sul mercato separato
e possiamo dichiarare senza troppo timore di sbagliare che
con la concessione del riuso il software custom diventa libero.
Possiamo dichiarare che in Italia la maggior parte del
codice in uso e'gia' *potenzialmente* libero.
Questo significa che una amministrazione puo' pacchettizzare
(ammesso che cio' abbia un senso) e rilasciare il proprio codice
a beneficio di tutti, inclusi i concorrenti di chi ha sviluppato
originariamente il codice, in una logica perfettamente free.
Come dice Fuggetta dobbiamo discutere sulle licenze, sui modelli
di sviluppo, sulle economicita', ma dal punto di vista
*formale* non vedo perche' non dire che' libero.
Puo' darsi che arriveremo a questo, e se ho capito bene come
funziona il riuso e se le PA lo sfrutteranno. Mi auguro, perlomeno,
che il processo iniziato con il riuso converga verso una prassi
di software libero formalizzata.
C'e' molto da fare, soprattutto nella diffusione
della cultura del riuso, come evidenzia il documento del GdL CNIPA
(mia mail precedente), ma una strada sembra tracciata.
Tuttavia ritengo che finora prassi etiche o leggi non scritte leghino
il committente a non "dare troppo in giro" il codice per non danneggiare
il produttore di software, limitandosi a diffonderlo ad altre
PA che lo richiedano. Stiamo a vedere...
Sul fatto che le PA non sono obbligate a concedere il riuso:
non mi permetto di entrare in materia costituzionale, ma anche
RMS parla di liberta', e non di obblighi, come giustamente
puntualizzava Saint. La cosa veramente importante e' che chi
lo usa possa farne quello che vuole senza dipendere da chi lo ha
scritto e detiene i sorgenti.
Saluti
Alberto
--
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