[Discussioni] Un programma che puzza - Lettera aperta alla Redazione della Margherita di Roma -
Roberto Galoppini
galoppini a acmesolutions.it
Mer 8 Giu 2005 16:10:38 CEST
Spettabile Redazione della Margherita di Roma,
ho avuto modo di prender visione del testo riportato sul vostro sito
[1] e mi spiace constatare che Paolo Zocchi, amico e noto professionista
del settore, si sia espresso favorevolmente a quella che altri chiamano,
una "limitata" brevettabilità.
Tralascio di commentare le romantiche suggestioni che vorrebbero
possibile la realizzazione di un programma che produca odori, come è
noto infatti i programmi per loro natura sono inodori e questo nella
maggior parte dei casi è una fortuna anziché no, ma l'errore che si
nasconde dietro questa singolare ipotesi è preoccupante.
Preoccupa l'idea che i programmi siano, nell'accezione proposta,
qualcosa di diverso rispetto ad una semplice descrizione di un metodo
effettuata ricorrendo ad un linguaggio non naturale, quale che sia il
linguaggio scelto e l'algoritmo descritto.
L'attribuire al software un valore diverso dall'essere una
rappresentazione matematica di un concetto del tutto slegata dalle leggi
fisiche dell'universo, come scrisse lo stesso Donald Knuth nella lettera
del 1995 all'ufficio brevetti statunitense [2], è un errore che può
indurre a ritenere orwellianamente determinati programmi più uguali di
altri, arrivando ad immaginare un ipotetico spartiacque dove da una
parte ci sono i programmi innovativi, che "odorano", e dall'altra quelli
che, per converso, "puzzano", in quanto banali rielaborazioni di altri
programmi già esistenti.
Il problema di stabilire quale software possa essere brevettabile è
antico: l'ufficio brevetti statunitense, nonostante le preoccupazioni
espresse dalla Federal Trade Commission, dopo oltre dieci anni di
pratiche non ha saputo porvi rimedio, né si profila uno scenario in cui
l'Europa saprà meglio districarsi, visto e considerato la quantità di
brevetti già oggi accettati dallo European Patent Office in barba alla
convenzione di Berna del 1971, visto e considerato il tempo medio di
evasione impiegato per stabilire se un'idea sia o meno brevettabile
(meno di 20 ore), visto e considerato infine che gli uffici brevetti
sono realtà private, il cui "modello di business" si basa essenzialmente
sul recepimento del brevetto piuttosto che no (si veda in proposito cosa
riporta il sito dell'ufficio brevetti [3]).
Tale preoccupazione in fondo è ben espressa anche nel vostro testo,
dove si ipotizza che multinazionali senza scrupoli (ma potrebbero
benissimo essere uffici legali nazionali) brevettino quanto "inventato"
nell'ambito di progetti Open Source, comunicando al lettore
implicitamente l'idea secondo la quale gli uffici brevetti abbiano delle
politiche di recepimento piuttosto lasche.
Ammetto onestamente di non aver compreso la logica secondo la quale
l'esistenza di due tipologie di brevetti, una proprietaria e l'altra
libera, favorisca la ricerca, al contrario l'impressione che ho è che
aumentando la tipologia di brevetti il problema si accresca.
Il problema principale infatti è e rimane l'incertezza: il
rogrammatore, dipendente di una multinazionale o libero professionista,
che si sieda per scrivere un programma non sa e non può sapere se quello
che sta realizzando è o non è coperto da uno piuttosto che cento
brevetti, visto e considerato che nemmeno gli stessi uffici brevetti
dispongono di strumenti per la "navigazione" dei brevetti registrati,
come dimostrano l'esistenza di casi di sovrapposizione tra brevetti.
Circa l'accenno finale alla necessità di una regolamentazione mi sento
di affermare che fino a oggi piccole, medie e grandi imprese
informatiche italiane, e più in generale europee, hanno potuto nascere,
crescere e svilupparsi, che questo possa essere ancora possibile
all'indomani di un tanto infausto quanto probabile recepimento della
direttiva, è tutto da dimostrare, soprattutto in un contesto che
presenta particolari caratteristiche in termini di innovazione
sequenziale[4], dove è quindi difficile, se non come dimostrano le
precedenti esperienze, impossibile definire uno spartiacque.
Spero che questa mia breve lettera sia di spunto a riflessioni e
discussioni che vorrete condividere con noi, vista l'attualità e
l'importanza dei temi in discussione.
Rob Galop
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[1]http://www.e-margherita.it/index.php?pagina=articolo&idarticolo=1704>
[2]http://lpf.ai.mit.edu/Patents/knuth-to-pto.txt>
[3]http://www.ufficiobrevetti.it/software/software_home.htm
[4]Sequential Innovation, patents and imitation, Bessen, Maskin 2004
http://www.sss.ias.edu/publications/papers/econpaper25.pdf
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