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Alberto Cammozzo
mmzz a stat.unipd.it
Gio 18 Maggio 2006 18:36:31 CEST
On Wed, May 17, 2006 at 08:40:05PM +0200, Antonio Russo wrote:
> Il giorno mer, 17/05/2006 alle 15.19 +0200, Francesco Potorti` ha
> scritto:
> > LA PA ITALIANA DIFFIDA DEL SOFTWARE APERTO
> > di S. Brunozzi - Cosa impedisce alla PA di adottare soluzioni libere?
> > Tra resistenze culturali e update tecnologici le imprese del codice
> > aperto devono imparare ad avvicinare la PA nel modo migliore
> > URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?id=1488173
Non me la sento di smentire in nulla l'articolo di Brunozzi,
anche se non credo che le diffidenza di cui parla siano esclusive
della PA, per quanto la mia esperienza, come la sua, sia in una
universita'. Il privato dovrebbe avere, per propria metalita'
imprenditoriale, una maggiore propensione al rischio, e quindi al
mutamento. Inoltre le scelte fatte dal management privato hanno,
forse, una maggiore possibilita' di essere seguite.
Ma il management e' anche, forse, piu' condizionabile dalla
fuffa patinata commerciale. Qualche anno fa sono andato a
infosecurity. Quasi tutti a vendere prodotti per rimediare
all'insicurezza di un solo sistema operativo; un funzionario della CIA
a mettere tutti in guardia contro il terrorismo islamico telematico.
Nessuno a chiedere (ossia, solo io) come mai se la CIA si preoccupa
della sicurezza non bussa a casa MS invece di consigliarci di
imbottici di antivirus. Il mercato della sicurezza funziona sul
mantenimento dell'insicurezza. Nell'interesse del mercato stesso, ma
non degli utenti.
Lo stesso vale per il f/oss: finche' il mercato e' dominato da
chi fa gli interessi di chi vende software proprietario, gli utenti
non incontreranno abbastanza alternative libere tra le quali
scegliere. Se le imprese si avvicinano al f/oss attratte dal risparmio
e solo da quello, il primo che sventola rapporti piu' o meno
partigiani sul TCO sbaraglia i meno sospettosi. Solo chi ha la cultura
puo' permettersi scelte diverse.
> Articolo interessante soprattutto perché richiama una serie di problemi
> noti ai quali aggiungerei:
>
> a) In Italia è difficile trovare un funzionario con responsabilità sotto
> i 50 anni.
> In Italia basta guardare il parlamento per capire l'età media di chi
> prende decisioni. E' un dato di fatto che più si va avanti con l'età
> meno si ama il cambiamento.
>
> b) I funzionari sono di norma sottopagati.
>
> c) La struttura degli stipendi nella P.A. è basata sugli anni di
> anzianità e la qualifica di servizio, questo vuol dire che anche se
> adottando una soluzione libera tu fai risparmiare al tuo ente di
> appartenenza nella busta paga non ti arriva nulla.
>
> d) Sono pochissimi i funzionari che lavorano per obiettivi, nella
> maggior parte delle P.A. ancora oggi si timbra il cartellino.
>
> e) Il livello di dibattito politico riguardo l'uso di software libero è
> bassissimo, per chi legge lo spagnolo posto questo link, è un'editoriale
> del principale giornale spagnolo, non a caso il paese europeo che più
> cresce:
>
> http://www.elpais.es/articulo/internet/Constitucion/pro-software/libre/20060516elpepunet_9/Tes/
>
> f) L'unica possibilità che ha il software libero di entrare in una P.A.
> è la buona volontà e il convincimento personale del singolo funzionario,
> purtroppo così stanno le cose. Non sono d'accordo riguardo la mancanza
> di aziende, l'offerta cresce se cresce la domanda e non viceversa. Sono
> convinto che finché la amministrazione pubblica continuerà a fare gare
> di appalto chiuse che escludono di fatto le aziende che offrono servizi
> utilizzando prodotti S.L. il mercato sarà drogato e le solite quattro
> aziende multinazionali che tutti conosciamo continueranno a ricevere
> aiuti di stato camuffati sotto contratti di fornitura.
>
g) il riuso non basta. Lasciamo pure stare per un attimo la
discussione sul software ad hoc commissionato a terzi dalle PA, ma il
software sviluppato internamente a una PA deve esser libero, non
proprietario, per quanto riusabile.
ciao
Alberto
--
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