[Discussioni] un commento all'intervista a Fabrizio Tassone

Francesco Potorti` pot a potorti.it
Mer 1 Ago 2007 13:43:24 CEST


Riproduco _brani_ dell'intervista di Alessandro del Rosso a Patrizio
Tassone, direttore editoriale di Linux&C., intervista leggibile _nella
sua integrità_ su Punto Informatico ad
<http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2050065>.

   Roma - Free Software Foundation (FSF) ha un grande, innegabile
   merito: quello di aver portato all'attenzione di milioni di
   sviluppatori la licenza di distribuzione del software. Fino alla
   prima GPL (GNU General Public License) non c'era una licenza di
   riferimento, tutti i programmatori scrivevano la loro, con un
   moltiplicarsi di clausole e con l'effetto collaterale che era
   pressoché impossibile utilizzare materiale di altri per ovvi
   motivi di incompatibilità.

Mah.  Al tempo in cui fu scritta la GPL, i programmatori in generale non
sapevano neanche cosa fosse una licenza.  E men che mai esisteva il
concetto di una licenza *libera*.  È l'aver introdotto questo concetto,
e averlo definito in maniera succinta (le quattro regole) e in maniera
estesa (l'abbondante materiale documentale su gnu.org) che è stato il
primo grande merito di FSF.  Il secondo, legato a questo, è l'aver
scritto una licenza che implementasse questo concetto, la GPL.  Il
terzo, quello che ne ha reso possibile la diffusione e ha spianato la
strada a Linux, è il progetto GNU, la creazione cioè di un corpus di
software compatibile Unix di eccellente qualità, molto migliore della
media di quanto era al temop disponibile.

   Di convegno in convegno, di presentazione in presentazione, è
   passata l'analogia che chi utilizza la GPL non lo fa per quello
   che sta scritto nelle clausole della licenza, come sarebbe lecito
   aspettarsi essendo comunque un bel pezzo di "legalese", ma per i
   principi fondamentali che la FSF persegue, e che stanno tutti
   nella testa di una persona, Richard Stallman, di cui la GPL
   rappresenta il "braccio operativo". 

È curiosa questa presentazione dei fatti.  In realtà FSF ha sempre
affermato che la GPL è stata creata esplicitamente per questa ragione.
Ovviamente non tutti quelli che la usano lo fanno per questa ragione, ma
è quella la ragione alla base del progetto GNU, che per anni è stato di
gran lunga il corpus di software GPL più significativo.

   Ritengo la versione 2 della licenza un buon compromesso:
   permetteva sia il mantenimento di una comunità, obbligando le
   modifiche al software a tornare pubbliche, sia la creazione di un
   ecosistema intorno al software libero, che rendeva possibile alle
   molte aziende finanziatrici di avere ritorni economici senza dover
   abbracciare a 360 gradi una "filosofia", quella open source, che
   non faceva parte del loro DNA.

Visto che parliamo di filosofia, cerchiamo di chiarire le cose invece di
confonderle: a quasi tutte le aziende che usano la GPL o altre licenze
libere piace l'open source, è proprio per loro che il termine è stato
inventato, com un modo di eliminare i concetti di libertà dall'altra
filosofia, quella del software libero.  È quest'ultima che di solito non
piace alle imprese.

   Ma spostare il discorso sulla libertà è un vantaggio di troppo che
   si concede a FSF: per come la vede Torvalds, la GPL3 limita le
   libertà, non le amplia, ficcando il naso in cose che non
   dovrebbero riguardare la licenza. 

È lo stesso discorso che fanno i fautori del no-copyleft.  Ovviamente la
GPL è più restrittiva della BSD.  Ma il fatto che tanti usino GPL
significa che queste restrizioni gli fanno comodo.  Vedremo cosa
succederà con GPL3.

   soprattutto non si limita a difendere principi generalmente
   accettati

Neanche la GPL lo faceva, quando uscì.  Il principio del copyleft in una
licenza software era completamente nuovo.

   Si equipara quello che FSF vuole sia "legale" con quello che è il
   proprio credo. Un po' come se Torvalds, che sviluppa l'unico
   kernel GPL tecnicamente valido, domani iniziasse a dettare legge
   sulle licenze software delle applicazioni che possono essere
   eseguite da Linux: chiunque la vedrebbe come una violazione della
   libertà

La vedrebbe come una cosa stupida, perché significherebbe un fork
immediato del kernel...

	  , un approccio dittatoriale di Torvalds, non certo come una
   sua libera scelta come project leader del kernel. Secondo FSF,
   invece, è una procedura perfettamente lecita.

Guarda caso, però, FSF non ha mai fatto una cosa così stupida da dettare
quali applicazioni possane essere eseguite dalla glibc.

   Chi tiene molto alla libertà dovrebbe quantomeno lasciar liberi
   gli altri di scegliere se usare o no la nuova licenza,

No, gli altri sono comunque liberi, indipendentemente da tutto.

   semplicemente utilizzando la clausola "GPL2 o versioni
   successive". Non credo sia giusto obbligare ad essere liberi

Nessuno può farlo, e quindi ovviamente nessuno lo fa.

   Non vedo niente di male nella cosiddetta
   "[35]tivoizzazione" (v. anche [36]tivoization su Wikipedia): come
   noto, TiVo è un dispositivo basato su Linux che non si avvia se il
   sistema operativo viene modificato in qualche sua parte. 

La tivoizzazione è la negazione della libertà che il software libero dà
all'utente.

   Dove sta quindi il problema? La cosa fondamentale non è che sul
   TiVo si possa o meno avviare un altro kernel, ma che TiVo
   pubblichi le modifiche eventualmente apportate al software GPL e
   che magari vi sia un modo per verificare che il sorgente
   rilasciato sia proprio quello che, compilato, è in esecuzione sul
   device.

Non serve a granché se dopo non lo si può eseguire :)

   TiVo attinge a piene mani alla comunità, ma restituisce un sistema
   "stabilizzato", non un'accozzaglia di pacchetti, e su quel sistema
   fornisce garanzie, corre dei rischi anche legali, non si trincera
   dietro alla fornitura del software "as-is".

No.  Per ottenre questo scopo, sarebbe stato sufficiente far decadere la
garanzia e l'assistenza dei sistemi su cui il software fosse modificato.
Evidentemente lo scopo di Tivo è diverso: impedire la modifica del
software per poter stringere accordi con le aziende di distribuzione di
contenuti, accordi che tolgono libertà all'utente.

   Se oggi si mettono paletti su dove eseguire il software, chi ci
   garantisce che domani la GPL3.1 o la GPL4 non contengano una
   clausola che vieterà l'uso di software coperto da GPL nei paesi
   dove vige la pena di morte, o in quelli non considerati "liberi"
   (dalla FSF, ovviamente!), o in quelli che non concedono una
   pensione agli sviluppatori GPL per lavoro usurante? 

Ce lo garantiscono i principi di FSF, che sono rimasti gli stessi dalla
sua nascita ad oggi, sono abbastanza ben definiti ed esplicitamente
escludono le cose citate, che sono dichiarate non libere.

E per chi non si fidasse dell'aderenza ai principi, basta non mettere la
clausola "GPLvX o ogni versione successiva".  Non è mica obbligatoria!

   Anche se io non lo credo, o ritengo quanto meno che sia un
   problema che interessi tutti i sistemi operativi, incluso Windows,
   mettiamo il caso che Linux vìoli davvero certo brevetti di
   Microsoft: ragionando per assurdo, chi finirà in un'aula di
   tribunale, il singolo sviluppatore? Punirne uno per allontanarli
   tutti? O forse verrà citata in giudizio un'azienda che ha le
   capacità economiche di risarcire un danno, laddove questo vi sia e
   sia realmente dimostrabile?

Dipende da molte cose, non c'è una risposta semplice a questa domanda.

   C'è da chiedersi a questo punto come debba sopravvivere il
   software open source: si può considerare un costo che ogni Stato
   dovrebbe sopportare e finanziare, come la scuola o le
   infrastrutture, perché alza il livello medio tecnologico a
   disposizione di tutti? Oppure deve restare sul mercato, e dal
   mercato ottenere le risorse?

Entrambe le opzioni sono ragionevoli, a mio parere.

   Penso, ad esempio, a OpenOffice, un progetto che, ricordo, non
   nasce dalla comunità, ma prende vita perché qualcuno, Sun, ha
   pagato per rilasciare quel sorgente. E le decine di sviluppatori
   che lavorano full-time al progetto sono tutti prestati da quelle
   società 

Questo è vero per la maggior parte del software libero, OpenOffice non è
un caso particolare.

   Dopo innumerevoli draft, dopo averne discusso per mesi, non ho
   notizia di UNA sola società che abbia dichiarato l'immediata
   adozione della GPL3. MySQL [...], Apple [...], Eclipse [...].
   E sono commenti provenienti da progetti con licenza open source,
   non sono commenti del monopolista di turno!

La gran parte delle aziende che sviluppano software GPL non lo fanno per
impulso di iniziativa, ma per obbligo.  Il copyleft è una delle maggiori
forze della GPL, e uno dei motivi che le ha permesso di diffondersi così
tanto.  Non è strano che molte aziende facciano resistenza ad introdurre
maggiori garanzie per la libertà degli utenti.  Le licenze FSF sono
pensate per essere vantaggiose all'utente, non al programmatore.
L'esigenza di libertà solo occasionalmente viene dal programmatore per
motivi etici, ma questa non può essere la norma: è l'utente che ha
interesse alle libertà garantite dalla GPL.

   GPL3 è una licenza che ha fatto e continuerà sicuramente a far
   discutere, se non altro perché è incompatibile con la vecchia
   GPL2, per cui sarà interessante verificare cosa succederà quando
   certi software rilasciati sotto GPL3 si linkeranno a librerie
   ancora coperte dalla GPL2 

Beh, veramente è abbastanza facile da stabilire, basta leggere le
licenze...

   risolverà una volta per tutte (finalmente!) il dilemma della
   "viralità" dei link dinamici a librerie condivise, un problema che
   non si è mai voluto chiarire definitivamente perché dove ci sono
   risposte cristalline non ci sono spauracchi da agitare. 

Seri dilemmi non mi pare che ce ne siano.

   È il fatto di essere contro qualcosa l'aspetto che mi convince di
   meno della GPL3: contro Tivo, contro Microsoft-Novell, contro il
   DRM, contro i brevetti. 

Contro quel che toglie libertà all'utente.  È come la GPLv2: contro il
codice nascosto o non modificabile o non redistribuibile.

			   Sembra sempre più un manifesto politico,

Infatti, come la GPLv2, nasce da un manifesto politico, e come la GPLv2
scrive in termini legali il modo di spingere quel manifesto adeguandosi
ai tempi.

   Prendiamo ad esempio Xen, un progetto di virtualizzazione
   attualmente sotto la GPL2: tra i partner ci sono Microsoft, Intel
   e AMD. Cosa succederebbe se passasse alla GPL3? L'ipotesi più
   plausibile è che queste aziende, che di sicuro non sostengono Xen
   per beneficenza, si allontanerebbero da Xen dividendo così
   ulteriormente il mercato (e facendo un gran favore a VMware).

È lo stesso discorso che anni fa si dava per scontato negli ambienti
commerciali a proposito di GPLv2.

   PT: Sì, penso che il rischio sia tangibile. Saranno coloro che
   detengono i brevetti software, che coincidono anche con i più
   grossi player del mercato, che ne decreteranno il successo o
   l'insuccesso. Se una certa società ha un business, che so, sul
   VoIP, con relativi brevetti annessi, partecipare allo sviluppo di
   un software GPL3 in ambito VoIP rischia di far perdere valore ai
   brevetti in suo possesso, e questo può essere considerato
   inaccettabile in molte situazioni. 

Questo è molto discutibile, e secondo me falso.  La GPLv2 ha già delle
protezioni contro i brevetti software.



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