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Francesca Ciceri madamezou a yahoo.it
Mer 1 Dic 2010 19:06:37 CET


On Wed, Dec 01, 2010 at 05:45:55PM +0100, Marco Ermini wrote:
> 2010/12/1 Francesca Ciceri:
> [...]
> > Il terzo punto in particolare. Una persona così cieca al punto da non
> > capire che il "come" si arriva ad un risultato influisce sul risultato stesso,
> > per quanto mi riguarda non è un interlocutore valido.
> > Non vale la pena neanche di segargli in due la scatola cranica e inserirgli
> > direttamente La Cattedrale e il Bazaar di Raymond.
> >
> > "Quanto all'utilizzo della parola 'libero' mi pare un'esagerazione".
> > Oh che scarsa affezione per questa parola, loro che si chiamano proprio
> > "Sinistra e *Libertà*".
> >
> > Bah.
> [...]
> 
> La forma sembra quella di una dettatura, o di un discorso fatto a
> braccio ed in seguito dattiloscritto da una seconda persona, e
> pubblicato senza essere stato riletto...
> 
> A parte questo - non entro nel merito del vetero-marxismo a buon
> mercato e dell'escatologia da diciannovesimo secolo, per cui la sua
> definizione di "libertà" è ancora probabilmente in cerca di autore,
> come direbbe Pirandello - non ci vedo nulla di così sbagliato nel
> concetto del punto 3. Non credi che Apache o un software GNU possa
> essere usato per scopri repressivi? si vede che non hai mai lavorato
> in un ISP che implementava Snort per spiare gli utenti...

Sì, quella è in effetti l'unica affermazione che trovo vagamente accettabile,
sebbene di un'autoevidenza degna di un'autentica lapalissade.
Ti dirò di più: proprio per il carattere pervasivo del software nella nostra
società, oh-oh società dell'informazione come piace dire a molti, e di certi specifici software, il fatto che esso sia
caratterizzato dallo specifico processo di produzione e riproduzione garantito
dalle licenze libere (aka sorgenti aperti, piene libertà d'uso di studio
e modifica e redistribuzione da parte dell'utente) permette un *controllo*
su questo tipo di nuovo potenziale strumento repressivo.
Solo queste licenze permettono tale controllo.
Se quindi si riconoscono tali presupposti, ovvero che la società contemporanea è
fortemente dipendente dal "prodotto" software AND che tale prodotto facilmente
può essere utilizzato per scopi contrari ai diritti fondamentali del
cittadino, ne consegue logicamente che è necessario adottare quel tipo di
software la cui licenza garantisca il maggior controllo possibile all'opinione
pubblica e allo stato sul suo funzionamento.

Perdonate se a molti questo ragionamento può essere sembrato banale, ma a
volte sembra necessario ribadire anche le banalità.

> 
> Non ricordiamo che pure l'orizzonte culturale di Stallman non è certo
> quello di un professore ordinario di filosofia: la sua definizione di
> libertà si estende di poco ed a mala pena al di fuori dei
> programmatori...

Bè, non vedo in effetti a che sarebbe servito a Stallman conoscere la
filosofia: ha definito correttamente le quattro libertà e intendeva
semplicemente farlo in riferimento all'uso del codice.
Io invece, in quanto sociologa, mi permetto di fare queste riflessioni. 


> Che la discussione sia fortemente minata da una confusione generale
> dei piani di discussione, questo è poco ma sicuro... Tuttavia
> personalmente non ritengo che lo *scopo* di un politico debba essere
> quello di usare Software Libero a tutti i costi: ritengo che abbia il
> dovere di valutarlo onestamente come possibilità concreta, e
> probabilmente sia la soluzione migliore nel 99% dei casi. Tuttavia lo
> scopo deve essere quello di favorire l'accessibilità,
> l'interoperabilità, guardando al budget in modo intelligente (non solo
> alla commessa iniziale ma al supporto futuro), e favorendo una reale
> concorrenza nelle commesse. Il che si ottiene con Software Libero
> probabilmente nel 99% dei casi, come detto, ma non è lo scopo. Potendo
> ottenere lo stesso con Microsoft, o per esempio usando software chiuso
> ma licenziato alla PA (ed a cui qualsiasi fornitore di manutenzione
> possa avere accesso), perché no? non si dovrebbe escludere questa
> soluzione tra le possibili.


Ancora, ti rimando alla mia riflessione espressa sopra. Se, come dici, una
preoccupazione legittima è un possibile uso per scopi repressivi del software,
o magari - se ne parla tanto negli ultimi anni, perché non dovrebbe pensarci
anche il decisore pubblico? - i problemi relativi alla privacy e sicurezza
dei dati (fantainformatica (o forse no): uso un os proprietario nella PA che
a mia insaputa invia dati sensibili dei cittadini al fornitore dell'os), a
maggior ragione prima ancora di valutare l'uso di software in base a criteri
come costo, interoperabilità, accessibilità, il primo criterio dovrebbe
proprio essere la sicurezza e la possibilità di *controllare* i sorgenti.

Se il codice è sotto gli occhi di tutti, allora i dati di tutti sono salvi.


Ciao,

Francesca
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