[Formati] Definizione e obiettivi
Roberto Galoppini
galoppini at acmesolutions.it
Fri Jan 28 16:41:07 UTC 2005
Simo Sorce wrote:
> On Fri, 2005-01-28 at 16:40 +0100, Mirko Maischberger wrote:
>
>
>>Qual'è l'obiettivo di questa lista? Si tratta di individuare
>>pragmaticamente dei formati che possano garantire oggi e per il futuro
>>l'interoperabilità tra programmi e piattaforma diverse? oppure più
>>radicalmente di definire quello che intendiamo per "formato libero" in
>>subordine al software libero?
>
>
> La seconda che hai detto.
Giusto.
>>Interessa convincere l'utente medio a non usare il .doc? la pubblica
>>amministrazione a non usare formati non interoperabili per memorizzare i
>>dati dell'anagrafe? definire "formato libero" senza concentrarsi su
>>problemi specifici? o altro ancora?
>
>
> Altro, o meglio:
> l'idea era di definire da un lato cosa intendiamo per formato libero.
>
> Dall'altro fornire linee guida pragmatiche che servano da guida alla
> applicazione della definizione.
>
> Credo sarebbe bene separare le due cose in maniera evidente.
Concordo.
>>In realtà un'idea leggendo gli archivi me la sono fatta, ma non sono
>>sicuro che sia quella giusta. Mi pare che l'approccio che si vuole dare
>>sia quello pragmatico, consci del fatto che mentre per il software la
>>disponibilità del codice sorgente con licenza libera è una conquista
>>importante, i formati siano in realtà un altro paio di maniche.
>>Non vorrei sbagliarmi, ma mi pare che l'intento sia quello di fornire un
>>elenco di formati "accettabili" più che "liberi", sbaglio? Mi parrebbe
>>un ottimo modo di non discriminare né gli utenti di software libero né
>>quelli di software con altre licenze. In fondo si sta parlando della
>>libertà del formato, non della libertà della documentazione che lo descrive.
>>
>>Però dare una definizione "pragmatica" è molto più difficile del darne
>>una radicale.
>
>
> Io non utilizzerei il termine radicale, ma una definizione per avere
> senso deve essere coerente con i propri principi, se per "pragmatica"
> intendi che deve venire a patti con quello che c'è credo che sarebbe
> lavoro poco utile. Che _poi_, in base alla definizione si possa definire
> come accettabaili formati che non si confromano al 100% alla definizione
> è un'altra questione che possiamo tranquillamente discutere.
> Ne verrebbe fuori una discussione simile a quella sui formati
> "semiliberi" (un bel pantano) ma fattibile.
Secondo me i gradi di libertà hanno un senso, ma in un panorama più
generale, dove la questione del meccanismo di accesso agli organi
preposti alla definizione degli standard è uno dei termini della
questione, come le IPR del relativo gruppo di standardizzazione; temi
apparentemente esterni alla definzione di formato libero.
>>Una definizione radicale che mi soddisferebbe sarebbe qualcosa tipo: "un
>>formato dati è libero se è descritto da documentazione libera corredata
>>da una implementazione di riferimento libera e da un validatore con
>>licenza libera".
>
>
> Io mi atterrei alle caratteristiche del formato, più che al fatto che
> esistano software o validatori. Altrimenti un formato non sarà mai
> libero finchè non viene implementato (e si rischia che non venga
> implementato perchè non è libero :-)
Direi che i validatori vanno al di là dei nostri scopi, e soprattutto
dei nostri mezzi.
>>Una definizione più pragmatica potrebbe essere: "un formato dati è
>>libero se è possibile adottarlo in un prodotto software libero, senza
>>restrizioni e senza ricorrere a tecniche di reverse-engineering".
>
>
> Questa definizione è molto scivolosa è necessario definire ben bene cosa
> vuol dire: "è possibile adottarlo in un prodotto software libero".
Io sono convinto che se smettiamo di parlare di "formati" e parliamo in
termini di "specifiche di formati" la mia vecchia tesi della
riapplicabilità delle 4 libertà prende corpo: estendo il concetto a breve.
Rob Galop
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