[Formati] Definizione e obiettivi

Mirko Maischberger mirko at lilik.it
Fri Jan 28 17:10:45 UTC 2005


Simo Sorce wrote:
> On Fri, 2005-01-28 at 16:40 +0100, Mirko Maischberger wrote:
 >
>>In realtà un'idea leggendo gli archivi me la sono fatta, ma non sono 
>>sicuro che sia quella giusta. Mi pare che l'approccio che si vuole dare 
>>sia quello pragmatico, consci del fatto che mentre per il software la 
>>disponibilità del codice sorgente con licenza libera è una conquista 
>>importante, i formati siano in realtà un altro paio di maniche.
>>Non vorrei sbagliarmi, ma mi pare che l'intento sia quello di fornire un 
>>elenco di formati "accettabili" più che "liberi", sbaglio? Mi parrebbe 
>>un ottimo modo di non discriminare né gli utenti di software libero né 
>>quelli di software con altre licenze. In fondo si sta parlando della 
>>libertà del formato, non della libertà della documentazione che lo descrive.
>>
>>Però dare una definizione "pragmatica" è molto più difficile del darne 
>>una radicale.
> 
> 
> Io non utilizzerei il termine radicale, ma una definizione per avere
> senso deve essere coerente con i propri principi, se per "pragmatica"
> intendi che deve venire a patti con quello che c'è credo che sarebbe
> lavoro poco utile. Che _poi_, in base alla definizione si possa definire
> come accettabaili formati che non si confromano al 100% alla definizione
> è un'altra questione che possiamo tranquillamente discutere.
> Ne verrebbe fuori una discussione simile a quella sui formati
> "semiliberi" (un bel pantano) ma fattibile.

Per definizione pragmatica intendevo una definizione che parte 
dall'esistente (elenco di quelli che riteniamo essere formati liberi) e 
prova a darne una definizione per sintesi.

Per me POSIX, IEEE ed ISO oltre che chiaramente ECMA, IETF, oasis, ecc. 
sono tutte ottime fonti di documentazione per formati dati liberi, ma 
non tutte lo sarebbero se dessi la definizione a priori, senza curarmi 
dell'esistente.

Molti dei formati che oggi -- magari con leggerezza -- ritengo liberi 
non sarebbero tali se visti dall'alto della definizione che vorrei dare 
a "formato libero". Da cui la domanda iniziale...

Lo stesso ASCII-7, se non ci fosse l'ECMA, ma solo ANSI, ISO, UNI, ecc. 
non sarebbe un formato libero... e non lo è sotto quel nome, ma sotto 
quello di ECMA-6.

In qualche modo si potrebbe pensare a chi compri le specifiche e le 
implementi con licenza libera come ad una specie di liberatore di 
formati... Quindi un formato potenzialmente non libero (perché 
rilasciato con specifiche a pagamento) potrebbe diventarlo se lo 
implementassi come software libero...

Per radicale (termine che non uso mai in senso spregiativo, scusa se 
continuo ad usarlo, ma per ora non me ne viene un altro) intendevo 
appunto una definizione puramente di principio, ma che mi lascerebbe, ad 
oggi, con molti molti meno formati liberi che non formati utilizzabili 
con software libero.

Personalmente mi andrebbe anche bene, non fraintendermi, ma forse non 
sarebbe la mossa politicamente più azzeccata per aumentare la diffusione 
del software libero.

Il programmatore ha sempre accettato l'onere di dover comprare 
documentazione, anche Linus credo abbia pagato le specifiche POSIX, ciò 
  rende il kernel meno libero? La verità è che la risposta non la so.

>>Una definizione radicale che mi soddisferebbe sarebbe qualcosa tipo: "un 
>>formato dati è libero se è descritto da documentazione libera corredata 
>>da  una implementazione di riferimento libera e da un validatore con 
>>licenza libera".
> 
> 
> Io mi atterrei alle caratteristiche del formato, più che al fatto che
> esistano software o validatori. Altrimenti un formato non sarà mai
> libero finchè non viene implementato (e si rischia che non venga
> implementato perchè non è libero :-)

In realtà, anche se sinteticamente, stavo provando ad esporre un punto 
di vista piuttosto complesso che non credo possa essere liquidato così 
facilmente :).

Il problema che poni per me non è corretto: anche un software libero non 
è libero finché qualcuno non lo implementa. Aggiungi poi che parlare di 
libertà del formato è come parlare di libertà delle idee... credo che 
sia per questo che la definizione è sfuggente. Da questo punto di vista, 
se non ci sono brevetti pendenti, un formato è "libero" anche se non 
documentato. Perché un formato invece sia facilmente "portabile" a 
software e a piattaforme diverse possono essere necessarie molte altre 
caratteristiche accessorie.

Il validatore è sicuramente un "accessorio" importante, infatti mentre 
per il software la maggior libertà è quella di poterlo cambiare, per un 
formato la miglior garanzia è che non cambi troppo spesso. Almeno 
fintanto che, in Europa, la possibilità di modificare un formato sarà 
garantita a tutti e indipendentemente dalla volontà di chi lo ha creato 
(sempre salvo brevetti). Pensa poi al valore che ha avuto il validatore 
per la rinascita di HTML e il freno che ha messo alle tendenze ad 
"estenderlo" autonomamente di Netscape prima e di Microsoft poi.

Un esempio calzante a questo proposito è RTF: inutile dire "se è 
documentato è libero", se poi non esiste un modo per verificare che il 
software proprietario che lo implementa, che è di fatto 
l'"implementazione di riferimento", lo faccia correttamente. RTF, per 
come è implementato, è libero poco più del .DOC.

>>Una definizione più pragmatica potrebbe essere: "un formato dati è 
>>libero se è possibile adottarlo in un prodotto software libero, senza 
>>restrizioni e senza ricorrere a tecniche di reverse-engineering".
> 
> 
> Questa definizione è molto scivolosa è necessario definire ben bene cosa
> vuol dire: "è possibile adottarlo in un prodotto software libero".

Beh, sì, tieni conto che sono solo embrioni di proposta. Servono più che 
altro a me per riaprire la discussione da un qualche punto di partenza e 
capire la direzione che la lista vuole prendere...

Comunque quale termie non ti convince e perché? "adottarlo"?
O ti riferisci al fatto che non si faccia riferimento al 
"gratuitamente"? (beh... questa era la versione pragmatica :)

>>Non pensate che si potrebbero definire le due cose separatamente, 
>>distinguendo proficuamente tra formati dati liberi e formati dati -- 
>>come dire... -- "accettabili"?
> 
> 
> Assolutamente si, credo sia la cosa migliore, e in effetti il documento
> finora prodotto, benché unico si distingueva in due parti appositamente
> (lo trovi negli archivi della lista). Sono d'accordo nel separalo in due
> parti distinte.

Non l'avevo notato, forse lo dovrei rileggere meglio. È la stessa 
versione che c'è su cvs?

Mirko

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