[Discussioni] seminario Universita' e brevetti -- relazione

Francesco Potorti` pot a softwarelibero.it
Ven 20 Dic 2002 10:21:07 CET


Simo Sorce:
>Trovo piuttosto fastidiosa questa propaganda in favore dei brevetti
>software ... 

I brvetti software sono entrati solo di striscio nella discussione, e
solo perché io ho fatto una domanda.  L'argomento erano i brevetti, per
chi si occupa di queste cose normalmente i brevetti software sono solo
uno dei tanti tipi di brevetti, e non i più numerosi o importanti.
Quando si è parlato di casi specifici, con elenchi e dettagli, i
brevetti software non figuravano mai.

>in realtà anche dei brevetti in generale registrati ad personam.

Non ho nulla contro i brevetti in generale, e le argomentazioni
generalmente portate contro i brevetti software non si applicano ai
brevetti in generale.

La registrazione personale dei brevetti in passato è avvenuta
principalmente perché gli inventori non avevano alcun supporto logistico
dagli enti di appartenenza, è avvenuta a loro spese, e praticamente
sempre senza alcun ritorno, perché non avevano alcun supporto logistico
nemmeno per poter solo pensare di provare a sfruttare il brevetto.  In
pratica, un titolo accademico da appendere alla parte e presentare ai
concorsi.

>Quelle sono ricerche che pagano i cittadini italiani che poi devono
>pagare una seconda volta per potere usare i risultati sempre che il
>piccolo monopolista di turno lo permetta. 

Nei posti dove gli enti di ricerca (e università) sfruttano i brevetti,
lo fanno per finanziarsi.  Il fatto che tu paghi una seconda volta non è
vero, perché anzi la ricerca invece di pagarla tu la paga chi usa quel
brevetto.  Se questo sia meglio o peggio è opinabile e oggetto di
dibattito, ma il discorso è stato affrontato nel dibattito, e ne ho
riassunto i punti essenziali nella relazione.

>(ogni detentore di brevetto è un monopolista e decide a sua discrezione
>di chi e come e a quale prezzo può usufruire di risultati scientifici
>ottenuti con finanziamenti pubblici)

Titolare di brevetto e monopolista sono due cose diverse.  Per quanto
riguarda i soldi pubblici, si danno due casi: l'inventore che brevetta
da sé (di cui ho parlato prima) e l'ente pubblico che brevetta, e anche
di questo ho parlato prima.  Vantaggi e svantaggi non sono ovvi, e
comunque tutto questo discorso non ha nulla a che fare con i brevetti
software. 

>  Il ruolo  di divulgazione del brevetto è importante, infatti l'80%
>  delle informazioni contenute nei database di brevetti non sono
>  disponibili altrove.
>
>Forse sarà vero, ma il linguaggio utilizzato e i dati forniti spesso li
>rende praticamente inutili.

Un'informazione difficilmente accessibile è meglio che nessuna
informazione.  Nella pratica, le grosse aziende hanno persone che
passano il tempo a ravanare nei brevetti altrui per imparare come si
fanno le cose, e una ragione ci deve essere.  Questo lavoro sarebbe
molto più costoso se invece del sistema brevettuale esistesse solo il
sistema della segreto industriale.  Più costoso sia per chi cerca di
nascondere che per chi cerca le informazioni.  Ancora, questo non
c'entra nulla con i brevetti software.

>  il modello  classico finanziamento  pubblico  -->  ricerca  pubblica
>  -->  pubblicazione  dei risultati,  che  è  andato bene  fino  a  un
>  paio  di  anni fa  ora  va trasformato  in  un  modello  che  preveda
>  protezione  della  proprietà intellettuale.
>
>Perchè? Cosa c'è che non va? Cosa è cambiato? 

Questa affermazione di Luigi Boggio, consulente, non è stata
giustificata, ed è stata quella che più mi è sembrata arbitraria.
Indizi ad una sua giustificazione presi qua e là durante il seminario
sono che in questo modo si crea una competitività fra gli enti di
ricerca sul piano pratico, e si definisce più chiaramente qual è la
produttività della ricerca applicata.  Cioè aiuta a stabilire dei
criteri di valore basati non solo chi pubblica di più, come
tradizionalmente è stato e in gran parte è ancora, ma chi di più produce
innovazioni che servono.

È l'eterna dicotomia fra la ricerca di base e quella applicativa.  I
primi accusano i secondi di fare i manovali, non creare niente che non
potrebbe fare chiunque, non costruire alcunché di nuovo, di pensare ai
soldi, i secondi accusano i primi di avere la testa per aria, creare
bellissime idee che non servono a nulla, pensare a soluzioni a problemi
che si sono inventati da sé, non pensare ai soldi perché non sono in
grado di risolvere un problema pratico.  In realtà, entrambe le cose
sono di fondamentale importanza, e tutti lo sanno, solo che nel tempo
varia il rapporto delle risorse da dedicare all'uno o all'altro, e ogni
minuscolo spostamento di risorse viene vissuto dalle due parti come uno
sconvolgimento epocale, e si invocano i massimi sistemi per mantenere lo
status quo.  Non è assurdo pensare che il sistema della massima
divulgazione sia il sistema d'elezione per la ricerca di base, e i vari
metodi di protezione della proprietà intellettuale siano più adatti alla
ricerca applicata.  Con dettagli e metodi tutti da inventare e in
continuo divenire.

E comunque, anche questo non ha niente a che fare con i brevetti
software. 
		     
>  Dal punto di vista etico, il modello della "repubblica della scienza"
>  (o mertoniano) che prevede fondi pubblici  e pubblicità dei risultati
>  non è in opposizione col modello dei diritti di proprietà
>  intellettuale, ma ne è complementare.  I dati mostrano  che di solito
>  i centri forti nell'uno lo sono anche nell'altro.
>
>Se c'è una "proprietà intellettuale" come la intendono nel 99% dei casi
>questi signori, non c'è alcuna vera pubblicità reale. 

???  Andrea Bonaccorsi dice che nella pratica, guardando i numeri, si
vede che le università che hanno pubblicazioni più numerose e su riviste
più importanti sono quelle che hanno anche più brevetti.  Se le due cose
non fossero complementari ma alternative, ci si aspetterebbe invece che
ci fossero università più dedite alla brevettazione, con scarsa
produzione di articoli su riviste, e altre con tendenze opposte, ma lui
dice che dai numeri si vede che non è così.  Naturalmente io non ho
visto i numeri, e se li avessi visti non li avrei potuti verificare né
analizzare, ma chi parlava è uno studioso di economia, non un consulente
brevettuale.

>			       C'è pubblicazione
>ma non pubblicità dei risultati, due cose profondamente differenti.

???  Se si pubblica qualcosa su una rivista, lo possono leggere tutti.
Se si brevetta qualcosa, lo possono leggere tutti.

>Sulla parte brevetti software non mi dilungo neanche abbiamo già scritto
>molto e abbiamo anche una precisa posizione contraria in merito.

Che è l'unica che qui ci interessa.  Infatti la parte importante della
relazione non pensavo che fosse l'inizio, dove si parlava dei brevetti
in generale e del loro uso nell'ambito della ricerca, ma la fine, dove
l'esperto di brevetti rispondeva alla mia domanda, e diceva che la frase
comune «in Europa non si può brevettare il software», benché a rigore
vera, è in sostanza falsa.



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