[Discussioni] seminario Universita' e brevetti -- relazione
Simo Sorce
simo.sorce a xsec.it
Ven 20 Dic 2002 11:47:58 CET
On Fri, 2002-12-20 at 10:21, Francesco Potorti` wrote:
> Simo Sorce:
> >Trovo piuttosto fastidiosa questa propaganda in favore dei brevetti
> >software ...
>
> I brvetti software sono entrati solo di striscio nella discussione, e
> solo perché io ho fatto una domanda. L'argomento erano i brevetti, per
> chi si occupa di queste cose normalmente i brevetti software sono solo
> uno dei tanti tipi di brevetti, e non i più numerosi o importanti.
> Quando si è parlato di casi specifici, con elenchi e dettagli, i
> brevetti software non figuravano mai.
Scusami, avevo interpretato male il testo.
> >in realtà anche dei brevetti in generale registrati ad personam.
>
> Non ho nulla contro i brevetti in generale, e le argomentazioni
> generalmente portate contro i brevetti software non si applicano ai
> brevetti in generale.
Su questo non sono così sicuro, penso per esempio ai brevetti sulle
biotecnologie che hanno molte affinità, il discorso è ben più ampio e
variegato.
> La registrazione personale dei brevetti in passato è avvenuta
> principalmente perché gli inventori non avevano alcun supporto logistico
> dagli enti di appartenenza, è avvenuta a loro spese, e praticamente
> sempre senza alcun ritorno, perché non avevano alcun supporto logistico
> nemmeno per poter solo pensare di provare a sfruttare il brevetto. In
> pratica, un titolo accademico da appendere alla parte e presentare ai
> concorsi.
Il fatto che in passato non siano stati usati in maniera deleteria non
garantisce nulla per il futuro.
> >Quelle sono ricerche che pagano i cittadini italiani che poi devono
> >pagare una seconda volta per potere usare i risultati sempre che il
> >piccolo monopolista di turno lo permetta.
>
> Nei posti dove gli enti di ricerca (e università) sfruttano i brevetti,
> lo fanno per finanziarsi.
Mah, hai appena detto che non ne cavano molto ...
> Il fatto che tu paghi una seconda volta non è vero, perché anzi la
> ricerca invece di pagarla tu la paga chi usa quel brevetto.
Bella favola Francesco, e secondo te chi paga il costo aggiuntivo dei
prodotti che fa chi paga il brevetto?
E chi paga il costo aggiuntivo cegli avvocati che deve assumere chi
è costretto ad avere a che fare coi brevetti?
> >(ogni detentore di brevetto è un monopolista e decide a sua discrezione
> >di chi e come e a quale prezzo può usufruire di risultati scientifici
> >ottenuti con finanziamenti pubblici)
>
> Titolare di brevetto e monopolista sono due cose diverse.
Falso. Il brevetto è un monopolio legale, chi ha un brevetto è
monopolista.
> Per quanto riguarda i soldi pubblici, si danno due casi: l'inventore
> che brevetta da sé (di cui ho parlato prima) e l'ente pubblico che
> brevetta, e anche di questo ho parlato prima.
Per quanto riguarda la paternità, sono d'accordo che andrebbe
riconosciuto l'autore, o meglio gli autori, visto che ormai c'è sempre
bisogno di un team di ricerca. Per questo è buono che l'ente pubblico
brevetti, anche perchè questo garantisce che veramente un eventuale
sfruttamento del monopolio ottenuto, finisca all'ente che ha finanziato
la ricerca e non nelle tasche di qualcun altro (aziende private che
caricano i costi di ricerca sugli enti pubblici e poi sfruttano il
brevetto che è ad personam e quindi spendibile a proprio uso e consumo).
> Vantaggi e svantaggi non sono ovvi, e comunque tutto questo discorso
> non ha nulla a che fare con i brevetti software.
I discorsi generali sul brevetto si applicano anche a quelli software,
anche sei i brevetti sulle idee astratte sono ben più deleteri.
> Un'informazione difficilmente accessibile è meglio che nessuna
> informazione. Nella pratica, le grosse aziende hanno persone che
> passano il tempo a ravanare nei brevetti altrui per imparare come si
> fanno le cose, e una ragione ci deve essere. Questo lavoro sarebbe
> molto più costoso se invece del sistema brevettuale esistesse solo il
> sistema della segreto industriale. Più costoso sia per chi cerca di
> nascondere che per chi cerca le informazioni. Ancora, questo non
> c'entra nulla con i brevetti software.
Certo, questo è il motivo di esistenza del brevetto, ma è vero solo per
cose effettivamente non ovvie, avendo capito che si era parlato anche di
brevetti software mi riferivo a quelli ( e per quelli questo discorso
non vale quasi per nulla )
> > il modello classico finanziamento pubblico --> ricerca pubblica
> > --> pubblicazione dei risultati, che è andato bene fino a un
> > paio di anni fa ora va trasformato in un modello che preveda
> > protezione della proprietà intellettuale.
> >
> >Perchè? Cosa c'è che non va? Cosa è cambiato?
>
> Questa affermazione di Luigi Boggio, consulente, non è stata
> giustificata, ed è stata quella che più mi è sembrata arbitraria.
> Indizi ad una sua giustificazione presi qua e là durante il seminario
> sono che in questo modo si crea una competitività fra gli enti di
> ricerca sul piano pratico, e si definisce più chiaramente qual è la
> produttività della ricerca applicata.
Devo ammettere che questa è la frase che più mi ha infastedito.
> Cioè aiuta a stabilire dei
> criteri di valore basati non solo chi pubblica di più, come
> tradizionalmente è stato e in gran parte è ancora, ma chi di più produce
> innovazioni che servono.
Questo invece è falso. Il brevetto è una lotteria, non si possono
giudicare i risultati di una ricerca con le lotterie. In molti campi
questo metodo, sta portando ad approssimazione, test poco accurato dei
risultati e in qualche caso addirittura falsificazione dei dati, il
tutto in nome di una rincorsa contro il tempo. Inoltre impedisce
fattivamente la collaborazione tra enti di ricerca, che non vogliono
farsi "soffiare" il brevetto.
> È l'eterna dicotomia fra la ricerca di base e quella applicativa.
No, è cosa diversa. Infatti la ricerca di base non dovrebbe essere
brevettabile e dovrebbe essere quella perseguita dalle università.
Alla ricerca applicata sono già costrette a pensarci le aziende.
Ho visto in molti casi che invece le università vengono dirottate a fare
ricerca applicata con fondi pubblici, ma dietro la facciata ci sono
aziende private che ne traggono ingiusto beneficio sfruttando a fini
privati questi fondi.
> > Dal punto di vista etico, il modello della "repubblica della scienza"
> > (o mertoniano) che prevede fondi pubblici e pubblicità dei risultati
> > non è in opposizione col modello dei diritti di proprietà
> > intellettuale, ma ne è complementare. I dati mostrano che di solito
> > i centri forti nell'uno lo sono anche nell'altro.
> >
> >Se c'è una "proprietà intellettuale" come la intendono nel 99% dei casi
> >questi signori, non c'è alcuna vera pubblicità reale.
>
> ??? Andrea Bonaccorsi dice che nella pratica, guardando i numeri, si
> vede che le università che hanno pubblicazioni più numerose e su riviste
> più importanti sono quelle che hanno anche più brevetti.
Questo non prova necessariamente che siano i brevetti a stimolare la
ricerca, potrebbe essere l'opposto, ovvero che queste università avendo
un'alto tasso di ricerca di conseguenza ha anche più possibilità di fare
brevetti.
> > C'è pubblicazione
> >ma non pubblicità dei risultati, due cose profondamente differenti.
>
> ??? Se si pubblica qualcosa su una rivista, lo possono leggere tutti.
> Se si brevetta qualcosa, lo possono leggere tutti.
Forse mi sono espresso male, volevo dire in soldoni che i risultati sono
noti, ma non usufruibili liberamente. Questo, adesso, sta già tagliando
linee di ricerca in molti istituti, in alcuni casi ho sentito cose del
tipo: "Perchè vi siete concentrati su questo metodo per arrivare al
vostro risultato visto che quest'altro era chiaramente più efficiente?"
e la risposta è stata: "Perchè l'altro era brevettato e quindi non non
avremmo potuto ricavarci molto dai nostri risultati, bla bla", ora
applica questo alla ricerca farmacologica e pensa che un farmaco è buono
nel 70% dei casi invece che nel 90% per motivi di questo tipo.
Lo so non c'entra col software, ma è esattamente quello che succede coi
brevetti software!
> Che è l'unica che qui ci interessa. Infatti la parte importante della
> relazione non pensavo che fosse l'inizio, dove si parlava dei brevetti
> in generale e del loro uso nell'ambito della ricerca, ma la fine, dove
> l'esperto di brevetti rispondeva alla mia domanda, e diceva che la frase
> comune «in Europa non si può brevettare il software», benché a rigore
> vera, è in sostanza falsa.
Cosa che già sappiamo. Anche se il caro mister-Brevetto si è dimenticato
di dire che per ora "fortunatamente" il fatto che l'ufficio Brevetti
accetti questi brevetti non da certezza che poi abbiano valore e va
provato ogni volta in tribunale.
Ma se passano le modifiche in Commissione, allora ciò che ora fa
l'ufficio Brevetti sarà legge e scendere il buio sulla ricerca e lo
sviluppo software in Europa.
Simo.
--
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