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Alberto Cammozzo mmzz a stat.unipd.it
Lun 9 Ott 2006 18:59:27 CEST


On Mon, Oct 09, 2006 at 01:55:20PM +0200, Francesco Potorti` wrote:
> Alberto Cammozzo:
> >	Mi spiego meglio:  mi pare che la tendenza attuale sia di lasciare 
> >	la scelta sui processi di regolazione alla loro semplice 
> >	realizzabilita' tecnica, indipendentemente dalla loro aderenza 
> >	a principi piu' o meno condivisi, contrariamente a quanto avviene 
> >	in altri ambiti (ad esempio l'eutanasia). 
> 
> Se un'invenzione diventa utilizzabile in un tempo breve, prima che la
> società possa metabolizzarne gli effetti, i vantaggi e i pericoli, è
> inevitabile, a meno di imporre un controllo sociale a priori sulla
> ricerca e sulla commercializzazione delle novità, che personalmente
> spero non ci sia.  L'eutanasia non è una novità, esiste da sempre, è per
> questo che esistono leggi sull'argomento e esiste una coscienza sociale
> ben radicata su di essa.

	Concordo: percio' parlavo di incalzare della tecnologia. Certo
non possiamo metterci a  sottoporre a scrutinio etico ogni invenzione,
tecnologia o addirittura programma.  Come nemmeno ci sogneremmo mai di
sottoporre a censura le  pubblicazioni scientifiche.  Quello che manca
e' una fondazione etica, un terreno comune condiviso, una costituzione
non  necessariamente scritta  che faccia  della tecnologia  qualcosa a
favore degli  utenti e non contro  di loro.  E che  faccia suonare dei
campanelli di allarme quando e' irragionevolmente pericolosa. In molti
altri settori questo esiste, spesso come codice deontologico.

[...]

> >	Questo ci mette in un mondo in cui la tecnologia viene 
> >	applicata per forzare l'obbedienza a scelte altrui senza 
> >	che su questi processi via sia stata mai una scelta politica 
> >	democratica degna del nome.
> 
> È vero anche l'opposto.  Un mondo in cui la tecnologia viene applicata
> per sottrarsi alle forzature di obbedienza a scelte altrui senza che su
> ciò vi sia mai stata una scelta politica.
> 
> Siamo nel far west, è quello il bello :-)
> 
> >	La direzione e' quella di una societa' che definisce
> >	l'architettura di un mondo in cui disubbidire sara' tecnicamente
> >	sempre piu' difficile. Questo e' per un verso desiderabile, per
> >	un altro pericolosissimo.
> 
> Si può dire anche il contrario: un mondo in cui le possibilità di
> disubbidire si fanno sempre più numerose, efficaci e difficili da
> controllare.

	Sono vere entrambe le tue  osservazioni, ma qui viene in ballo
l'asimmetria delle  leggi: non vi  sono leggi che vietano  di scrivere
programmi che  violino i principi  di cui parlavo sopra,  specie visto
che  non ci  sono,  ma in  compenso  e' vietato  difendersi da  misure
tecnologiche  anche quando  sono irragionevolmente  invasive  o ledono
liberta' o privacy. A fronte delle varie DMCA e relative intimidazioni
(Felten), quante  Sony condannate per  il rootkit?  (e  giusto perche'
quella e' stata una mossa molto maldestra). Ad esempio: quale legge mi
difende da informazioni inviate dal mio PC senza che ne sia informato?
Senza  che possa sapere  neanche quali  informazioni siano,  visto che
sono cifrate?  I DRM sono  programmati per rispettare la  scadenza del
(c), e tra 70 anni liberare l'opera? E via cosi'...

> >	Come ho detto prima, voglio poter usare le macchine, senza 
> >	rinunciare a scegliere se usarle.
> 
> E probabilmente la diffusione capillare di software libero è un tassello
> essenziale di questa possibilità di scelta.

	Sono  convinto anch'io di  questo, ma  non illudiamoci  che un
software sia meno nocivo o invasivo per via della sua licenza. Dipende
da quello che fa  e da chi lo ha istruito a  farlo.


	ciao
		Alberto




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