[Discussioni] terminologia licenze
Roberto A. Foglietta
roberto.foglietta a gmail.com
Lun 28 Maggio 2007 17:18:58 CEST
Il 28/05/07, simo<s a ssimo.org> ha scritto:
> On Mon, 2007-05-28 at 14:42 +0200, Roberto A. Foglietta wrote:
> > E' il contesto che frena la fantasia e incanala l'associazione di idee
> > in un'unica direzione: il software libero è un'evoluzione adattiva,
> > una risposta sociale al problema del monopolio informatico. Da questa
> > terminologia e in questo contesto in modo istintivo emerge una ragione
> > per cui il software libero è da adottare, promuovere e difendere:
> > perchè è una risposta a una situazione di difficoltà.
>
> Beh non mi sembra una gran ragione, in se, per uno che dovesse guardare
> dall'esterno. Se questa fosse l'unica ragione si potrebbe sostenere che
> non e' necessariamente l'unica risposta e che si puo' migliorare il
> sistema pre-esistente in modo da sollevare certe difficolta' senza
> modificare il modello distributivo.
> Sarebbe un approccio conservatore certo, ma e' quello a cui tutti
> tendono naturalmente.
>
Non ho detto che sia l'unica ragione ma se una persona ha una
difficoltà ti assicuro che risolvere quella difficoltà è una un'ottima
ragione per provare qualcosa di nuovo. Molto più forte di qualsiasi
discorso filosofico.
> > Se c'è una percezione anche blanda che il software proprietario non
> > sia una risposta alle proprie esigenze ci si sente spinti a evolvere
> > verso il software libero.
>
> Si ma solo ce percepisci che la non-liberta' in se del software
> proprietario sia un problema. E questo onestamente accade solo molto
> dopo aver conosciuto il software libero e normalmente solo ad un livello
> cognitivo. In molti casi la non-liberta' di un programma non urta di per
> se. Se prendi per esempio un utilizzatore generico che usa un browser e
> una suite d'ufficio puo' addirittura essere vero il contrario in quanto
> e' piu' facile incontrare (ancora, purtroppo) problemi di compatibilita'
> utilizzando OO.org e Firefox che utilizzando MS-Office e IE.
>
Qualsiasi percezione, fosse anche il dover fare il reboot ogni
giorno, ti spinge a considerare alternative.
> > Se nel software libero non si trova una
> > risposta soddisfacente resta la percezione che non è definitivamente
> > fallimentare: semplicemente bisogna aspettare che l'evoluzione faccia
> > il suo corso oppure incentivarla in maniera che proceda più spedita.
>
> Anche questo non e' detto, dipende da come viene presentato il software
> libero. A volte una prematura esposizione ha portato piu' effetti
> negativi che positivi.
Perché di solito quelli che lo hanno introdotto lo hanno fatto in
modo non appropriato. Le persone a cui l'ho presentato al più mi hanno
detto che non era ancora pronto per soddisfare le loro necessità ma
che sarebbero stati disponibili a provare in seguito. Si tratta di
un'apertura positiva, IMHO, che li ha comunque sensibilizzati riguardo
a un certo argomento (la libertà del software).
Stiamo appunto parlando di sistemi di comunicazione più adeguati di
proporre il software libero. Più adeguati nell'aumentare la user-base,
tu invece vorresti convertirli che è tutta un'altra cosa. Caso mai poi
fosse necessario occorre accettare che serva tempo per una conversione
sincera. Tanto prima portali a essere utenti e poi si vedrà.
>
> > Se fosse "permanente" allora un'esperienza fallimentare verrebbe
> > associata a "permanentemente fallimentare". E' vero che si parlava di
> > licenza, ma questa benedetta licenza è quella che fa il software (in
> > effetti è il modello della GPL che imprime il carattere di bazar allo
> > sviluppo).
>
> Ecco, questo di associare modello di sviluppo al tipo di licenza e' un
> mito che abbiamo sfatato molte e molte volte su questa lista (vedi
> archivi :).
Può essere un mito, ma la gente conosce il mito e non questa lista.
Resta il fatto che fuori da questa lista devi confrontarti con il mito.
> La licenza e' spesso del tutto ortogonale al modello di sviluppo.
> Certo la licenza GPL puo' favorire uno sviluppo collaborativo perche'
> fornisce un framework legale chiaro in cui tu sai secondo quali regole
> contribuisci e distribuisci il codice, ma questo e' solo un aspetto
> marginale.
> Ci sono molti esempi di software GPL che viene sviluppato in modo
> verticale, o gerarchico (o a cattedrale come direbbe ESR). Anzi direi
> che a parte il kernel Linux (che, ricordiamolo, e' una dittatura
> illuminata) e pochi altri esempi di progetti grossi, la maggior parte
> dei progetti non e' un "bazar".
>
> > Se hai trasferito in concetto di permanenza alla licenza lo
> > hai trasferito all'esperienza provata con il software libero.
>
> Non credo proprio, le persone non associano i termini di distribuzione
> con la qualita' del software (per fortuna), e chi cerca di associarli,
> da ambo le parti della barricata, fallisce sempre. Anche Micoroft ha
> tentato di sostenere che il fatto che il software fosse proprietario e e
> controllato da un unica entita', con il codice tenuto segreto in modo da
> evitare fork e usi maligni, fosse maggiore garanzia di qualita' e ha
> ovviamente fallito.
>
> > Sappiamo
> > bene che molti hanno inizialmente un piccolo "trauma" nel cambiare
> > tipo di software a questa sensazione deve essere associata un'idea di
> > "evoluzione".
>
> Io la preferisco associata con l'idea di liberta'. L'idea di evoluzione
> cade miserabilmente appena una mancanza di feature viene vissuta come
> una involuzione. Se invece il focus e' la liberta', una mancanza di
> features puo' accettata come prezzo temporaneo da pagare.
>
Libertà è poter fare. Tu parli di libertà del software ma se non puoi
fare viene prima la libertà di fare. La tua è una posizione
ideologica, tale rimane e non funziona salvo rare eccezioni.
> > Forse nel caso di OpenOffice questo piccolo trauma è
> > così leggero che non hai avuto modo di notarlo pesantemente, ma quando
> > si tratta di cambiare sistema operativo, e non solo affiancare qualche
> > programma a quelli che già si adoperano, il senso di smarrimento è
> > assolutamente più forte e deve essere percepito come "transitorio"
> > altrimenti l'esperienza è assolutamente negativa.
>
> Anche qui bisogna fare dei grossi distinguo. Il trauma, quando c'e', e'
> di due tipi:
>
> 1. Trauma da conoscenza:
> Si conosceva il precedente ambiente in modo relativamente avanzato. Si
> aveva l'impressione di avere la padronanza sulla macchina e passare ad
> un sistema, sostanzialmente sconosciuto, evoca la paura di perdere il
> controllo del proprio sistema, o di non essere in grado di portare a
> termine il proprio lavoro.
>
> 2. Trauma da ignoranza:
> Non si e' mai avuta conoscenza del sistema e ci si e' adattati ad un uso
> completamente mnemonico delle pochissime funzionalita' necessarie. Si ha
> una terribile fobia di qualunque cambiamento. In questo caso l'OS in se
> non ha importanza, quello che terrorizza e' di non trovare l'opzione X
> al posto Y perche' non si ha la capacita' di scoprire dove stia la
> funzione X se non si trova al posto Y.
>
> Questi secondo me sono due estremi ed in entrambe i casi sottendono una
> certa rigidita' del soggetto in esame.
> Per fortuna non sono tutti cosi', e anzi molti si adatta facilmente alle
> novita' (siamo l'animale piu' adattabile dopo tutto no? :-).
> L'unica discriminante per queste persone e' che il uovo svolga le
> funzioni di cui hanno bisogno e che ci sia un buon motivo per cambiare
> per accettare di perdere tempo per imparare come funziona il nuovo
> sistema.
>
> La GUI che mitiga la differenza e facilita la transizione e' non per
> niente un mezzo potentissimo per facilitare la transizione. Senza volere
> esasperare l'importanza della GUI, personalmente credo che la diffusione
> del software libero al di fuori della cerchia dei tecnici potrebbe
> seguire in qualche modo la curva di miglioramento delle GUI libere.
> Sarebbe, secondo me, uno studio molto interessante da fare se fosse
> fattibile.
>
Ammetti che esiste il trauma nel passaggio, lo descrivi ma alla fine
ti focalizzi sulla GUI quando invece il trauma è qualcosa di
psicologico e va affrontato, anzi prevenuto, in maniera psicologica.
Questo significa confrontarsi con il vissuto (miti, credenze,
esperienze) dell'interlocutore e sapere operare in maniera opportuna.
Visto che i miti sono il vissuto in comune si devono strutturare la
dialettica per operare una trasmissione dati che ne permetta il
superamento non traumatico.
Quando ero giovane (23 anni) ho incontrato un tipo (uomo) che mi ha
fatto la corte e la cosa mi ha fatto piuttosto arrabbiare. Un mio
collega di lavoro mi disse: "considera questa persona una donna, molto
molto brutta ai tuoi occhi... ti offenderesti se una donna brutta ti
facesse un'avance?". Mai avuto più un problema con uomini che mi hanno
corteggiato. Non mi piacciono così come non mi piacciono alcune donne.
Ho superato il "trauma" e il "mito culturale" per cui un uomo non
dovrebbe fare la corte ad un altro uomo. Non ho avuto bisogno di avere
una GUI diversa (aspetto della controparte) avevo bisogno di un'idea
diversa e quando l'ho trovata l'ho subito adottata. So che il mio
collega mi ha venduto un'idea parzialmente sbagliata ma era una
necessario perchè potessi passare da una condizione "A" molto
tradizionale a una condizione "B" più ragionevole. Più ragionevole nel
senso che è più adeguata all'ambiente in cui vivo, il mondo. Vivo
meglio io e vivono meglio gli altri.
Se il mio collega mi avesse detto: "ognuno è libero di fare quello
che vuole" allora avrei risposto "anch'io sono libero di fare quello
che voglio" e a quel tipo gli avrei dato un bel calcio nel culo.
Potresti rispondermi che il mio modo di agire sarebbe stata una forma
di violenza incivile ma io percepivo quel tipo di avance come una
violenza morale nei miei confronti: non sono forse un uomo? perchè mai
un uomo dovrebbe farmi un'avance allora? Giusta o sbagliata che fosse
quella era la mia percezione. Il punto è che le persone partono da
un'idea e se vuoi portarle a valutare un'altra idea devi, quasi
sempre, offrirgli un'idea intermedia che abbia una qualche risonanza
con il loro vissuto e esperienza.
Ovvio che questo ragionamento vale solo per coloro che sono disposti
a dubitare delle loro idee... poi ci sono quelli che piuttosto si
spaccano la testa ma non cambiano idea. Hanno sicuramente ragione
loro?
;-)
Ciao,
--
/roberto
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